Sul campus e dintorni
Anna Pizzuti - 10-06-2005
Da oggi, finalmente sappiamo cosa ha approvato il Consiglio dei Ministri quando ha creduto di approvare una "riforma " della scuola superiore italiana.

Possiedo tutta la collezione delle bozze che si sono susseguite dal 17 gennaio ad oggi (collezione non so quanto preziosa .... ) e attraverso di essa posso ricostruire le vicende di quell'oggetto misterioso - o del desiderio - che è il "campus ".

Il termine "campus ", per quanto preannunciato dai bene informati prima ancora che se ne parlasse in qualche testo semiufficiale, compare, nei suddetti testi, solo a partire dal 3 marzo:
Articolo 1, comma 14: I percorsi del sistema dei licei e quelli del sistema di istruzione e formazione professionale possono essere realizzati in un'unica sede, anche sulla base di apposite convenzioni tra le istituzioni scolastiche e formative interessate.

Il comma rimane invariato nelle varie bozze successive, fino a quella che porta la data del 26 maggio:
Articolo 1, comma 14: I percorsi dei licei, ed in particolare di quelli articolati in indirizzi, di cui all'articolo 2 comma 8, possono raccordarsi con i percorsi di istruzione e formazione professionale costituendo, insieme, un centro polivalente denominato "Campus". Per la realizzazione delle finalità dell'intero sistema educativo e per l'attuazione di un forte legame con il mondo del lavoro, dell'economia e delle professioni, il Campus ha una struttura flessibile e organica, e fornisce differenti opportunità di istruzione e di formazione. Ognuno dei percorsi di insegnamento-apprendimento allocati nel Campus possiede una propria identità ordinamentale e curricolare, e assume una durata e una graduazione corrispondenti alla tipologia e al compito.

Il 26 maggio, direbbe Monsieur De La Palisse, è immediatamente precedente al 27 maggio, giorno in cui il Consiglio dei Ministri approva il decreto e il testo dovrebbe essere rimasto invariato, da un giorno all'altro.

E invece no, perché quella che si suppone sia la versione approvata, considerato che il testo è pubblicato sul sito del MIUR, reca, a proposito del "campus " dei cambiamenti significativi:

Articolo 1, comma 14: I percorsi dei licei, ed in particolare di quelli articolati in indirizzi, di cui all'articolo 2 comma 8, possono raccordarsi con i percorsi di istruzione e formazione professionale costituendo, insieme, un centro polivalente denominato "Campus". Per la realizzazione delle finalità dell'intero sistema educativo e per l'attuazione di un forte legame con il mondo del lavoro, dell'economia e delle professioni, il Campus ha una struttura flessibile e organica, e fornisce differenti opportunità di istruzione e di formazione. Ognuno dei percorsi di insegnamento-apprendimento allocati nel Campus possiede una propria identità ordinamentale e curricolare, e assume una durata e una graduazione corrispondenti alla tipologia e al compito. Alla trasformazione degli attuali istituti di istruzione secondaria superiore, nei centri polivalenti di cui al presente comma, si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

A prescindere da questo aspetto piuttosto surreale, per cui il testo potrebbe essere stato cambiato dopo l'approvazione, il tema del campus mi sembra degno della massima attenzione, per vari ordini di motivi che, forse, alla fine, si riducono ad uno solo: è un espediente per separare la scuola in due canali, facendo finta che questo non avviene.

Se si afferma, nelle ultime due versioni della cosa (nella prima non lo si dice, ma il senso è identico) che: Ognuno dei percorsi di insegnamento-apprendimento allocati nel Campus possiede una propria identità ordinamentale e curricolare, e assume una durata e una graduazione corrispondenti alla tipologia e al compito, il fatto che risiedano in un unico edificio, o in edifici vicini, o anche in edifici lontani, non cambia proprio nulla. Ricordo di aver parlato già una volta di separati in casa e la definizione continua ad essere, a mio avviso, rispondente alle intenzioni del legislatore.

Le variazioni, riguardano, invece, chi fa che cosa: nella prima versione si parlava di convenzioni, il che aveva una sua logica, visto che i due percorsi fanno capo, uno allo Stato, uno alle regioni; nella seconda, erano i licei che - per loro autonoma iniziativa? - potevano raccordarsi ai percorsi di Istruzione e Formazione professionale; nella terza, rimane questa possibilità, per i licei, ma sono due Ministeri a provvedere e, per carità, senza oneri aggiuntivi.

A questo punto chiederei il parere di chi, più di me, si orienta nelle questioni istituzionali, per capire quali siano i riferimenti Costituzionali che vengono tenuti presenti dal legislatore.

C'è comunque una coincidenza che forse sarà senza significato o forse no. E' di ieri un articolo de "Il giornale" (in rassegna stampa della Cgilscuola), intitolato " Devolution scolastica: la legge è pronta" in cui si legge che "Negli uffici dell'assessorato all'istruzione sono infatti già pronte le bozze di un progetto di legge (che prefigura un modello lombardo di sistema scolastico-formativo, che verrà predisposto integralmente entro l'anno e sperimentato nel biennio 2006/07. L'intenzione è quella di far passare previo accordo con lo Stato, sotto il controllo della Regione tutti i 376 istituti tecnico-professionali presenti sul territorio lombardo e avviare un programma comune di «Alta Formazione», propedeutico all'ingesso nel mondo del lavoro"

Credo di conoscere quale sia il programma di Alta formazione al quale si fa riferimento: è possibile leggerlo qui.

