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Vivere insieme nella diversità
L'Unità - 12-05-2005
Pubblichiamo ampi stralci dell'omelia pronunciata domenica nel Duomo di Milano dal cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito della città ambrosiana da quando ha lasciato la diocesi, seconda per importanza solo a Roma in Italia, al suo successore Dionigi Tettamanzi per ritirarsi a Gerusalemme e dedicarsi agli studi biblici.

Voglio innanzitutto esprimere la mia più viva gratitudine a Sua Eminenza Reverendissima l'arcivescovo Cardinale Dionigi Tettamanzi per l'invito a celebrare, anzi addirittura a presiedere questa Eucarestia, in occasione del mio 25° di episcopato. (...) Sono lieto, sono grato che vi uniate a questo mio ringraziamento perché, come dice San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, per i favori divini ottenuti da molte persone siano rese grazie per noi da parte di molti. Molti favori divini ho ottenuto grazie alla vostra intercessione. Ora per questi molti favori divini chiedo la vostra collaborazione nella gratitudine, nel canto del Magnificat a Dio, nel ringraziamento a Dio per intercessione di Maria. Ma qual è realmente la grazia per la quale noi cantiamo oggi il Magnificat e entriamo nei sentimenti di gratitudine di Maria? Non mi par che sia semplicemente il dono dell'episcopato che rimane ancora un dono esteriore che si può anche lasciare, per così dire, arrugginire o non utilizzare ampiamente. Non è neanche la grazia per cui lodiamo Dio, il dono di questo splendido popolo ambrosiano, certo è un dono meraviglioso, da cui ho avuto tantissimo, molto più di quanto non abbia saputo dare, ma si tratta ancora sì di una grazia immensa ma ancora un po' informe. Mi pare che il ringraziamento a Dio è soprattutto per quel motivo che Paolo ricorda nel capitolo 20 degli Atti degli Apostoli, perché mi è stato dato in qualche modo con molti difetti, con molte manchevolezze, con molte fragilità, ma mi è stato dato in qualche modo di rendere testimonianza al messaggio della tenerezza di Dio. Questo è il motivo per cui ringraziamo Dio. Rendere testimonianza al messaggio della Grazia di Dio. E quando si rende questa testimonianza a Dio, a Dio soltanto, a Dio solo gloria, allora anche un granello di senape pesa quanto una montagna e anche un piccolo sforzo viene valorizzato come una grande cosa. (...) Sono dunque grato a Te o Signore Dio Padre nostro, misterioso Iddio inconoscibile e grande, immenso, eterno, infinito, perché mi hai dato la possibilità, a me povero e debole, di rendere testimonianza alla forza della tua parola. In particolare di rendere qualche testimonianza alla forza di questa parola nella Scrittura, nelle Scritture sacre dell'Antico e del Nuovo Testamento. E anche oggi per non perdere quest'abitudine, vorrei rendere grazie non in generale ma a partire dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato da queste tre letture (...).

