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Clementina i nostri silenzi
L'Unità on line - 28-05-2005

di Lidia Ravera

Clementina è una brava ragazza. Clementina è in pericolo. Clementina aiutava le vedove. Clementina affrontava rischi di cui era perfettamente consapevole. Clementina l'aveva scritto a sua madre, che voleva andarsene dall'Afghanistan.
Clementina è stata rapita da una banda armata e ingovernabile... altro che resistenza irachena! Qui si tratta di banditismo afghano. Gente che sequestra e uccide, con la copertura gratuitamente offerta dalla politica estera di George W. Bush.
L'Afghanistan, infatti, prima dell'Iraq, ha subito la beneficenza umanitaria. È stata, come l'Iraq, prima dell'Iraq, bombardata di democrazia. Quando il grosso delle truppe occupanti si è ritirato, si sono levate grida di giubilo: guardate che carine, come sono libere le afghanine, se vogliono possono scoprire il musetto, niente burqua, niente velo, se lo desiderano possono mettersi anche i calzoncini a vita bassa, mostrare il pancino, andare "a maschietti" come le nostre cretine! Qualora fosse stato un obbiettivo importante, non è stato comunque raggiunto. Non più tardi di dieci giorni fa, una giovane è stata lapidata per aver tradito il marito, da cui era stata, peraltro, abbandonata. Il crimine (per la cronaca, i 17 assassini sono stati arrestati) è stato perpetrato a 800 chilometri da Kabul, una distanza tipo Napoli Milano. Sul suolo afghano, benedetto dalla democrazia import-export. Lo sapeva Clementina, come vivevano le donne afghane, vedove di guerra, povere, discriminate. Era lì per aiutarle. Loro sono scese in piazza per aiutare lei. E noi? Noi abbiamo manifestato a Roma, come già nei mesi scorsi, per le due Simone e poi per Giuliana Sgrena. Ma eravamo in numero ben inferiore. Noi ascoltiamo le notizie da quel fronte già emotivamente abbandonato con l'anima in pena, ma senza essere divorate dall'ansia come per le precedenti donne ostaggio della violenza imperialista e delle reazioni che - inevitabilmente - scatena. Di Clementina pare importarcene meno. Ci dispiace, sì, però, non ci leva il sonno, non ci costringe a sdraiarci davanti al parlamento italiano per chiedere che si faccia qualcosa. Che si tratti, che si paghi, che si ricatti, che si minacci, che si alzi la voce. Non marciamo sul Ministero degli Esteri perché vengano ritirate le truppe italiane dall'Iraq, tanto per chiarire a banditi, sbandati e oppressi di tutta la zona che noi non siamo i cugini poveri dell'imperatore americano, non gli siamo gregari, né debitori, né servitorelli. Non occupiamo le piazze per far sapere che noi, noi popolo italiano, ce l'abbiamo scritto nella Costituzione il ripudio della guerra (art. 11), e si tratterebbe di trarne le logiche conseguenze. Che ci sta succedendo? Che cos'ha Clementina Cantoni in meno di Simona Pari e Simona Torretta, di Giuliana Sgrena? Apparentemente nulla: è, come le due Simone, come Giuliana, una che fa un lavoro delicato, mettendo a repentaglio la sua integrità fisica, per aiutare i deboli, per informare il mondo del loro dolore. È una ragazza di buona famiglia occidentale, colta e benestante. Una che potrebbe benissimo bamboleggiare nel gran parcheggio delle adolescenze trentenni di questa nostra società a irresponsabilità illimitata. Invece ha scelto di impegnarsi, di vivere al fronte, di sbattersi con umiltà e dedizione. Apparentemente avrebbe diritto alle preghiere dei cattolici e alle proteste dei laici, all'indignazione di tutte le persone per bene, all'apprensione di tutte le madri. Invece, pur restando prima notizia nei telegiornali (sempre che Rutelli non rubi la scena), la violenza a cui è stata sottoposta, pare non scatenare la calorosa rabbia delle precedenti e analoghe situazioni. Perché? C'è chi dice che il motivo è squallido: non apparterrebbe, Clementina, alla lobby protetta dei giornalisti. C'è chi dice che il motivo è geo-politico: non sarebbe più, l'Afghanistan, nell'occhio del ciclone bellico, come l'Iraq, con la sua pace da 50 morti al giorno. C'è chi dice che si tratta di sfumature di nobiltà fra organismi non governativi: "un ponte per" sarebbe forte e libero, "Care international", invece, sarebbe "ong" solo di nome, in realtà godrebbe di "potentissimi appoggi politici da parte del governo americano" (Moreno Pasquinelli, Campo Antimperialista). Le due Simone, cioè, sarebbero state, con cristallina evidenza, non-colluse con gli invasori dell'Iraq, mentre Clementina dovrebbe scontare le ambiguità dei suoi capi. C'è chi, infine, mette questa leggera freddezza in conto alla sindrome da assuefazione. Io, devo ammetterlo, mi colloco in questa categoria, pre-politica, o, se volete, di allarme sentimentale: temo l'effetto ripetizione più di ogni altro agente patogeno noto o ignoto. La prima volta lo shock è sontuoso, il turbamento massimo. La seconda sale l'ansia, il senso di insicurezza, di libertà minacciata, è il momento delle mobilitazioni meno emotive, ma più radicali. La terza quarta quinta volta, subentra l'effetto abitudine. Si abbassa la guardia, si alza la percezione della propria impotenza. Ci si difende: non possiamo star male sempre, un po' di distrazione aiuta a campare, lo stato di allerta incide negativamente sul sistema neurovegetativo. Ci si ammala di dispiacere, e non si ottiene niente. È umano, è un sintomo comune, fra noi mortali. Eppure non va accettato. Occorre contrastare l'abitudine al male e la sfiducia nel senso e nel peso della propria testimonianza. Clementina Cantoni è una giovane donna inerme, la tengono in ostaggio uomini armati, in un paese instabile e tormentato, irragionevole e sofferente. Un paese dove le donne sono oggetto di possesso e di disprezzo, e chi ha consacrato la sua vita ad aiutarle, donna anch'essa e quindi infetta e senza diritti, non può aspettarsi altro che violenza. Pensiamoci. Costringiamoci a pensarci. E chiediamo a chi governa il nostro paese di prendere ogni possibile misura perché sia liberata. Subito. Senza cosiderazioni di opportunità e scavalcando, in tempo utile, ogni soluzione all'americana: blitz, assalti, agguati armati, e altre soluzioni che rischiano di "buttare il bambino con l'acqua sporca". Noi vogliamo Clementina Cantoni viva. Possibilmente sana. E speriamo di non dover pagare troppo cara l'assenza giustificata di Nicola Calipari, principe e martire del partito dei mediatori.

