TuttoscuolaFOCUS N. 115/211 - 20-09-2005 |
quell’emendamento in zona Cesarini "...parere fermamente negativo sull’impianto complessivo e sul testo di riforma del secondo ciclo..." ma apprezzamento per la scelta del governo di inserire nel riformulato articolo 27, la affermazione esplicita che "le prime classi dei percorsi liceali e il primo anno di quelli di istruzione e formazione professionale sono avviati contestualmente a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2007/2008, previa definizione di tutti gli adempimenti normativi previsti. Sino alla definizione di tutti i passaggi normativi propedeutici all’avvio del secondo ciclo non si promuoveranno sperimentazioni del nuovo ordinamento nelle scuole". Questi i passaggi fondamentali dell’emendamento alla bozza di decreto sul secondo ciclo che ha sbloccato l’impasse. Eppure si è andati vicini ad una rottura che avrebbe determinato un inedito strappo istituzionale dagli effetti imprevedibili. Per settimane, prima e dopo la pausa estiva, i rappresentanti delle Regioni e del Miur si sono confrontati. Ma fino al giorno della Conferenza non era stato ancora trovato un punto di accordo. Poi, per iniziativa in particolare dell’Assessore del Lazio Silvia Costa, coordinatrice della IX commissione nazionale Istruzione, Lavoro, innovazione e ricerca della Conferenza delle Regioni, ecco spuntare quell’emendamento che ha avuto l’ok del ministro Moratti. La decisione del ministro riapre i giochi sul destino della riforma. Le Regioni hanno, infatti, assicurato di "continuare un lavoro di merito per modificare l’impianto non condiviso". prove di dialogo tra Governo e Regioni Dalla Conferenza unificata del 15 settembre è emerso chiaramente che i soggetti in campo (Governo e Regioni) hanno interesse ad evitare il muro contro muro. Ma ora? Lo spazio di tempo recuperato dovrebbe essere utilizzato per definire compiutamente il percorso liceale e quello dell’istruzione e formazione professionale di pari dignità cosicché la famiglie siano chiamate a scegliere non tra il certo liceale e l’incerto professionale, ma all’interno di un sistema educativo unitario dove tutti i percorsi liceali e di istruzione e formazione professionale siano stati precisamente definiti sul piano sia curricolare sia legale (riconoscimento dei titoli di studio professionalizzanti). Ciò significa anche, ovviamente, indicare con modalità esplicite le parti dell’attuale sistema di istruzione statale che debbono confluire nel percorso dell’istruzione e formazione professionale. Sembra prevalere una linea di questo tip o: l’attuale progetto di riforma ha molti difetti e perciò va corretto, ma non gettato via. Del resto, occorre sollevare gli occhi dalle contingenze politiche e capire che la riforma peggiore è quella che non parte mai. Ciò che serve è un confronto franco ed approfondito per farsi un’idea di scuola chiara, aggiornata e condivisa. quale futuro per la riforma Ma è proprio questo l’orientamento che va prevalendo nel centrosinistra? Non è detto. Lo si può intuire dal titolo dell’"Unità" del 16 settembre: ‘Scuola, la riforma Moratti non c’è più’ e, nel merito, dall’intervista del presidente della Regione Toscana Claudio Martini al "Manifesto" dello stesso giorno, dove egli risponde così alla domanda sul che cosa gli piaccia di questa riforma: "Nulla. E’ una delle riforme più distanti dalla nostra idea di scuola, che deve garantire pari dignità a tutti i livelli di istruzione. Quello che ci preoccupa di più è la divaricazione precoce al limite dell’irreversibilità tra la scelta del liceo e della formazione professionale". Traduzione: o abrogazione del decreto che la Moratti, dopo il parere delle Regioni, porterà all’esame delle Commissioni di merito d i Camera e Senato, o suo cambiamento nel senso di recuperare la tradizionale posizione della sinistra: obbligo scolastico fino a 18 anni e assolto interamente nella scuola. In previsione di un possibile cambio di maggioranza, i partiti che compongono l’attuale opposizione debbono comunque interrogarsi su cosa fare rispetto alla prospettiva di uno scenario che potrebbe comportare di dover scegliere tra licei e, come dice la legge n. 53/03, percorsi di istruzione e formazione professionale "di pari dignità"; oppure tra licei bulimici, come quelli disegnati adesso dal Governo (non distanti da quelli progettati dalla riforma Berlinguer), destinati a chi ottiene successo scolastico e sociale, e tra percorsi anoressici di istruzione e formazione professionale, destinati agli ‘sconfitti’ della scuola e ai perdenti nella competizione sociale? Non basta certo affermare che "va cancellata la riforma Moratti", per risolvere taumaturgicamente i problemi di deficit d’istruzione e formazione che registra il paese. Ciò che serve con urgenza non è l’abrogazione della legge, ma dare dei contenuti che facciano davvero funzionare la scuola, che creino le condizioni per risolvere i problemi. E’ certo che non si può perdere tempo ora e neanche nel prossimo futuro. Perché pensare di far ricadere sulla scuola le pesanti conseguenze di eventuali nuovi avvii di una nuova riforma complessiva del sistema di istruzione, significherebbe assumersi la responsabilità di un peggioramento dei livelli di apprendimento dei giovani, di una crescente divaricazione dei successi scolastici. |
gioanni dio brino - 25-09-2005 |
meglio la riforma Moratti che i comunisti al potere |
oliver - 28-09-2005 |
Questa riforma va tutta rifatta, non è possibile immaginare che la scuola diventi un supermercato. Gli alunni hanno diritto di sapere che i percorsi formativi proposti sono al di sopra delle ideologie m---------!!!!! |