breve di cronaca
Quel collegio tanto ... pio
l'Unità - 05-09-2005
Cara Unità, sono un'insegnante precaria di materie giuridiche ed economiche. Nei miei dieci anni di carriera, nelle scuole pubbliche (in provincia di Asti prima e poi in provincia di Napoli) ho conosciuto tantissimi presidi ed ognuno di essi possedeva doti e manie facilmente comprensibili o abbastanza sopportabili. Per istinto di sopravvivenza comunque mi sono adattata evitando lo scontro frontale, senza, peraltro, cedere su questioni importanti. Quest'anno sono stata nominata in un ITC della provincia di Napoli e questa mattina ho partecipato al primo collegio docenti. Quando il collegio si è concluso il Preside dell'ITC (scuola pubblica) ha chiesto agli insegnanti di "fare" la "solita" preghiera! Come qualificare questo gesto? Perché un preside cattolico non deve tener conto dell'esistenza di altri modi di vivere, sentire e pensare? Io continuerò attraverso il mio insegnamento a lottare per una scuola pubblica e laica.

Lidia Scognamiglio

l'Unità - 4.9.2005
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 Redazione    - 04-09-2005
Segnaliamo una riflessione di Maurizio Tiriticco su relativismo, meticciato e possibili ricadute sull’educazione

1. Ammettiamo, per un puro e fortunatamente inattuabile caso, che la Professoressa Fallaci ed il Professor Pera insegnassero lettere, storia e filosofia in un istituto superiore… e che all’ora di religione operasse un convinto custode della nuova ortodossia dell’attuale magistero pontificio! Ebbene! Credo proprio che non avremmo alcun motivo per essere allegri! Che cosa insegnerebbero ai nostri ragazzi?
A parte queste battute, che non sono affatto capziose, è certo che sono in circolazione certe ideologie, assolutamente estranee almeno fino a qualche anno fa alla nostra cultura ed anche alla nostra cultura educativa! Checché ne pensi Piero Ostellino (Corsera del 3 c. m.), che cerca di attenuare la gravità delle affermazioni di Pera, resta pur sempre il fatto che il Presidente del Senato, a quanto mi risulta, non ha mai replicato alla lettura che del suo discorso al meeting di CL hanno fatto numerosi osservatori. E poi basta scorrere il Senza Radici, di Pera e Benedetto XVI, per ritrovare tutte le premesse che conducono al discorso di Rimini.
Ora la domanda è: posizioni simili possono avere ricadute sull’educazione, come suggestione teorica, come pratica di insegnamento? Nelle nostre scuole pubbliche è sempre stato molto forte lo spirito laico, e la matrice etico-civile l’abbiamo sempre ritrovata nei principi della prima parte della nostra Carta costituzionale. Nel corso degli ultimi cinquant’anni, programmi, curricoli, contenuti disciplinari, libri di testo hanno sempre risposto positivamente a questi principi, anche se al governo non c’erano i voraci divoratori di bambini!. E gli stessi insegnanti si sono sempre comportati di conseguenza! Pur nelle diversità delle personali posizioni, garantite dalla libertà di insegnamento, che è in primo luogo un precetto costituzionale, hanno sempre garantito che la crescita dei nostri studenti si sviluppasse in un contesto culturale ricco, articolato, diversificato anche, ma sempre nell’ottica di quel comune patrimonio che è il rigore scientifico, il rispetto degli altri e delle opinioni altrui.
In effetti, ciò che sta bollendo nella pentola di certe nuove ideologie – che pensavamo non dovessero più esistere dopo i numerosi crolli di muri e cortine – o di ideologismi, ancora più surrettiziamente pericolosi, mi preoccupa fortemente.

