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Alla radice culturale dei nostri mali
Scrive Curzio Maltese sull'ultimo numero del settimanale " Il Venerdì " nel pezzo intitolato " Perché Casini non salverà il Cavaliere ":

" ( ... ) E' difficile immaginare che Berlusconi se ne stia un anno fermo ad aspettare l'inevitabile sconfitta.
L'uomo è sempre stato un vulcano di idee ed è uno che ha letto " Il Principe " di Machiavelli come si consulta un manuale di successo aziendale. Qualcosa insomma si inventerà. ( ... ) "

Nell'agone del dibattito politico è sempre ricorrente il nome del grande pensatore fiorentino, tirato per la giacchetta, come suol dirsi, da tutte le confraternite politiche del bel paese.
Ne ha scritto di recente anche Paolo Sylos Labini con la sua solita insuperabile maestria, col titolo preso a prestito per questa rilettura; e la sua riflessione ad alta voce riporta in primo piano un tratto della storia del bel paese con le sue nefandezze e con quei legami tra comprimari del malaffare ai quali andrebbe sottratta almeno la memoria del grande pensatore, lasciando ad altri personaggi di condividere la compagnia della miserevole brigata.

" Caro Bettino, come ti ho accennato verbalmente, Radio Fante ha annunciato che dopo la visita a Torno, Guffanti e Cabassi, la Polizia tributaria si interesserà a me...
Ti ringrazio per quello che crederai sia giusto fare. "

( Da una lettera di Silvio Berlusconi a Bettino Craxi pubblicata nel volume " Segreti e misfatti " di Umberto Cicconi n.d.r. )