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 da Peacereporter    - 29-05-2005
My name is Clementina

In un video Clementina appare in buona salute. E prova ai servizi e alle autorità italiane che la trattativa va avanti

Un video con Clementina Cantoni è stato trasmesso questa mattina dall'emittente televisiva Tolo Tv. La cooperante italiana rapita in Afghanistan appare in buona salute e parla in inglese. "Oggi è sabato 28 maggio", dice la ragazza. Dietro a lei si vedono due uomini armati e con il volto coperto. Nel video, trasmesso poco fa dall'emittente afgana Tolo Tv, non viene fatta alcuna richiesta. Clementina parla in inglese, e si mostra in buona salute. Tolo Tv è la televisione afghana in cui lavorava la conduttrice Shaima Razayee, uccisa la scorsa settimana.

Clementina Cantoni, era stata rapita nella serata di lunedì 16 maggio nella capitale afghana Kabul. La Cantoni lavora per l'organizzazione non governativa Care International, per cui si occupa di un progetto di assistenza alle vedove afghane. Il rapimento era avvenuto nel quartiere di Shahr-e-Naw a Kabul alle 21 ora locale, le 17:30 in Italia, a opera di quattro uomini armati che hanno costretto la donna a salire su una Toyota Sedan bianca.
I rapitori farebbero parte di una banda di delinquenti comuni ma molto potente e in qualche modo legata alla vita politica e militare afgana.

Quello che è certo è che le trattative vanno per le lunghe.
Il governo afgano ha anche accusato l'Italia di interferire nelle trattative per la liberazione della cooperante."L'ambasciata italiana, senza informarci, ha stabilito contatti con i presunti sequestratori - ha detto il portavoce del ministero dell'Interno afgano, Latfullah Mashal -. Noi riteniamo che questo genere di contatti non sia utile per il negoziato e il rilascio di Clementina".
Secondo Kabul, ha proseguito Mashal, le trattative "dovrebbero avvenire attraverso un solo canale, sul versante afgano".
Proprio per queste differenze di veduta sulla gestione della trattativa aveva portato le autorità afgane ad effettuare il fermo di una donna afgana, che alcuni avevano indicato come una mediatrice tra la banda e altri invece ritengono essere la madre di Timur Shah, il bandito che in queste settimane ha sempre gestito la trattativa con le autorità.