2. Ricordo che il 30 ottobre del 2002 il Ministro Moratti, intervenendo alla IX Giornata Nazionale di “OrientaGiovani” ebbe a dire tra l’altro (i corsivi sono miei): “L'istruzione è il bene più prezioso per il futuro del nostro Paese, e tutti gli attori, pubblici e privati, debbono concorrere alla sua realizzazione. La scuola negli ultimi tempi ha privilegiato più il sapere, il sapere nozionistico e ha perso la sua funzione educatrice che deve recuperare rapidamente. Ciò è tanto più importante perché vi è una diffusa forma di disagio giovanile meno legata a situazioni sociali ed economiche di quanto accadeva un tempo: riguarda la fragilità delle personalità individuali, la precarietà delle identità personali, le difficoltà a trovare motivazioni ed interessi, il forte relativismo presente nella nostra società che rende ogni decisione reversibile ed ogni opinione discutibile”.
Il passo contiene almeno due valutazioni non corrette.
In primo luogo, non è vero che la nostra scuola abbia privilegiato più il sapere nozionistico che l’educazione. Almeno dagli anni Settanta in poi tutte le iniziative, sia a livello di programmi ministeriali che di sperimentazioni, nazionali e non, hanno sempre perseguito il sapere concreto – il saper fare non è un’invenzione di questa amministrazione – e nel contempo non hanno mai sottovalutato la funzione educativa, sottolineata per altro da quell’apertura al territorio e alle famiglie avviata dai “decreti dogati” del ‘74. Il disagio giovanile va ricercato altrove, in primo luogo in quella miriade di nefasti messaggi che il sociale ci elargisce con dovizia contro i quali la scuola quotidianamente si batte. Ma, com’è noto, la moneta cattiva, soprattutto se è accattivante, caccia quella buona. Nel 2002 ministro stava lanciando un “suo” progetto di scuola e doveva in qualche modo giustificare la sua scelta.
In secondo luogo – e questa è la valutazione più sottilmente perniciosa – una delle cause del disagio giovanile risiederebbe nel forte relativismo che caratterizza e sostanzia la nostra società. Secondo il ministro, la reversibilità delle decisioni e la discutibilità delle opinioni non aiuterebbero i giovani a crescere, ma sarebbero una delle prime cause della loro fragilità, disinteresse, demotivazione. L’affermazione del ministro, di un Ministro dell’Istruzione, dovrebbe avere una sua chiara giustificazione. Ma questa non c’è!
Nella genericità di una simile affermazione si potrebbe ritrovare anche qualcosa di positivo! E’ certo, ad esempio, che un soggetto in età evolutiva necessita di certezze, di precisi modelli di riferimento, perché lo si deve aiutare a costruire la sua identità personale ed avviarlo al mondo adulto delle scelte e delle decisioni responsabili; ma questo non ha nulla a che fare con i pericoli che deriverebbero dal Relativismo, quello con la R maiuscola. Ma è anche vero che un soggetto che si accinge ad entrare in una società complessa, multiculturale, multivaloriale, come si conviene a qualsiasi democrazia avanzata – e la nostra Costituzione ha aperto a questa forma di società – non può essere sottratto scientemente, e proprio in virtù di un’azione educativa, alla necessità di doversi misurare proprio con quella pluralità di opinioni, idee, modelli, culture, posizioni ideologiche e politiche, che è il sale di un mondo che cresce! In una società difficile qual è la nostra, il primo compito delle scuole è proprio quello di aiutare il giovane a saper leggere e comprendere i numerosi e vari messaggi di cui la nostra società è prodiga! Il relativismo non è un pericolo! Il relativismo è una delle conquiste più avanzate del mondo moderno. E’ nato quando certi assolutismi hanno cominciato ad incrinarsi, anche se a costo di molti roghi! Il pericolo, invece, è un altro; l’incapacità proclamata a non riconoscere ed accettare la relatività delle mille posizioni, ideologiche, religiose, morali, che esistono, oggi, e con cui ci si deve, giorno dopo giorno, misurare!