Dunque anzitutto la prima lettura, ma di questa prima lettura io ritengo, anche per brevità, soltanto le ultime parole, là dove si dice negli Atti degli Apostoli: «Questo Gesù che è stato di tra voi assunto fino al cielo, l'ascensione, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo». E queste parole mi sanno, mi dicono molto, perché dalla mia finestra di Gerusalemme io vedo il Monte degli ulivi e intravedo il luogo tradizionale della ascensione, segnato da un piccolo minareto, e sento come di là mi risuonino dentro queste parole: Gesù tornerà a quel modo con cui l'avete visto andare in cielo. E allora mi sorge nel cuore la preghiera: vieni Signore Gesù, ritorna a visitarci Signore Gesù, noi amiamo, attendiamo la tua manifestazione. Venga il tuo regno, siano saziati la nostra fame e sete di giustizia, venga il tuo regno, si compia la tua volontà in pienezza. Cerchiamo anzitutto, come tu ci hai insegnato nel Discorso della montagna, il regno di Dio e la sua giustizia. Chiedo la grazia che questo regno venga ma non semplicemente che venga quasi impercettibilmente nella Storia, ma che venga nella sua chiusura totale e definitiva, là dove tutto sarà chiaro, tutto apparirà trasparente, là da cui dobbiamo partire, da questo luogo per saper leggere le vicende della nostra Storia. È a partire da quel momento culminante in cui la Storia sarà giudicata da Dio che noi siamo invitati a leggere la nostra piccola storia di ogni giorno. Il Signore viene, il Signore verrà per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Si dice giustamente che nel mondo c'è molto relativismo, che tutte le cose sono prese come se valessero un po' tutte le altre, ma c'è anche un relativismo cristiano che è il leggere tutte le cose relative a questo momento nel quale tutta la Storia sarà palesemente giudicata. E allora appariranno le opere degli uomini nel loro vero valore, il Signore sarà giudice dei cuori, ciascuno avrà la sua lode da Dio, non saremo più soltanto in ascolto degli applausi o dei fischi, delle approvazioni o delle disapprovazioni, ma sarà il Signore a darci il criterio ultimo definitivo delle cose. Si compirà il giudizio sulla Storia, si vedrà chi aveva ragione, molte cose si chiariranno, si illumineranno, si pacificheranno, anche per coloro che in questa Storia ancora soffrono, ancora sono avvolti nell'oscurità, ancora non capiscono il senso di ciò che sta loro avvenendo. Il Signore verrà e io lo vedo ogni mattina perché il sole sorge proprio dal monte degli ulivi, e col sorgere del sole sento la certezza del venire del Signore per giudicare fino in fondo la nostra vita e per renderla trasparente e luminosa, oppure per purificarla e rimproverarla, là dove essa merita rimprovero. Questo è dunque l'ammonimento che ricavo dalla prima lettura. Tutta la Storia sarà giudicata da Dio. La Storia non è un processo infinito che si avvolge su se stesso senza senso e senza sbocco, ma è un qualche cosa che Dio stesso raccoglierà, giudicherà, peserà con la bilancia del suo amore e della sua misericordia ma anche della sua giustizia. E per questo noi abbiamo bisogno in questa Storia del dono del discernimento per prevenire in qualche modo, per sintonizzarci con questo giudizio di Dio sulla Storia umana, sulla storia delle vicende che si svolgono attorno a noi e soprattutto sulle vicende che si svolgono nel nostro cuore.

E quindi qui nella seconda lettura compare questo dono del discernimento che io tanto spesso ho chiesto per me e per voi in tutti questi anni, pregando il Dio del Signore nostro Gesù Cristo che vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per runa più profonda conoscenza di Lui.

Certo è bello vedere, aver visto come ho viso io un mese fa, le folle, milioni di persone rendere testimonianza alla salma di Giovanni Paolo II, aspettare magari 10 ore per poter vedere per mezzo minuto quest'uomo che è stato giustamente esaltato nella sua morte come padre spirituale dell'umanità. Come guida spirituale del mondo intero. In un mondo globalizzato ci voleva un padre spirituale che dicesse parole capaci di commuovere tutti, parole di giustizia, di verità, di pace, contro la guerra, contro le violenze e la gente lo ha riconosciuto ed è stato bello vedere questa testimonianza, ma pensavo guardando la gente che sfilava davanti alla salma di Giovanni Paoli II, a poco varrebbe venerare un padre spirituale dell'umanità, se Dio pio non parlasse nell'intimo di ciascun cuore, indicando a ciascuno di noi qual è il nostro compito, la nostra vocazione, ciò che dobbiamo fare, ciò che si chiede a ciascuno di noi e non ad un altro. Non bastano le parole generiche, non bastano le esortazioni valide per tutti, Dio stesso vuole entrare in comunione immediata con ogni creatura umana per guidarla attraverso la scoperta della sua missione e della sua vocazione. Per questo ho tanto pregato per voi dicendo: possa tu o Signore illuminare gli occhi della nostra mente per farci conoscere a quale speranza ci hai chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la tua eredità fra i santi, qual è la straordinaria grandezza della tua potenza verso di noi credenti, e come vuoi che noi giorno dopo giorno, ora dopo ora la viviamo e la mettiamo in pratica perché è la nostra vocazione irrevocabile inseparabile, non cedibile ad altri, quella che il Signore aspetta da ciascuno di noi e ciascuno di noi può dare al Signore grandi cose, perché come ho già ricordato, grandi cose fa in noi l'onnipotente.

Dunque ho chiesto per voi e per me questo dono di discernimento e per questo ho tanto insistito in questi anni sulla Lectio divina, cioè sulla lettura orante della scrittura, perché è proprio mediante la Lectio divina la lettura orante delle pagine bibliche che noi veniamo a comprendere ciò che Dio vuole da noi, che noi ascoltiamo quella parola che, come diceva Giovanni Paolo II nella Novo millennio in eunte, plasma, illumina interiormente e forma la coscienza del singolo Cristiano. Abbiamo bisogno di credere come comunità cristiana, ma anche di credere fortemente come singoli chiamati illuminati, toccati immediatamente dalla voce di Dio, dalla grazia di Dio, dalla parola misteriosa di Dio, e per questo la lettura orante dei Libri sacri è un aiuto indispensabile per potersi orientare nelle vicende di questo mondo e soprattutto nelle vicende della nostra personalità, del nostro cammino individuale.

