breve di cronaca
Giù le mani dal Latino
Repubblica Bari - 26-09-2005
L´anno scolastico è ripartito, per fortuna senza rivoluzioni

Nonostante tutto, le scuole hanno riaperto. Mi torna in mente il modo di dire famigliare: "La scuola è ricominciata". Non "ha ricominciato" per l´ovvia ragione che non sfugge a quelli che a scuola hanno studiato che consiste nell´uso degli ausiliari. A rifletterci bene, la scuola "ricomincia". Nonostante le riforme delle riforme, delle riforme. E dei ministri. Mentre tramonta (stavo per scrivere Tremonti. M´ha salvato il computer) il governo in carica, sommerso dalle catastrofi, mi colpisce l´ostinazione dei suoi rappresentanti che fanno come se niente fosse e, invece di rinunciare alle intraprese, s´ostinano a portarle avanti come se i passeggeri del Titanic avessero continuato a fare le prove della gara di tango figurato durante il naufragio. E meno male che hanno memoria corta altrimenti la scuola italiana sarebbe già affondata da tempo. Basti ricordare le riforme radicali auspicate da qualcuno, e non un quisque de populo qualsiasi, bensì Berlusconi. Il Cavaliere voleva progettare la palingenesi (dal Greco: rinascita) di tutto il paese e della sua democrazia e quindi scuola compresa.

Il programma (ancora dal Greco che compone pro e graphein e sta per scrivere prima) era ampio e complesso e concerneva (dal Latino: composto di cum e cernere e vuol dire vagliare, riguardare insieme) tutta la vita nazionale. Non m´impegnerò nella gigantesca impresa di commentare e chiosare l´immane palinsesto politico (entrambi i lemmi derivano, ovviamente, dal Greco e non tedierò il lettore con etimologie e rinvii glottologici o lessicografici). Mi accorgo che anche queste due ultime espressioni tra parentesi derivano da Greco; non è stato intenzionale. Non m´impegnerò sentendomi inadeguato a valutare il consuntivo fallimentare di colui che voleva predisporre i destini della Patria, tanto più che si parlava di organizzare il lavoro di un decennio: dal disegnare strade e trafori a dar lavoro ai disoccupati, dal lanciare arditi ponti sugli stretti e dal fondare acquedotti al dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, curare gl´infermi e visitare i carcerati, segnatamente quelli di tangentopoli. Un lavoraccio, quindi e, francamente, lo giudicai avventato, al limite del ridicolo, ma pensai che al grido "È lo spot che traccia il solco" si poteva sognare il più roseo avvenire, ma il Greco no, il Greco lo dovevano lasciare in pace.

Insomma, a dar retta al capo della Casa delle Libertà che, ovviamente, si voleva occupare anche della scuola, sarebbe bastato studiacchiare per un paio d´anni le regole della lingua greca per accontentarsi di fare qualche traduzioncella. Sempre che il liceo classico fosse sopravvissuto. «Ma sì, sì che sopravvivrà», diceva infastidito il capo. Con molto Inglese e Francese, molta cibernetica e informatica, molta scienza delle finanze. E qualche traduzione di Esopo. L´Esopo che anche il Cavaliere mandava a memoria dai Salesiani. Meno male che non ha fatto in tempo. Tempus fugit.

Signor Cavalier Berlusconi, non mi permetto di considerare le sue utopie (dal Greco: un non luogo, un luogo che non c´è. Per estensione: concezione immaginaria di un governo o di una società ideali), ma ci permetta (dal Latino) di gioire del fallimento del suo programma e del suo impegno mastodontico [fu il naturalista G. Cuvier che coniò questo termine ancora nel 1812, termine che serviva per indicare un animale gigantesco (parola greca anche questa)], non per il ponte sullo stretto o per il farla franca di Previti, ma perché, così ha lasciato in pace il Latino e il Greco. Forse: se, prima di sloggiare, non fucilerà gli ostaggi. Porti via Bondi e Schifani, ma lasci in pace il Campanini e Carboni, il Georges e il Rocci. (Non sono giudici, sono vocabolari)

So che ascolterà tutti coloro che, come me, le faranno pervenire questi lai. Non le sfuggirà l´uso della parola colta. E allora non le sfuggirà neanche quello che dice Aristotele. Interrogato su quale differenza ci sia tra uomini colti e gli incolti, rispose: "oso, eipen, oi zontes tòn tetneòton" che vuol dire "la stessa differenza che c´è tra i vivi e i morti". La macchina che stampa questo articolo non conosce il Greco e, dunque, mi scusino i lettori se ho trascritto in alfabeto italiano quanto riferito da quel Diogene Laerzio le cui pagine delle Vite dei filosofi sono squadernate (dal Latino) accanto al mio istrumentum computatorium.

Michele Mirabella
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