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Gli atei bigotti, lo Stato laico e le piroette del Pera
" ( ... ) Una fede antica, come quella cristiana, comunica parole ed esperienze che suonano significative e nuove, anche per chi non condivide i loro presupposti.
( ... ) Il dialogo tra laici e credenti sorregge la " laicità " come spazio di libertà, ma anche come realtà abitata da diversi vissuti e da differenti motivazioni.
E alla fine può farci avere più fede e più ragione, in un mondo di tanta irrazionalità prepotente, di fideismi fanatici e fondamentalismi violenti. ( ... ) "

Così ha scritto Andrea Riccardi nel suo articolo " Perché anche noi cristiani non possiamo non dirci laici ". E mi è parso essere il giusto " prologo " alla lunga e dotta riflessione di Francesco Merlo " Gli atei bigotti contro il referendum ", apparsa sul quotidiano " la Repubblica " nelle infuocate settimane che hanno preceduto il referendum del 12 e 13 di giugno.

" Qualche anno fa a Nantes fu celebrato un processo contro un autista che aveva disgraziatamente investito una donna incinta provocandone l'aborto.
In primo grado l'autista fu condannato per omicidio colposo ma la Cassazione, pur aumentando il risarcimento civile, annullò la sentenza penale spiegando che "non spetta a questa Corte stabilire il momento in cui il nascituro diventa un individuo da proteggere giuridicamente tanto più che su questo punto anche le religioni e gli scienziati si dividono".
La Cassazione francese, che si riferiva ovviamente al feto e non certo all'embrione, celebrava con malinconia la grandezza dello Stato laico.
Ed è questa malinconica grandezza, per molti anni celebrata anche dal filosofo Marcello Pera, che oggi in Italia è messa in gioco ( ... ).
Eppure non c'è niente di più italianamente cristiano della fecondazione assistita perché in Italia Dio è il Bambino Gesù, e nulla è più scandalosamente divino della nascita, il mettere a dimora l'Essere, e nulla è più cristiano della procreazione che si rende autonoma dal piacere, e dell'assistenza a quello stato di minorità che è l'infertilità, il crescete e moltiplicatevi.
La fecondazione assistita è l'antica levatrice che comincia il suo lavoro nove mesi prima, "la mano santa" della cultura popolare e della maieutica che sa anche divinare, sa assecondare i presagi, controlla la punta della pancia, legge la luna e le maree, dà la vita per amore, per scienza e per artifizio.
( ... ) Allo stesso modo, non è sui quesiti abrogativi di una legge ( la legge 40 della procreazione assistita n.d.r. ) né tanto meno sulla personalità dell'embrione che, ( ... ), si pronunceranno gli italiani, ma sulla legittimità del partito delle parrocchie, sulla religiosità armata e filosofizzante, sugli intellettuali atei che vogliono rubare al popolo la sua fede, soffusa e senza asprezze, per fondare un'etica di stato.
Questi atei, guidati da Marcello Pera e Giuliano Ferrara, sono alla ricerca di un pensiero forte che, nell'attuale povertà, possa diventare egemonia culturale e fare dell'Italia il fortilizio sacro di una Chiesa debole e invecchiata che si sente assediata da religioni astiose e muscolose che organizzano militarmente troppe anime, armerie spirituali di rabbie collettive, palestre del rancore e della ferocia di popoli che vogliono l'apocalisse dell'Occidente, religioni che sono anche etnia, integralismo e razzismo.
Ecco: gli intellettuali atei, che sono accorsi al fianco di Ruini, leggono ( ... ) una minaccia al paradigma giudaico-cristiano che vede nella vita umana non un momento dell'evoluzione biologica ma un dono di Dio.
E professano questa idea antievoluzionista, nella quale non credono, per difendere "le radici" della nostra civiltà, e dunque accendono il fuoco della disputa bizantina sull'embrione, un dibattito erudito e classificatorio che non porta a niente.
Si procede per analogie: l'embrione non è muffa ma non è persona; è vita ma non è un essere umano... E però "la persona" non è una nozione scientifica, come non lo è Dio: fuori dalla scienza.
Chiamata a rispondere su questioni impossibili, in realtà la gente risponderà sì o no al catechismo, sì o no al cardinale Ruini.
( ... ) L'Immacolata concezione è fecondazione assistita da Dio. Nel presepe Ruini non c'è, e non c'è il professore di teologia.
Ci sono un uomo semplice e una donna antica. Ma gli intellettuali atei non si curano del presepe e neppure della Trascendenza perché non ci credono.
Tuttavia considerano "l'embrionicidio" come una violazione del quinto comandamento. Sono diventati specialisti di religiosità pur non avendo nulla a che fare con la religiosità popolare.
E invece la religiosità popolare che noi conosciamo non ha bisogno di certificazioni intellettuali postpopperiane, la nostra gente non vuole amare Dio "contro" qualcuno o qualcosa, alla maniera astratta del Santo Uffizio.