" Non è un paradosso affermare che Marx in quanto politico aveva aderito alla dottrina di Machiavelli, come Gramsci aveva ben capito e come io stesso ho cercato di dimostrare attraverso citazioni.
Marx, che pure era un mostro di erudizione, non cita mai il Segretario fiorentino; chiaramente per un suo calcolo. A tal proposito sono assai istruttive le riflessioni esposte nell'introduzione di Piero Melograni ad un'edizione del Principe da lui curata.
C'è poi un'esortazione ripetuta dai seguaci di Machiavelli, che sono pur sempre tanti e tanti: attenzione, il vero Machiavelli non è quello che il volgo ritiene che sia: cinico, amorale, acritico sostenitore del principio del fine che giustifica i mezzi.
Lo so bene e credo di aver fatto, di Machiavelli, l'unica difesa che si può fare, quella di ricondurre il suo pensiero alle condizioni storico-sociali del tempo in cui scrisse il Principe. Riconosciuto tutto questo, riconosciuto anche che Machiavelli fu un grande intellettuale, resta il problema: se si fa riferimento, non alla politica immediata ma ad un periodo lungo, erano validi ai tempi di Machiavelli i suoi consigli? E sono validi oggi?
Dico decisamente di no: "Fra lo spietato cinismo di Machiavelli e l'ingenua dabbenaggine che rovina i buoni ci sarà pure un giusto mezzo che comporta una condotta che non debba mai procurar vergogna né al singolo né al politico e che tenda a promuovere l'incivilimento, non l'imbarbarimento, della vita sociale" - lo scrive De Sanctis, che pure era ben disposto verso Machiavelli ed io concordo, mettendo nel massimo rilievo che i mezzi barbari alla resa dei conti imbarbariscono anche il fine, per quanto nobile esso sia.
Machiavelli è stato adottato dai comunisti, da molti cattolici - almeno per un periodo dai gesuiti - da conservatori come Croce.
Il suo pensiero è stato e continua ad essere usato per giustificare i nostri peggiori vizi, così come si erano andati formando al tempo delle signorie.
Tuttora Machiavelli fa scuola per i peggiori uomini politici del nostro tempo: Mussolini prima e poi Berlusconi hanno firmato prefazioni al Principe.
Non è una forzatura: tutti e due hanno avuto buon gioco ad usare l'opera per giustificare le loro malefatte.
Anche Craxi ha fatto curare un'edizione del Principe. Quella di Craxi è invece una strumentalizzazione artificiosa: non intendeva giustificare le sue malefatte, perché allora non le ammetteva neppure; intendeva criticare Gramsci, seguace di Machiavelli, per attaccare il partito comunista.
Critica il Principe perché, egli dice, non c'è una doppia morale, una privata ed una politica: la morale è una sola. La predica è bella, ma ipocrita perché, come si è visto poi, non poteva venire da quel pulpito.
È tempo di liberarci di Machiavelli e di smascherare i suoi seguaci che lo usano per giustificare le malefatte dei politici.
Se vogliamo riscattarci dall'abiezione in cui siamo caduti, dobbiamo assumere come guida morale un altro grande italiano, che per diversi aspetti è l'antitesi di Machiavelli: Carlo Cattaneo.
Certo, fra le eredità del nostro paese, bello e infelice, abbiamo un gran numero di mali: le dominazioni straniere, lo Stato pontificio, che usava la religione come instrumentum regni - in un suo libro di viaggi compiuti alla metà dell'Ottocento l'economista Senior racconta di un confessore che ad una donna che aveva un figlio di idee liberali impose di denunciarlo per ottenere l'assoluzione, la donna dopo qualche giorno capitolò ed il figlio fu arrestato e torturato. Nel Nord c'è stata, è vero, la civiltà dei comuni, col loro autogoverno, ma a causa dei conflitti non si giunse all'unificazione e la civiltà comunale sboccò nelle signorie, dove la democrazia borghese ebbe la peggio e prevalse l'autocrazia.
Ed è in questo periodo che appare il Principe. In diverse signorie fu un periodo splendido per l'arte e la scienza, ma disastroso per la vita sociale e politica, giacché finì l'autogoverno democratico.
Oggi l'Italia è un paese a civiltà limitata o, meglio, "a chiazze". Nell'epoca moderna ha avuto due periodi di lento e faticoso miglioramento: dall'Unificazione alla prima guerra mondiale, per opera di quelle minoranze d'intellettuali e di politici che avevano dato vita al Risorgimento, e poi, dopo la seconda guerra, grazie a quel nucleo forte che aveva animato la Resistenza e che poi ha dato origine alla Costituzione.
Il miglioramento è stato bruscamente interrotto ad opera del trio Gelli-Craxi-Berlusconi ed oggi l'Italia ha subito un regresso civile ed economico.
Machiavelli: gli uomini di cultura continuino pure a studiarlo, perché è certamente un "grande". Ma non dimentichino di mettere in risalto che il suo pensiero si era formato al tempo delle signorie ed era incompatibile sia con la precedente civiltà comunale, sia con la democrazia nazionale, di là da venire.
Per di più Machiavelli ha una totale sfiducia negli uomini, cosicché, per governarli, raccomanda di abbandonare ogni scrupolo.
Cattaneo, pur non facendosi illusioni sugli uomini, cerca di valorizzarne i tratti positivi, che pur ci sono; si battè per l'Unità d'Italia e propose varie riforme.
Machiavelli addita ripetutamente il pluriassassino Duca Valentino come modello e come esempio. Ma ricordiamoci che morto il padre-Papa fu deportato in Ispagna, sua terra d'origine; riuscì ad evadere e il re di Navarra, suo cugino, gli affidò un comando militare. Morì in un'imboscata: una fine ingloriosa. Del suo dominio, che si reggeva per la protezione del padre, non rimase nulla e all'Unità d'Italia dettero il loro contributo culturale e politico molto più tardi uomini come Cattaneo.
Come dobbiamo liberarci di Marx politico - la sinistra deve ancora fare i conti con lui - , così dobbiamo liberarci di Machiavelli. Non è un caso, come si usa dire, che tra i più fieri assertori della contrapposizione fra morale e politica troviamo ex comunisti passati apertamente o nascostamente nel campo berlusconiano i quali hanno assorbito di Marx solo la parte peggiore, il machiavellismo.
Oggi Berlusconi e i suoi si dibattono in gravi difficoltà. Ma l'uomo le tenterà tutte per restare abbarbicato al potere.
Una delle condizioni per uscire dall'abiezione è di riconsiderare con occhi spietatamente critici le nostre radici culturali e i nostri vizi.
Se vogliamo incamminarci di nuovo a passi sicuri sulla via dell'incivilimento dobbiamo riconoscere che morale e politica vanno tenute distinte, ma non separate e tanto meno contrapposte.
Altrimenti dal baratro non usciamo e come, dopo un intervallo, Mussolini è stato sostituito da Berlusconi, questo personaggio, dopo un altro intervallo, sarà sostituito da un suo equivalente.
( ... ) "

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