Della questione morale
Aldo Ettore Quagliozzi - 19-07-2005
" ( ... ) perché se Berlusconi ha, come dicono, carisma, sia pure in via di evaporazione, e col carisma weberianamente si modificano le coscienze, allora forse in questi anni, in questi vent'anni di berlusconismo prima imprenditoriale - ( ... ) - e poi anche politico, tra palazzo Chigi e l'opposizione a colpi di Mediaset in Borsa che lo hanno reso l'uomo di gran lunga più ricco d'Italia, il Cavaliere può avere modificato interiormente le coscienze degli italiani.
E vi sembra una mutazione genetica su cui scherzare solo elettoralmente? E questi danni sono riparabili da un'alternanza politica al governo intesa esteriormente, per quanto essa sia nelle cose oggettivamente auspicabile?
E' sufficiente davvero semplicemente prendere il potere per dissolvere il berlusconismo nella società italiana?
Ed è un berlusconismo solo di Berlusconi, o anche della intiera Casa delle Libertà, o anche dei suoi elettori, o anche dell'Unione e di chi vita l'opposizione? ( ... ) "

Ed è proprio il caso di metterci cinicamente ed affondare il dito nella piaga purulenta del bel pese, così come fa' Oliviero Beha nel suo recentissimo lavoro " Crescete & Prostituitevi "?
Poiché quella piaga purulenta è antecedente al berlusconismo, anzi ne è stato il terreno di coltura, tanto per non dimenticare tutto un passato di vergogne nazionali.
Solo che, adesso che con il berlusconismo si è toccato proprio il fondo della vergogna, sarebbe auspicabile un'inversione delle pratiche di malgoverno, una boccata di ossigeno per favorire finalmente la cicatrizzazione di quella piaga purulenta che ammorba l'aria del bel paese.
Ma il problema sembra essere proprio questo: ma il berlusconismo è solo Berlusconi, oppure un " sentire " comunque diffuso che non ha consentito, per esempio, al bel paese di realizzare la cosa primaria e più importante, ovvero il consolidamento di una compiuta democrazia?
E' quel costume dannato del bel paese, di vivere e spartirsi in confraternite col solo scopo di perseguire il vantaggio personale o del gruppo a scapito del vantaggio generale, è quel dannato costume che è divenuto un dato politico-antropologico che assoggetta tutte le " chiese " politiche: ed allora, il berlusconismo diventa un dato di fondo, un'eco che si tacita per un bel pezzo ma che poi si rifà sentire con tutta la sua prepotenza ammaliatrice, devastante però per un tessuto sociale moderno e civile.
In fondo l'egoarca di Arcore, da abile venditore qual è, ha di certo assecondato questa inclinazione del bel paese, ovvero dell'aggiustamento a tutti i costi, ne ha sfruttato a pieno le potenzialità, non inventando proprio nulla di suo, se non assecondando il lato peggiore e perverso di quel sentire.
E' una condizione " a-morale " preesistente al berlusconismo , non proprio una mutazione genetica, per la qualcosa si richiederebbe ben altro. Compito di una reale alternativa al berlusconismo sarà per l'appunto una " mutazione genetica " all'incontrario, con il rifiuto delle pratiche consortili di qualsiasi colore e la pratica sana del perseguimento dell'interesse generale " senza se e senza ma ".
Ne ha discusso Paolo Sylos Labini con la giornalista Daria Gorodisky sul quotidiano " Corriere della sera " in un'intervista dal titolo " Per la sinistra ci vuole un codice etico alla Zapatero ".

" D.G. Professor Paolo Sylos Labini, oltre a essere un economista, lei è uno dei più agguerriti alfieri della questione morale. E l'altro giorno Piero Fassino ha proprio invocato per gli enti locali - anche quelli guidati dal centrosinistra - «sobrietà di comportamenti, rigore nella gestione e nell'utilizzo di strutture pubbliche».