3. Quel passaggio del discorso della Moratti di tre anni fa allora non fece molto scalpore, anche se in effetti poteva già costituire una anticipazione rispetto all’evolversi della ideologia dell’attuale maggioranza di governo. A tre anni di distanza, di relativismo sono ormai piene le pagine di tutti i giornali! E’ chiaro, tuttavia, che l’antirelativismo non è una posizione dell’ultima ora, viene da lontano, è stato maturato nel tempo ed ha trovato autorevoli interpreti, naturalmente di una certa area di pensiero.
E’ in questo scenario che sono emerse le posizioni a cui accennavamo all’inizio: la difesa della razza, pardon! della civiltà occidentale, aggredita dall’Islam! Il Bene aggredito dal Male! Corriamo alle armi, costruiamo nuovi muri, difendiamo la purezza della nostra identità! Accogliamo pure i diversi – anche questo è il discorso di Pera – purché accettino di diventare cittadini della nostra civiltà! Ma questa non è multicultura, non è intercultura, non è neanche integrazione. E’ chiedere al nemico di deporre le armi, per dirla con una metafora.
A questo punto si comprende anche meglio tutta la querelle sulla matrice giudaico-cristiana dell’Europa che tanti defensores fidei vorrebbero inserita nella Costituzione europea. Ma una costituzione non deve e non può contenere richiami identitari, perché nasce da esigenze ben diverse e si propone altri fini! I nostri padri costituenti non si sono mai posti problemi di questa natura, se ne sono posti altri: quali rapporti dovesse avere uno Stato democratico con i cittadini, con il pluralismo delle culture e con le confessioni religiose. E i cittadini sono tanti e stare a ricercare la matrice – oggi diremmo il dna – di ciascuno sarebbe opera immane. Siamo tutti figli di migliaia di mescolanze, volontarie o forzate, che il corso della storia ha proposto ed imposto! Pretendere di ritrovare una matrice unica e a tutti comune rimanda soltanto a certi aberranti studi di cui “La difesa della Razza”, di tristissima memoria, era paladina nell’Era fascista. Ed oggi qualunque neuroscienziato o microbiologo è in grado di contestare agevolmente la stessa legittimità teorica dei concetti di razza e di etnia. Altra cosa, ovviamente, sono le culture, i costumi, le consuetudini, i linguaggi, le lingue, che hanno matrici ben diverse e rintracciabili nei mille corsi, percorsi, e ricorsi, se si vuole, della nostra storia di umani.

4. In conclusione, sembra che certi conti tornino! Ci sono forze politiche che spingono verso l’intolleranza, verso il muro contro muro, avvalendosi di giustificazioni tanto deboli quanto pericolose, quali l’identità giudaico-cristiana, la superiorità della “nostra” civiltà, l’antirelativismo, il meticciato, la minaccia immigratoria, la stessa malcelata insofferenza verso la stessa Unione europea. E, così facendo, offrono una ghiotta sponda al terrorismo: questa sì che è una minaccia seria! Si tratta di forze che forse sono state in sonno – come oggi si suol dire – tra noi per molti anni, per tutto il lungo periodo in cui il nostro Paese, pur tra tante lotte, anche drammatiche a volte, ha costruito il suo status democratico ed un concreto avvio, anche se con difficoltà, verso la stagione delle autonomie.
Molti ricorderanno che nell’immediato dopoguerra si ironizzava sull’acronimo Fodria, sulle Forze Oscure Della Reazione in Agguato, ma oggi forse non c’è più tanto spazio per l’ironia. Certe forze esistono ed occupano anche posti di rilievo e di responsabilità!. Sarà la lotta politica e sociale dei prossimi anni che segnerà i tempi e i modi di questo nuovo fronte che si sta aprendo nel nostro Paese.