Proprio la liberazione della madre di Timur Shah, oltre al pagamento di denaro e alla liberazione di altri componenti della banda oggi in carcere, è al centro della trattativa per la liberazione di Clementina.
Nelle ultime settimane in Afghanistan, che si appresta a compiere i ventisei anni di guerra, si è registrato un aumento della tensione e degli episodi di violenza. Nei primi giorni di maggio proprio Care International, l'organizzazione per cui lavora la Cantoni, ha diffuso un rapporto in cui si denuncia che "l'escalation di violenza nel paese compromette la capacità degli operatori umanitari di distribuire aiuti e di portare avanti i progetti di sviluppo in Afghanistan".

Maso Notarianni

 Patrizia Masini    - 29-05-2005
E' VERO, ME LO CHIEDEVO ANCH'IO COME MAI PER QUESTA GIOVANE DONNA SEMBRA CHE NESSUNO SI MUOVA. IO HO AVUTO L'IMPRESSIONE CHE NON FOSSE ABBASTANZA SOSTENUTA DALLA REAZIONE DELLA STAMPA IMPEGNATA COME IL MANIFESTO O DALL'INTERVENTO POLITICO NON TANTO QUALIFICATO A SINISTRA COME AVVENNE PER LE DUE SIMONE. PECCATO PERCHE' LA SOLIDARIETA FRA DONNE SPECIALMENTE NON DOVREBBE AVERE TANTI COLORI NE TANTE CORRENTI. MI è PIACIUTO MOLTO L'ARTICOLO SCRITTO CON GARBO E PASSIONE.

 da Centomovimenti    - 30-05-2005
Vietato trasmettere il video di Clementina. Il Cdr del Tg3 insorge


"Scandaloso quello che sta accadendo in questi momenti alla Rai". Lo ha scritto ieri in un comunicato il Comitato di redazione del Tg3, che ha protestato duramente dopo che i vertici della tv pubblica hanno vietato al telegiornale della terza rete di interrompere la trasmissione "Telecamere" per mandare in onda il video diffuso dai rapitori di Clementina Cantoni, nel quale viene mostrata la giovane italiana sequestrata in Afghanistan lo scorso 16 maggio.

"Dopo giorni di angoscia per la sorte di Clementina Cantoni, è arrivata improvvisa la notizia di un video con l'appello della volontaria italiana - si legge nella nota del Cdr - alle 12.09 il video è passato sui circuiti internazionali ma noi del Tg3 non abbiamo potuto trasmetterlo. Inutili le trattative del direttore con l'azienda. Impossibile, gli è stato risposto, interrompere la puntata registrata di Telecamere che stava andando in quel momento in onda. Solo a trasmissione finita, solo alle 12.40, Clementina può apparire in video".

I giornalisti hanno detto di essersi sentiti "ancora una volta mortificati".
"Altre televisioni hanno potuto trasmettere il video prima di noi e la Rai, che ha dei doveri verso i cittadini di questo Paese, ancora una volta è rimasta inerte - si legge ancora nel comunicato - ma di quale servizio pubblico stiamo parlando? Che cos'è per i vertici aziendali l'osservanza del contratto di servizio a cui ci dobbiamo tutti indistintamente attenere?



 ilaria ricciotti    - 05-06-2005
Come mai il comportamento di una parte del popolo italiano, sensibile e contro la guerra non è lo stesso di quello assunto nei confronti di Giuliana?
Forse sono due donne che meritano trattamenti diversi?
Comunque, a parte questa osservazione di cui ognuno risponderà alla propria coscienza, non dimentichiamoci che ci sono oltre a Clementina altri ostaggi in mano a questi criminali. Ed ancora non ci dimentichiamo che i criminali di Enzo e Calipari sono impuniti. Di Enzo addirittura non è stato ancora ritrovato il corpo.
Che nefandezze!!!!!!
Questa guerra, come le altre guerre hanno evidenziato fin dove può arrivare la meschinità, l'arroganza e la cattiveria di certi individui, ancora chiamati uomini.

 ilaria ricciotti    - 05-06-2005
Esprimo la mia piena solidarietà ai giornalisti del TG3 Rai che come sempre debbono lottare con una controparte di parte, che fa oggi più di ieri ad accettare che si trasmetta la verità. Il Tg3 è un TG con professionisti responsabili e liberi che non sono disposti ad ubbidire al padrone di turno, nè a strisciare come altri per ottenere privilegi o mantenere il loro posto di lavoro.
Sono uomini e donne con cui mi sono sempre sentita in perfetta sintonia. Sono il fiore all'occhiello di questa RAI che cerca ancora di mantenere a galla un sistema di parte voluto da pochi, ma respinto da molti.