Il Ministro ringrazia
Anna Pizzuti - 10-09-2005
"Non c´è nessun contenzioso in atto, è aperto un confronto che si concluderà entro il 15 settembre. Poi il decreto andrà in Consiglio dei ministri entro il 17 ottobre", ha dichiarato - piccata e nervosa, stando a quanto riferisce Mario Reggio su La Repubblica del 7 settembre - la signora Moratti, nella conferenza stampa di inizio di anno scolastico.
Perché piccata e nervosa, signor Ministro? Gli ostacoli non mancano, ma forse il capolinea del decreto potrebbe essere, nonostante tutto, non così lontano come sembra.

E' vero, cinque regioni (ma perché non tutte quelle che potrebbero farlo, mi chiedo?) si sono dichiarate ufficialmente contrarie alla sperimentazione proposta dal ministro al CNPI, il che lascia presupporre la conferma del parere fortemente critico nei confronti del decreto sul secondo ciclo anche in sede di confronto istituzionale (Conferenza Stato-Regioni prevista per il 15 settembre), ma non è detto che delibere e pareri negativi potranno impedire al decreto di procedere e che le scadenze previste non siano rispettate.
I rilievi espressi dalle regioni riguardano la loro esclusiva competenza nell'organizzazione dell'offerta formativa e fanno anche riferimento al fatto che il quadro istituzionale in cui la riforma del secondo ciclo andrà ad inserirsi è ancora in via di definizione. Emerge anche, naturalmente, il problema delle risorse.
"Nell'occhio del ciclone, in primo luogo, il passaggio alle regioni dell'intera gestione economica della formazione professionale i cui costi, attualmente, sono coperti all'80% dal fondo sociale europeo e solo per l'11% dalle regioni: "Quando la formazione sarà a regime', ha spiegato Silvia Costa, assessore scuola della regione Lazio e coordinatrice della Conferenza stato-regioni, ´il fondo sociale verrà ritirato con conseguenze disastrose per noi che ci dovremo accollare tutti i costi" La dichiarazione è riportata in una nota di ItaliaOggi del sei settembre scorso e mette in luce - se ce ne fosse stato ancora bisogno - quanto velleitarie siano le intenzioni dei riformatori in merito alla famosa "pari dignità", che sarà, anche per ragioni economiche, impossibile, visto che una parte - quella dei licei - avrà la sicurezza dei finanziamenti statali, consistenti o meno che siano, mentre l'altra - l'istruzione e formazione professionale - incontrerà molte più difficoltà a reperire risorse.

Rilievi ed argomentazioni validi e centrati, eppure non del tutto soddisfacenti. Ci sarebbe piaciuto, infatti, che le critiche delle regioni - quelle degli ultimi giorni, ma anche quelle formalizzate con il primo documento valutativo elaborato lo scorso luglio dalla Conferenza unificata - avessero avuto in primo luogo valenza di messaggio politico, con la contestazione dell'impianto generale della riforma e del sistema duale che essa propone e che il ritiro del provvedimento non fosse stato chiesto solo perché la procedura legislativa non è corretta.

Forse è questo il piano esclusivo sul quale possono muoversi le Regioni (le mie conoscenze, in campo amministrativo/istituzionale non sono molto precise) e comunque ogni presa di posizione che serva a rendere meno facile il cammino del decreto, magari ad impedirne l'approvazione nei tempi previsti è la benvenuta, ma la situazione che si va delineando in queste settimane decisive non è molto rassicurante e presenta - a mio avviso - almeno due rischi.
Il primo attiene al decisionismo del Ministro che, come ha già fatto in altre occasioni, potrebbe elidere i passaggi istituzionali, giocando sull'ambiguità del linguaggio dei legislatori - pensiamo a termini quali "intesa" e "parere"- e sul suo modo di intendere l'autonomia.
Il secondo riguarda, paradossalmente, la possibilità che questi rilievi finiscano per aprire la strada ad un accordo. Del resto, se lo scontro è sulle procedure, è sempre possibile trovare aggiustamenti, reali o presunti (e non si sa quali siano più pericolosi).

Rischi analoghi emergono anche da altre prese di posizione che sembrano destinate agli addetti ai lavori, ma che delineano uno scenario molto preoccupante e che ci riguarderà tutti.
Quale è, ad esempio, la giusta lettura da dare al documento sottoscritto dalle associazioni più rappresentative del mondo dell'impresa, come la Confindustria, ma anche - ahimè - la Lega delle cooperative, la CNA?
Una accusa lo definisce L'Unità , ed anche la FLC-CGIL, intitolando la nota che lo commenta: Dubbi e perplessità sul decreto sul secondo ciclo da parte degli imprenditori, lo considera come una ulteriore critica da aggiungere alle altre.

"Mi sa che mi iscrivo a Confindustria ...." diceva una collega anni fa, durante un incontro tenuto dall' Ufficio Scolastico regionale del Lazio sulla riforma in generale e sul diritto dovere in particolare, ascoltando gli interventi fortemente critici dei rappresentanti delle imprese.
Non so se ora direbbe lo stesso.
Il documento, infatti, crea un indefinibile senso di disagio, visto il tono perentorio con il quale, più che esprimere un'opinione, disegna un modello complessivo di scuola, indicandone le finalità, l'organizzazione, i contenuti, tutti permeati ed orientati alla cultura di impresa, cosa che al Ministro non dovrebbe proprio dispiacere.
Certo, alcuni rilievi raccolgono sia i dubbi e le perplessità sullo svuotamento della natura professionalizzante dell'istruzione tecnica nell'era Moratti, sia i richiami alla valenza didattica e formativa dei laboratori che la riforma tende invece a disperedere.
Ma, ancora una volta, punti di riferimento e richieste di modifiche di quadri orari e di aspetti disciplinari si risolvono tutti all'interno della legge 53, non contro di essa.
La conferma - se ce ne fosse bisogno - la troviamo al punto 5 del documento, quello dedicato all'Istruzione ed alla Formazione professionale. E' una sintesi degli articoli del decreto dedicati allo stesso argomento. Ed anche i rilievi sul campus che dovrà essere chiamato polo formativo, più che preoccupare il Ministro, le chiariranno quello che aveva voluto dire nel decreto.

Ecco quindi che diventa possibile leggere le critiche e le prese di distanza per quello che non dovrebbero essere: prove generali di mediazioni, come si legge su la La tecnica della scuola, da aggiungere a quelle anticipate a Rimini dalle convergenze riformiste di Rutelli e Formigoni.

Il Ministro, secondo me, finirà per ringraziare. E magari per sostituire il decreto con questo documento.

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