5. Ma ciò che soprattutto ci interessa in questa sede è la ricaduta cha queste posizioni, chiaramente reazionarie ed assolutamente estranee a quel corpo sociale che così faticosamente abbiamo costruito nel nostro Paese, dal varo della Costituzione all’apertura all‘Europa, possono produrre nell’educazione, sia a livello di ricerca che di azione didattica.
Indubbiamente, la cosiddetta riforma Moratti può costituire la zampa di porco che potrebbe forzare quell’edificio che con tanta fatica abbiamo costruito per la nostra scuola. Alludo a tutto quel filo rosso che si può leggere, pagina dopo pagina, nella storia dei nostri programmi, delle continue innovazioni che abbiamo apportato al nostro sistema. Com’è noto, importanti e significative riforme legislative hanno interessato la scuola di base. Nella scuola superiore hanno operato diversi attori, a livello centrale e periferico, ed hanno innovato profondamente supplendo alla carenza dell’iniziativa legislativa. Gli istituti tecnici e professionali hanno raggiunto livelli di qualità che tutto il mondo del lavoro ci ha sempre riconosciuto. E non è un caso che da parte di Confindustria si insista affinché questi percorsi non perdano le loro caratteristiche di fondo in un processo “riformatore” che li farebbe tutti dei licei!
Ma questo filo rosso si è interrotto e non per colpa della scuola militante. La nuova amministrazione ha lanciato lo slogan del “punto e a capo”. Così, l’occasione offerta dalla necessità di mettere in atto nel campo dell’istruzione le innovazioni di cui al novellato Titolo V della Costituzione è stata abilmente colta per mettere tutto in discussione e costruire una scuola assolutamente “nuova”. Abbiamo sempre in molti denunciato la farraginosità dell’impianto “riformatore”, la sua arretratezza rispetto a conquiste che dovevano essere consolidate e non spazzate via!
Ricordiamo uno dei punti forti che giustificano questa “riforma”. I nostri ragazzi, come il ministro ama chiamare i nostri studenti, non solo si segnalano per le scarse conoscenze acquisite nelle rilevazioni internazionali, ma toccano anche elevati livelli di dispersione; e la ragione di tali insuccessi sarebbe tutta della scuola ereditata dai precedenti governi, una scuola che sarebbe rigida e chiusa, eccessivamente nozionistica, incurante delle differenze individuali, non sollecita a rispondere alla domanda delle famiglie, non educativa. Stando a tali premesse, sempre secondo il ministro, occorrerebbe costruire una scuola capace di rispondere alle esigenze “personali” di ciascun “ragazzo” e, soprattutto, proiettata ad una autentica educazione alla convivenza civile.
Così si è avviata la costruzione di una scuola che non deve più rispondere a finalità educative che dovrebbero esserle proprie, che derivano dalla nostra Costituzione e che la ricerca educativa ci addita a iosa, ma una scuola come un servizio personale reso al cliente. Si tratta di una strategia che a distanza di qualche anno si potrebbe rilevare assolutamente fallimentare. Di fatto si abbasseranno i livelli degli apprendimenti e la ricerca Ocse-Pisa del 2006 segnalerà ulteriori insuccessi. Vorrei essere veramente una Cassandra!
La scuola di questa “riforma” si presenta come un contenitore apparentemente vuoto di contenuti culturali e di obiettivi forti di apprendimento. Ed è proprio in questa vacuità che può agire quel disegno politico ideologico che viene da lontano e che, per tanto tempo celato, oggi riemerge sollecitato da certe forze politiche e sociali chiaramente individuabili. La scuola dovrebbe trasmettere e attivare quei “nuovi” valori – o meglio, disvalori – che caratterizzerebbero una società chiusa in se stessa, decisamente autoreferenziale, gelosa della propria civiltà e cultura, secondo la lettura che ne danno i Pera, le Fallaci e i nemici del relativismo.
In effetti, le fantomatiche proposte ologrammatiche, i PECUP, gli OSA, i PSP, le UA non intendono limitarsi a cacciare dalla scuola la strategia del curricolo, la programmazione educativa e didattica, per obiettivi, per problemi, per sfondi integratori, per citare alcuni dei numerosi approcci a cui si era giunti negli ultimi anni, ed a liquidare quel pedagogese con cui ce l’ha tanto Pirani nonché quella diavoleria della docimologia! Sono proposte che mirano a ben altro. Del resto è scritto chiaramente nelle legge 53: “Sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione”. In tal modo la Costituzione è abilmente messa parte per dar luogo ad una spiritualità e moralità apparentemente indefinite, ma…
I libri di Pera e della Fallaci saranno forse i nuovi libri di testo per una omologazione diffusa allo spirito neocrociato dell’attuale classe dirigente? E’ forse un caso che il “Giornale” pubblichi i dvd delle Crociate?
Ritengo che occorra riprenderci quella scuola che questa maggioranza giorno dopo giorno ci ruba! E possiamo farlo: la nostra arma è quella dell’autonomia, che è anche una norma costituzionale!