E non è vero che l'Italia è un paese scristianizzato. È, al contrario, un paese che evolve cristianamente, non verso i libri delle intelligenze pallide ed estenuate, non verso i frati di biblioteca, i glossatori neo domenicani, Domini canes, cani di Dio.
Quella della religiosità italiana è una evoluzione dolce e civile, ricca di esperienze reali, di tolleranza, di politeismi, di Madonne nere, di santi arabi come san Gerlando, di santi panteisti che parlano con il vento e con i lupi come san Francesco, "nel flusso d'amore dell'universo".
E anche la ricerca sulle cellule staminali embrionali ha bisogno, proprio per non diventare selvaggia, oltre che di regole laiche severe, anche della pietà cristiana verso i bisognosi, i malati, verso la vita.
Per evitare criteri di disumana eugenetica, che la legge già vieta ( ... ); per evitare azzardi e allucinazioni, lo scienziato cristiano ha, anche lui, "la mano santa", un atteggiamento antiprometeico, senza empietà e senza la voglia di sostituirsi a Dio.
Anche nella ricerca sulle cellule staminali embrionali c'è la parabola del buon samaritano, c'è il figlio di Dio in pace con la sua filialità, c'è il meglio dei valori cristiani.
Il dibattito ( ... ) ha infatti portato alla ribalta molti ricercatori italiani che lavorano nei centri specializzati sugli embrioni, ( ... ) .
Ebbene, sono cristiani che somigliano più a noi che a Ruini, non ritengono l'intelligenza una sfida al Creatore, ma uno strumento che Dio ha messo a disposizione degli uomini per produrre reti di solidarietà.
Come San Martino, che sempre taglia a metà la sua ricchezza per darla al povero, lo scienziato usa l'embrione per aiutare la vita e non per offenderla.
La stessa teologia insegna che solo un confronto serrato con il male porta alla conoscenza: "È attraverso il nero portale dell'inferno che si arriva al paradiso", scrisse Giovanni Papini in quel suo libro, "Il Diavolo", che è il risultato più alto della sua conversione.
Perciò ci permettiamo d'immaginare che il vecchio don Sturzo, che voleva maritare il cattolicesimo con la modernità, caccerebbe dalla sua parrocchia gli intellettuali atei che sono scesi in campo in appoggio al clero vaticano, le nuove teste pensanti del partito di Ruini, lo strano mondo laico in cerca di una nuova identità politica.
Marcello Pera, che forse è stato il più illustre dei filosofi italiani della scienza, ha scritto almeno due libri importanti, "Popper e la scienza sulle palafitte" (1981) e "Scienza e retorica" (1991) tradotto in inglese dalla Chicago University Press.
In tutta la produzione filosofica di Pera non solo non c'è nulla che possa fare presagire la sua evoluzione attuale, ma ci sono diverse cose che la rendono incredibile.
Il Pera professore è un filosofo palafitticolo "orfano di verità", che non si pone il problema di credere, ma trova nel dubbio il sollievo alla fatica di vivere: "L'incertezza accompagna sempre anche i nostri migliori risultati".
Pera ha scritto di Galileo, contro i dogmi, ed è stato sodale dei più importanti studiosi americani di Galileo. Tra i più avanzati e consapevoli alfieri della ricerca scientifica, per quanto opinabile e retorica, Pera concluse il suo ultimo libro accademico contestando, contro Cartesio, che si possa fondare la scienza sulla teologia.
E nell'introduzione a "Il mondo incerto" scriveva: "Il dogmatismo della certezza come effetto del possesso o della conoscenza di verità assolute è teoricamente ingiustificato e moralmente inaccettabile". Fu il filosofo delle porte aperte, dell'incertezza, del relativismo come metodo.
Ora ha chiuso le porte, predica le certezze, odia il relativismo. Naturalmente anche egli ha il diritto di cambiare idea ed ha anche un certo diritto all'incoerenza, ma rimane senza connessioni con il suo pensiero la convinzione che i principi cristiani debbano informare le leggi italiane.
( ... ) Ma fortunatamente la religiosità non è un concorso universitario per titoli e pubblicazioni, e gli italiani non si faranno depauperare del potere di attingere, quando e dove vogliono, all'Assoluto.
La religiosità italiana è diventata irrituale, come dimostrano le chiese vuote. E anche il calo di vocazioni rivela il calo di fiducia verso gli specialisti di religiosità e non verso Dio.
È una evoluzione civile, parallela a quella della politica, dove la diminuzione del numero dei funzionari di partito non dimostra un aumento del qualunquismo.
Allo stesso modo oggi ci si può sentire religiosi senza infilarsi in quei luoghi di concentramento che sono i seminari e le celle monastiche, e senza pretendere che le leggi dello Stato esprimano una convinzione religiosa e neppure un compromesso tra varie religioni.
Lo Stato laico è una conquista epocale e il cristianesimo laico e secolarizzato non è una retrocessione, ma una maturazione dell'organizzazione della religiosità che sempre meno ha bisogno di strutture clericali. ( ... ) "


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