E vengo ora alla pagina evangelica, nella quale mi limito a commentare il comando di Gesù: «Ammaestrate tutte le nazioni», forse questo verbo va tradotto con «fate discepoli tutte le nazioni, immergendole nella potenza di Dio ma esteriormente insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato». E questo «tutto ciò che vi ho comandato» in Matteo è, lo sappiamo bene il Discorso della montagna, i capitoli 5,6 e 7, questo è ciò che Gesù ha comandato. Oppure ancora Matteo 25: «Lo avete fatto a me quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli». È questo che dobbiamo insegnare a osservare ed è molto importante questo discorso oggi, perché ci troviamo di fronte, io lo sento vivendo in un luogo particolarmente sofferto, dove vengono al pettine i nodi dell' umanità, Gerusalemme in Medio Oriente, abbiamo tutti un'immenso bisogno di imparare a vivere insieme come diversi, rispettandoci, non distruggendoci a vicenda, non ghettizzandoci, non disprezzandoci e neanche soltanto tollerandoci, perché sarebbe troppo poco la tolleranza, ma neanche direi tentando subito la conversione, perché questa parola in certe situazioni e popoli suscita muri invalicabili. E allora che cosa? Fermentandoci a vicenda in maniera che ciascuno sia portato a raggiungere più profondamente la propria autenticità, la propria verità di fronte al mistero di Dio. E per questo non c'è mezzo più concreto, più accessibile che non le parole di Gesù nel discorso della Montagna, parole che nessuno può rifiutare perché ci parlano di gioia, di beatitudine, ci parlano di perdono, ci parlano di lealtà, ci parlano di rifiuto dell'ambizione, ci parlano di moderazione del desiderio di guadagno, ci parlano di coerenza nel nostro agire, di sincerità.

Ora queste parole che pure sono dette con la forza di Gesù, toccano ogni cuore, ogni religione, ogni credenza, ogni non credenza, nessuno può dire queste parole non sono per me. La sincerità non è per me, la lealtà non è per me, il lottare contro la prevaricazione sui beni di questo mondo non è per me. È quindi un discorso per tutti, un discorso che accomuna tutti, un discorso che richiama tutti alle proprie autenticità profonde ed è quel discorso che ci permetterà di vivere insieme da diversi rispettandoci, non ghettizzandoci, non distruggendoci neanche tenendo le dovute distanze ma fermentandoci a vicenda con questi atteggiamenti con cui Gesù conclude il suo insegnamento nel Vangelo secondo Matteo.

E allora se faremo così tutti gli uomini si riconosceranno in questi valori, si sentiranno più vicini, più compagni e compagne di cammino, sentiranno di avere in comune delle cose profonde e vere, delle cose che forse non avrebbero saputo scoprire senza questa parola di Gesù, ma che questa parola ha loro rivelato e allora al di là anche di differenze etniche, sociali, addirittura religiose e confessionali, l'umanità troverà una sua umanità, una sua capacità di vivere insieme, una sua capacità di crescere nella pace, di vincere la violenza, di vincere il terrorismo, di superare le diffidenze reciproche. Sarà allora pienamente manifesto il messaggio della grazia di Dio, quel messaggio che è stato dato a San Paolo di portare alle sue comunità e di cui anch'io sono stato fatto partecipe dell'ordinazione di 25 anni fa. Sarà vicino, più vicino il ritorno del Signore, sarà più vicina la difesa della celeste Gerusalemme, sarà possibile gridare benedetto il nostro Dio.
Egli è colui che viene, Egli è colui che ci salva.

Carlo Maria Martini
domenica 8 maggio 2005
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 da Eguaglianza e libertà    - 14-05-2005
Riceviamo e pubblichiamo (Red)

E se fosse più laico Carlo Maria Martini, ex arcivescovo di Milano, di quasi tutti i nostri intellettuali? Di questi tempi, tra la morte di Wojtyla, l'intemerata di Ratzinger contro il relativismo e il referendum sulla fecondazione assistita, gli interventi, le riflessioni e le prese di posizione sui problemi dell'etica e dei valori si sono sprecati. Offrendo, mediamente, un panorama desolante. A destra e a sinistra.

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