S.L. «Già... Ma quando si parla di questione morale, bisogna partire da lontano. È una questione culturale, perché in Italia parlar male di Machiavelli è più difficile che parlar male di Garibaldi: sia in ambiente laico che cattolico, tanto a destra quanto a sinistra».

D.G. Si riferisce al noto «fine che giustifica i mezzi» e lo considera dannoso

S.L. «Sì, la banalizzazione di una battuta che Niccolò Machiavelli non ha mai detto in quei termini ma che viene sempre utilizzata per dimostrare che politica e morale sono cose distinte. Invece non è così: se i mezzi usati sono barbari, lo diventano anche i fini. Chi divide la morale dalla politica, o dall'economia, dice sciocchezze e contribuisce a portare il paese al disastro. Fra le cause della crisi argentina ci sono anche evasione fiscale e corruzione elevate a regola. Quando la corruzione diventa sistema, fracassa l'economia e travolge gli stessi corruttori».

D.G. Dunque per aiutare il Paese va recisa la radice machiavellica

S.L. «I neomachiavellici culturalmente fanno pena: sono antiquati e fanno finta di essere moderni. Dimenticano anche che cinque secoli fa non c'era il capitalismo industriale, che la democrazia era lontana, che la morale di allora era qualcosa di molto discutibile, c'erano prìncipi civili e prìncipi assassini di professione; dimenticano anche che da quella tradizione e dai Borgia non è arrivato nessun contributo all'unificazione d'Italia. La gente troppo spesso parla ma non sa».

D.G. Torniamo all'inizio: l'appello lanciato da Fassino alle amministrazioni locali, Regioni in primis, le piace.

S.L. «Speriamo, ha parlato bene... Il fatto è che certe volte in Italia si predica bene ma non si razzola in modo conseguente. Per razzolare bene chiedo, insieme con Occhetto ed altri, che il centrosinistra introduca nel proprio programma di governo un preambolo simile al codice di comportamento varato da Zapatero in Spagna. Non è un fatto morale, ma una cosa vitale per la politica».

D.G. Alle Regioni - comprese quelle governate dal centrosinistra, come Campania, Calabria e Lazio - i Ds imputano di aver moltiplicato inutilmente commissioni e incarichi, con danno per il denaro pubblico.

S.L. «Appunto servono regole uguali per tutti, con meccanismi automatici. Ma finché i partiti pensano che la politica è costosa e che questi costi vanno accettati anche se sono lontani dalla morale - e qui torniamo a Machiavelli -, la regola è quella del raddoppiare gli incarichi per averne vantaggi politici. Un codice di comportamento, purché non suscettibile di aggiramenti all'italiana, deve coprire tutti questi aspetti. A partire dal controllo della fedina penale "vera" di chi vuol essere eletto».

D.G. «Vera»

S.L. «Sì, non quella a fini amministrativi, addomesticata dal beneficio della non menzione di qualche reato. Fino a venti anni fa in Italia i ministri indagati si dimettevano; oggi in Parlamento la percentuale di indagati, rinviati a giudizio e condannati sfiora il 40».

D.G. La presa di posizione dei Ds, sancita in Consiglio nazionale da un ordine del giorno presentato da Salvi e Mussi, ha scatenato un putiferio: presidenti di Regione come Bassolino, Loiero e Marrazzo non hanno gradito.

S.L. «Non conosco le cose in dettaglio. Ma il discorso base resta lo stesso: serve un codice alla Zapatero che escluda ed eviti le cose attribuite a Bassolino e agli altri. Ma temo che non lo avremo, perché destra e sinistra rischierebbero di perdere troppi seguaci. Basta vedere come Fini ha dimenticato Borsellino...».

D.G. Loiero e Marrazzo dicono che l'uscita diessina è autolesionista per la coalizione, perché fornisce materiale alle campagne della destra.

S.L. «Che da quelle parti ci sia una buona dose di autolesionismo, è innegabile. Ma allora, perché quelli che ne sono convinti non appoggiano l'introduzione del codice di comportamento Sarebbe molto meglio dei litigi. Speriamo davvero che d'ora in poi la linea cambi». "


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