breve di cronaca
Scuola, in classe è record di stranieri
Repubblica - 19-09-2005
Al Nord 7 alunni su 100 non italiani
I dati del ministero: 360.000 nel 2004, 50mila dieci anni fa. Oggi 420.000
Poli di attrazione le grandi città, ma anche le province industrializzate


di MARIO REGGIO

ROMA - Un esercito in continua crescita. Cinquantamila dieci anni fa, 320mila nel 2004, quarantamila in più l'anno successivo. E le proiezioni parlano di 420mila nel 2006. E' la schiera degli studenti non italiani che frequentano le nostre scuole.
Gli ultimi dati sono freschi di computer, anzi, sul portale del ministero dell'Istruzione non sono mai usciti. Ma la tendenza è confermata: la scuola italiana sta diventando multietnica. E anche la classifica delle etnie, per il momento, è confermata: in testa Albania e Marocco, seguono Romania, Cina, Serbia e Montenegro. Ma dove vanno a scuola? Poco più del 90% frequenta istituti statali, il resto quelle paritarie. E la distribuzione per nazionalità non varia tra le due strade scelte. Circa il 40% frequenta le classi delle elementari.

Gli immigrati sbarcano sulle spiagge della Sicilia e della Calabria, ma poi puntano ai paesi del Nord Europa, oppure cercano di sistemarsi nelle regioni italiane dove è più facile trovare un lavoro. Ergo, è il Nord Est l'area geografica dove c'è la più alta concentrazione di studenti non italiani, mentre è l'Emilia-Romagna la Regione nella quale si registra la più alta concentrazione nelle classi: l'8,4 per cento. E ancora Milano il capoluogo di provincia a vantare l'incidenza più alta, con l'11.6 per cento.

"Si conferma un modello variegato, policentrico, "diffuso", nel quale i poli di attrazione non sono solo le grandi metropoli - commenta Vinicio Ongini, ricercatore, uno dei curatori dell'analisi del ministero dell'Istruzione - ma anche le città e i piccoli paesi".
La caratteristica del modello italiano è che, a differenza degli altri Paesi europei di più lunga tradizione multiculturale, il cambiamento è stato rapidissimo. E la conferma arriva dai dati delle piccole città. Dove solo dieci anni fa la presenza di famiglie d'immigrati, e di conseguenza di bambini in età scolare, si contava sulle dita di una mano, oggi la situazione è radicalmente cambiata. Chi si sarebbe mai immaginato, allora, che nella piccola provincia di Mantova si sarebbe sfiorato il 10 per cento di piccoli studenti extracomunitari?

Ma la scuola italiana è in grado di assorbire l'impatto e integrare culturalmente gli studenti non italiani, evitando di cancellare la loro cultura? "In Italia l'improvvisazione fa il paio con l'esibizione di buoni sentimenti. Purtroppo però gli insegnanti non sanno come comunicare con bambini e ragazzi che vengono da Paesi diversi - risponde Benedetto Vertecchi, ordinario di Pedagogia Sperimentale a Roma Tre - in Finlandia, ad esempio, dove c'è un sistema scolastico tra i migliori al mondo, i figli degli immigrati devono prima passare per un anno di socializzazione linguistica, poi vengono inseriti a pieno titolo nel sistema scolastico. In poco tempo il loro profitto raggiunge un livello pari a quello degli studenti finlandesi. Da noi, invece, il rendimento è basso. In primo luogo perché i nostri docenti parlano solo italiano e non conoscono l'inglese, quindi hanno bisogno dei mediatori linguistici. I cinesi e i coreani sono molto bravi nelle materie scientifiche, mentre faticano in quelle umanistiche - conclude - i giovani delle fascia nordafricana hanno molte più difficoltà, anche perché molti di loro sanno che la loro presenza da noi è provvisoria".
  discussione chiusa  condividi pdf