Il nodo scorsoio
Vincenzo Andraous - 16-04-2002
Mi sono accorto solo oggi dell’arrivo delle rondini. Debbo avere perso il tempo, a seguito dell’uno-due scritto e pubblicato da Oriana fallaci.
Ho dimenticato l’arrivo di un tempo nuovo, ma ho ritrovato davvero il senso da dare alle parole. Perché le immagini denudate di ogni fiction, che scorrono sul video, il sangue disegnato dietro le parole scritte sui quotidiani, confermano che la storia è persino diventata replicante di se stessa.
Non c’è colpa per il colpevole, non c’è giustizia per la vittima, non c’è neppure inizio né fine per alcuno, c’è solamente sangue e distruzione.
Manifestazioni, girotondi, trasmissioni e films in programmazione, di qua, di là, adagiate sulla riva opposta della ragione: Arafat, Sharon, Palestinesi, Israeliani, Bibbia o Corano, spada o pistola, kamikaze o esercito, l’imbarazzo non è in mio figlio che muore, ma nella scelta, che obbliga, che impone, che costringe e restringe ogni azione di coscienza, fino al punto da conservare il solito metro di distanza che ci separa dall’incontro con la disperazione degli altri.
Oriana Fallaci si vergogna di tante cose, e la vergogna è un’emozione secondaria perché complessa, che risente dei contraccolpi, degli urti, delle sofferenze sofferte. Per questo ha ragione a sentirsi così, a non voler rimanere in mezzo al guado, ha ragione di cambiare idea. Ha ragione ad essere indignata, ha ragione in tutto ciò che ha detto ieri, e oggi rinnova con vigore. Ha ragione per la sua storia, per la sua intelligenza, per la sua continua e mai esausta ricerca di giustizia in questo terra rapinata del valore della vita.
Ha ragione a non intendere una battaglia di interessi, con una guerra di principi, ha ragione da vendere a uscire dal silenzio comodo, e prendere posizione dalla parte dei giusti, di coloro che non hanno più pace né Fede in cui credere.
Ha ragione a sentirsi piegata da tante autorevoli personalità che non sanno più condurre né parlare alle genti, se non per indurre a dormire o peggio a inciampare.
Ha ragione Oriana Fallaci.
Ha ragione a scrivere il colore del sangue, ha ragione di raccontare questo mondo che non sa più migliorare.
Ha ragione, perché chi muore non ha più diritto neppure di essere sconvolto.
Ma io penso alla Chiesa, al Papa, ai tanti suoi martiri, e agli ostaggi ancora e fortunatamente in vita. Per ora.
A Dio con tante croci, chiodi, spine, e una sola Fede che è amore e non politica.
Ai cristiani, mussulmani, ebrei, senza bandiere né privilegi, soltanto popoli custodi della propria dignità-identità, dei propri diritti e dei propri doveri.
Penso ai morti, tanti, troppi, crescono nelle fosse scavate a misura,. Morti senza onore dei vincitori, perché non c’è sconfitta più pesante dell’omicidio.
Alle donne, ai bambini, nudi o travestiti di futuro, tutti derubati di sogni e di speranze,
La Fallaci ha ragione, eppure c’è distanza, ci sono metri da accorciare per sentirmi a lei vicino, in questa sua condanna odierna, e non trapassata.
Vergogna, c’è vergogna per ciò che accade in terra di Palestina, di Israele, di ogni continente, che brucia sinagoghe, ma anche ostelli, che innalza vessilli e barricate, ideologie superate e povertà moderne.
Vergogna, c’è vergogna, per la richiesta di andare contro all’uno o contro all’altro, smentendo e nascondendo ciò che accade, soprattutto ciò che è.
Vergogna, c’è vergogna, in chi non rispetta i domani, ancora tutti dentro al presente che non esiste.
In chi abbarbicato alle proprie inadempienze politiche e umane, decide di optare per i plotoni di esecuzione, per le vendette autorizzate, per le follie omicide assunte a regole auree.
C’è vergogna da gridare e da liberare nelle strade a mattatoi, nelle vie dedicate a eroi sconosciuti.
Per gli innocenti dilaniati, per il popolo tutto incarcerato, per chi non mangia, non lavora, non sorride.
Per chi imbraccia il mitra e non sa dove mirare e sparare, perché ogni cosa è diventata priva di valore.
C’è vergogna, per chi arretra, per chi avanza, per chi a 16 anni è spedito al creatore, e scatenerà ulteriore punizione.
Per chi difende, per chi attacca, e condiziona i più giovani, fino a renderli meno liberi di quanto è dato immaginare.
C’è vergogna, nel bambino sforacchiato tra le braccia di suo padre, c’è vergogna nei ragazzi saltati in aria a brandelli sparsi, c’è vergogna nel mio e nel tuo giustificare, nel mio e nel tuo additare sempre quell’altro.
C’è vergogna nella scelta di stare da una parte o dall’altra, dalla parte di chi ha pagato il dazio più grande alla storia, e dalla parte di chi anela un po’ di giustizia e di terra inzuppata di sangue.
C’è vergogna, tanta vergogna per il potere che non è servizio né umana condivisione.
Per il mondo che si scandalizza, ma rimane avvinto al proprio sepolcro imbiancato.
C’è vergogna da vendere, allorché Dio, Gesù, Santi e Profeti, sono branditi come clave per demolire case e monasteri, c’è tanta vergogna se la Fede che ognuno professa è il mezzo e non il fine, soprattutto è un abito dismesso più volte, e non è Fede come esperienza di vita che primariamente educa all’amore.
E mentre le pagine bianche diventano custodi di segni traccianti, mi accorgo di essere anch’io colpevole non solo per la dimenticanza dell’arrivo delle rondini, di quella loro scia luminosa che è speranza, bensì di essermi lasciato sedurre dalle parole, e non dalle miserie che ci portiamo addosso, tutti nessuno escluso.