Io ci ho provato, anche se la complessità del documento richiederebbe uno studio approfondito.
La prima impressione, comunque, è che, al di là delle intenzioni - o dei proclami - la sostanza non cambi e che i percorsi rimangano, comunque, separati.

C'è, infine, un ulteriore motivo per stare attenti al campus: in caso di cambio della maggioranza di governo, potrebbe costituire una forte tentazione per quelli che "... ma sì, teniamola, la riforma Moratti, al massimo sistemandola un po'".E' il nome, che potrebbe attirare. Quanto alla sostanza, è tutto un altro discorso.

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 Anna Pizzuti    - 11-06-2005
Sul campus, mi sembra interessante riportare anche, dal sito della FLCcgil queste deduzioni.

Sul decreto vorrei segnalare altri due punti di attenzione.

Il primo riguarda l’esame di Stato. Mi sono ricordata che, nel corso di questi anni, si è parlato di una loro ulteriore riforma che ne dovrebbe ridurre ancora di più, se possibile, la significatività: prima e seconda prova preparate dalla commissione (interna), terza prova somministrata dall’Invalsi, niente orali.

Ho provato a leggere tra le righe del decreto. Le prime osservazioni sembrerebbero smentire le intenzioni di cambiamento (ammesso che così come sono stati ridotti da un articolo della finanziaria del 2002 siano ancora esami) visto che la legge 10 dicembre 1997, n.425 e il D.P.R. 23 luglio 1998, n.323 vengono citati diverse volte sia all’articolo 13 che all’articolo 14.

Ma questi rimandi alla passata normativa riguardano solo le regole riguardanti gli esami dei candidati esterni.

Rispetto agli esami di Stato conclusivi dei percorsi (per usare il linguaggio del decreto) i riferimenti sono del tutto diversi. Anzi, l’unico riferimento presente è alla funzione dell’Invalsi.

Articolo 14 (Esame di Stato) comma 1
L'esame di Stato conclusivo dei percorsi liceali considera e valuta le competenze acquisite dagli studenti nel corso e al termine del ciclo e si svolge su prove organizzate dalle commissioni d'esame e su prove a carattere nazionale predisposte e gestite, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 19 novembre 2004, n.286, dall'Istituto nazionale di valutazione del sistema di istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento dell'ultimo anno.
Sarà eccesso di analisi, ma questo comma – se pure nulla sembra dire rispetto ad un radicale cambiamento dell’esame, se non rispetto al cambiamento del soggetto “erogatore” delle prove esterne - presenta alcune ambiguità. Intanto l’ordine espositivo, che nella lingua italiana ha un senso: le “prove organizzate dalle commissioni” vengono citate per prime e sono più di una (altrimenti non si capisce perché si usa il plurale) e il richiamo alla prima e seconda prova – ora ministeriali - mi sembra evidente. Certo, anche all’Invalsi sono assegnate “prove”, che, se la nostra lingua non è un’opinione, dovrebbero essere più di una, visto che viene usato il plurale.
C’è però un altro livello di ambiguità, forse meno peregrino. Riguarda le finalità dell’esame che, come viene detto “considera e valuta le competenze acquisite dagli studenti nel corso e al termine del ciclo”. Solo le competenze? Nient’altro? A me accade di nutrire qualche dubbio su una scuola orientata esclusivamente alle competenze, ma non è questo ora, il problema.
Sono andata a riguardare le finalità della prima e della seconda prova scritta nella riforma originaria, per riferirle in forma compiuta e scopro che sono quelle che ricordavo:
- La prima prova scritta è intesa ad accertare la padronanza della lingua italiana o della lingua nella quale si svolge l'insegnamento, nonché le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato, consentendo la libera espressione della personale creatività.
- La seconda prova scritta, che può essere anche grafica o scrittografica, ha lo scopo di accertare il possesso delle conoscenze specifiche del corso di studi frequentato dal candidato

E quelle della terza prova? Eccole: La terza prova scritta negli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, a carattere pluridisciplinare, è intesa ad accertare le conoscenze, competenze e capacità acquisite dal candidato, nonchè le capacità di utilizzare e integrare conoscenze e competenze relative alle materie dell'ultimo anno di corso, anche ai fini di una produzione scritta, grafica o pratica.

Forse, ripeto, sarà eccesso di analisi, ma l’ambiguità dei riferimenti contenuta nel decreto, mi sembra evidente e – è il caso di dirlo – provata.

Doppia ambiguità, perché le norme vigenti vengono, stranamente, in parte confermate (sui candidati esterni) in parte messe in discussione.

Il che, comunque, mi fa venire in mente che l’ultimo articolo del decreto non contiene, come dovrebbe essere e come accadeva invece nel decreto n.59, le Norme finali e abrogazioni, bensì questa nebulosa (nel senso di temporalesca) norma finale:
Gli interventi di riconversione del personale docente, eventualmente necessari, anche al fine di trasferimenti in altri comparti della pubblica amministrazione, saranno programmati dal Ministro dell'istruzione, dell'università della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica.

Era questo il seondo punto di attenzione al quale mi riferivo all'inizio. Che contiene anche diversi punti di domanda. Cosa vuol dire? Ma gli organici non sono confermati per anni? E perchè, comunque, un articolo come questo, compare solo nel decreto sul secondo ciclo?