Roma, 4 settembre 2005

Maurizio Tiriticco


 Tecnica della Scuola.it    - 05-09-2005
Scuole cattoliche: in 10 anni chiusi oltre 200 istituti e persi 83 mila studenti

A lanciare l'allarme è padre Antonio Maria Perrone, presidente nazionale della Fidae, Federazione istituti di attività educative, scuole cattoliche primarie e secondarie: “nel corso degli anni diminuito il senso dei valori di riferimento”. Ma con la pubblicazione, il 5 agosto scorso in Gazzetta Ufficiale, n. 181, del decreto 28 luglio 2005, che ha permesso di incrementare di circa il 40% il contributo alle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole paritarie, i numeri potrebbero cambiare.

Le scuole paritarie di tipo cattolico lamentano una crisi di iscrizioni ormai decennale. A lanciare l'allarme è padre Antonio Maria Perrone, presidente nazionale della Fidae, Federazione istituti di attività educative, scuole cattoliche primarie e secondarie - che ha denunciato una costante diminuzione del numero degli studenti e la conseguente chiusura di istituti cattolici nel corso degli ultimi anni. Emblematiche le cifre del tracollo di iscrizioni ad una tipologia di istituti che per decenni ha costituito un punto di riferimento per un determinato profilo di famiglie italiane: “In dieci anni – ha detto il presidente nazionale della Fidae - sono stati chiusi oltre 200 istituti e abbiamo perso più di 83 mila studenti”. La disaffezione per la scuole paritarie di tipo cattolico è evidente: nell'anno scolastico 1993-1994 gli istituti afferenti alla Federazione erano 1.592 per un totale di 2.919 scuole e 15.859 classi nell'anno scolastico 2003-2004 sono passati rispettivamente a 1.381, 2.417 e 13.247. E, nello stesso lasso di tempo gli studenti sono scesi dai 352.049 dell'anno scolastico 1993-94 ai 268.541 dell'anno 2003-2004. Secondo padre Perrone, negli anni con le iscrizioni sarebbe “diminuito il senso dei valori di riferimento: indubbiamente anche se certi valori rimangono più presenti in Italia rispetto ad altri Paesi europei, anche nel nostro Paese abbiamo assistito ad una certa crisi”.

Per questo tipo di scuole però c’è ancora qualche speranza. L’ancora di salvataggio potrebbe infatti essere la pubblicazione, il 5 agosto scorso in Gazzetta Ufficiale, del decreto 181 che ha permesso di incrementare di circa il 40% il contributo alle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole paritarie. Una vera e propria “boccata di ossigeno” per le paritarie, visto che se la legge 62 del 2000 - “norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione” – pur fissando un paletto importante dal punto di vista giuridico non garantiva tuttavia ancora una vera parità con le scuole pubbliche sul piano delle sovvenzioni. “La legge del 2000 – ha spiegato padre Perrone – ha riconosciuto esplicitamente il valore del pubblico servizio offerto ai cittadini e all'intera società nazionale dalle scuole paritarie in clima di libertà educativa: era però incompleta dal punto di vista economico per il mancato riconoscimento dell'intervento finanziario del pubblico erario per l'accoglienza degli alunni alle stesse condizioni economiche delle scuole statali, impedendo in questo modo la piena ed effettiva libertà dei genitori di scegliere il percorso educativo per i propri figli”.

Alessandro Giuliani

 Marina Boccatonda    - 06-09-2005
Lavorando a tempo pieno,avevo necessità di una scuola che non facesse scioperi ed orario prolungato, per cui per necessità ho dovuto far frequentare i miei figli in una scuola religiosa paritaria, ed è stato un salasso non indifferente perchè oltre alla retta era una continua questua per recite, riparazioni, regalie ad insegnanti, compleanni vari di suore Direttrici e Presidi,f este della famiglia, lotterie, mese Mariano, saggi etc., insomma ogni occasione era buona per spillare soldi. Naturalmente queste febbrili attività toglievano tempo alle lezioni scolastiche, quindi più che una scuola era la succursale di un centro recreativo parrocchiale, e ne ho pagato lo scotto quando ho potuto iscrivere i miei figli ad una scuola pubblica. Che io sappia per le elementari questo è l'andazzo generale in tutte le scuole paritarie tenute da religiosi. E si domandano il perchè del calo di iscrizioni?
Facessero pagare un po' meno e pensassero più ai programmi scolastici,ne guadagnerebbero in carità cristiana,visto che le voci corrono e che hanno tante agevolazioni fiscali oltre all'8xmille!