Nato a Catania il 28-10-1954, detenuto da ventotto anni nel carcere di Pavia , Vincenzo Andraous ha una figlia ,Yelenia, che definisce la sua rivincita più grande.
Da sette anni usufruisce di permessi premio e lavoro esterno in art.21, da un anno e mezzo è in regime di semilibertà svolgendo attività di tutor
presso la Comunità "Casa Del Giovane "di Pavia.
Per dieci anni è stato uno degli animatori del Collettivo Verde del carcere di Voghera, impegnato in attività sociali e culturali con le televisioni pubbliche e private, con Enti, Scuole, Parrocchie, Università,
Associazioni e Movimenti culturali di tutta la penisola.
Circa venti le sue collaborazioni a tesi di laurea in psicologia e sociologia.

Dice di sè:

"Non mi reputo uno scrittore né un poeta, credo di avere qualcosa da
comunicare, senza alcuna presunzione di insegnare nulla a nessuno, o
salvare alcuno dal proprio destino. Raccontarci la nostra storia personale
può significare la nascita di una amicizia, di un sentimento gratuito,
allora anche la mia storia, la mia gran brutta storia può diventare motivo
di riflessione per tentare di intravedere il pericolo dei rischi estremi,
in quel mito della trasgressione che spesso diviene devianza.e poi
risalire dal baratro diventa difficile.
Sono una persona che disegna con le parole ciò che sente, non sono visivo,
ma uditivo nel mio percepire le cose, i fatti, le persone.
Ho imparato a scrivere leggendomi e credo sia importante leggere ciò che la mente e il
cuore tracciano, perché sono orme e impronte digitali che sovente inducono
ad ascoltare note nascoste ben al di sotto del primo strato."





E' titolare di alcune rubriche mensili su riviste e giornali, laici e cattolici e altresì su alcuni periodici on line di informazione e letteratura.
Ha conseguito circa 80 premi letterari e pubblicato sette libri di poesia, di saggistica sul carcere e la
devianza, nonché la propria autobiografia; ecco i titoli:

"Per una Principessa in jeans" edito da Ibiskos di Empoli
"Non mi inganno" edito da Ibiskos diEmpoli
"Samarcanda" edito da Cultura 2000 di Siracusa
"Avrei voluto sedurre la luna" edito da Vicolo del Pavone di Piacenza
"Carcere e società" edito da Vicolo del Pavone di Piacenza
"Autobiografia di un assassino-dal buio alla rinascita" edito da Liberal di Firenze
"Oltre il carcere" edito dal Centro Stampa della "Casa del Giovane" di Pavia





I volumi possono essere richiesti all'autore, che li spedirà celermente (pagamento a mezzo vaglia postale):
Vincenzo Andraous
Comunità Casa del Giovane via Lomonaco 16 Pavia 27100.
tel. 0382-3814417
e-mail. vincenzo.andraous@cdg.it











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