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Informazione sotto attacco
Reporter Associati - 02-05-2005
Roma, 29 Aprile 2005. L'Osservatorio ha ricevuto con grande preoccupazione informazioni a proposito di presunti atti persecutori contro l'educatore italiano Cristiano Morsolin, coordinatore dell'Osservatorio Indipendente sulla Regione Andina "Selvas.org", che si occupa di progetti sociali orientati alla difesa dei diritti umani in America Latina e, più specificatamente in Colombia, dal dicembre 2004.

Le minacce e le persecuzioni contro Cristiano Morsolin sono aumentate dopo le denuncie da lui effettaute a seguito del massacro perpetrato nella Comunidad de Paz di San José de Apartadó lo scorso 21 febbraio (si veda "Appello Urgente" dell'Osservatorio COL 002/0205/OBS 017) In base alle informazioni, il 7 aprile 2005, Cristiano Morsolin ha ricevuto un messaggio contenente minacce in cui lo si informa che i paramilitari "stanno cercando un giornalista italiano."

In questo messaggio si fa riferimento anche al fatto che il governo colombiano e l'esercito non si conformano alle reazioni internazionali suscitate dalla diffusione al di fuori della Colombia degli articoli di Cristiano Morsolin sul massacro. Inoltre, l'8 aprile verso le 8 di mattina, un uomo, apparentemente un contadino, è rimasto poco più di un'ora di fronte all'abitazione di Morsolin.

Per tale ragioni Cristiano Morsolin ha dovuto cambiare casa e dopo la sua partenza, la stessa è stata messa sotto controllo permanente da persone non identificate; e durante lo stesso periodo è stata notata la presenza di uomini armati nelle vie circostanti. Secondo le informazioni, l'11 aprile 2005, una Chevrolet bianca senza targa, con la luce accesa e una persona all'interno, è rimasta davanti agli uffici di CENSAT-Agua Viva (organizzazione ambientalista con la quale collabora Cristiano Morsolin e appartenente alla rete internazionale "Friends of the Earth International/ Amici della Terra Internazionale") a Bogotà, dalle 14 alle 19.15, quando Morsolin è uscito.

La stessa macchina è stata vista ancora nei pressi degli uffici del CENSAT il 15 e il 21 aprile, rispettivamente verso l'una e mezza e le 9 del mattino. Sempre secondo le informazioni in possesso, Cristiano Morsolin ha iniziato a lavorare sulla situazione dei diritti umani in Colombia nel dicembre 2004 in collaborazione con la "Piattaforma colombiana per i diritti umani, la democrazia e lo sviluppo", per realizzare un rapporto dal titolo "Rielezione: la Stegoneria Continua" riferendosi al secondo anno di governo del Presidente Uribe.

Dal marzo 2005, Cristiano Morsolin vive a Bogotà, e ha documentato la mobilitazione della società civile italiana e del Parlamento Europeo, sul massacro avvenuto nella comunità di San José de Apartadó. Cristiano Morsolin è insieme alla difenditrice dei diritti umani Gloria Cuartas, ex sindaco di San José de Apartado e segretaria generale del gruppo politico: "Fronte sociale e politico", che ha denunciato pubblicamente la responsabilità dell'esercito colombiano nel massacro anch'essa attualmente oggetto di minacce e persecuzioni.

In base alle informazioni, per gli stessi motivi di denuncia del summenzionato massacro ha subito minacce anche Padre Javier Giraldo, membro delle Comunità di Pace di San José de Apartadó e autore della relazione "Debito con l'Umanità. Paramilitarismo di Stato: 1988-2003". Padre Giraldo è stato anche direttore della Banca Dati sui diritti umani e la violenza poliltica in Colombia, che pubblica il rapporto "Notte e Nebbia" (pubblicazione trimestrale creata nel luglio 1996 per la diffusione delle informazioni raccolte e sistematizzate dalla Banca Dati sulla Violenza Politica, sotto la responsabilità congiunta del Centro di Ricerche ed Educazione Popolare (CINEP) e la Commissione di Giustizia e Pace).

L'Osservatorio è seriamente preoccupato per l'integrità fisica e psicologica di Cristiano Morsolin, così come per quella di Gloria Cuartas e di Padre Javier Giraldo e ricorda l'obbligo dello stato colombiano di garantire "la protezione, da parte delle autorità competenti, di chiunque, individualmente ed in associazione con altri, contro violenze, minacce, ritorsioni, discriminazione vessatorie di fatto o di diritto, pressioni o altre azioni arbitrarie conseguenti al legittimo esercizio dei diritti" menzionati nella [Dichiarazione sui difensori dei Diritti Umani]" (Art. 12.2).

[Il sito web di "Selvas" dove scrive Cristiano, per esprimere tutta la nostra solidarietà e vicinanza. Cui va aggiunta la solidarietà della redazione dei corrispondenti e dei collaboratori di Reporter Associati].

(Grazie per la segnalazione ai colleghi di "Lettera22")
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 Fuoriregistro    - 01-05-2005
Alla solidarietà della redazione di Reporter Associati si aggiunge la nostra.

 da Reporter Associati    - 04-05-2005
La notizia: la Casa delle Libertà è riuscita a far collocare l'Italia fra i Paesi "parzialmente liberi" per quanto riguarda la libertà di stampa. L'associazione statunitense Freedom House, una delle più autorevoli al mondo nella difesa dei diritti umani, fondata nel 1945 da Eleanor Roosvelt, ha appena pubblicato il suo rapporto sulla libertà di stampa nel mondo. Il rapporto punta il dito sulla Russia e su gran parte degli ex paesi socialisti collocandoli nella categoriadei paesi non liberi. Ma se si cerca l'Italia, nella classifica della libertà di stampa, bisogna scorrere un terzo del rapporto e arrivare fino alla tabella 77.
Quella dove, finiti i Paesi "free", inizia l'elenco di quelli "partly free". Dopo Bolivia e Bulgaria, si trova finalmente il nostro paese, seguito a ruota dalla Mongolia.
Dopo aver appena ascoltato il presidente del Consiglio che alla Camera e al Senato ha appena spiegato di aver eletto il presidente della Commissione Europea, aver dispensato consigli ai grandi della terra, indirizzato la politica economica comunitaria e aver portato il benessere al nostro grande paese, come dimostrano le vendite di telefonini, automobili e l'aumento delle rendite immobiliari oltre allo strapotere delle opposizioni nel controllo dei media, questo stato di classifica in compagnia dei derelitti della terra e dei principi liberali, ci arriva come uno schiaffo.
In particolare a chi, come noi di Informazione senza frontiere, dedica il proprio impegno a mobilitare colleghi dei paesi arabi o dell'est europeo sul fronte della libertà di informazione e pubblica alert internazionali e rapporti che denunciano le violazioni in atto in tutto il mondo. Potremo avere ancora credibilità sul fronte internazionale dopo la pubblicazione di questa vergognosa classifica? Per questo non possiamo farla passare inosservata ed è anzi nostro precipuo dovere denunciarla prima di tutto di fronte agli italiani.
Potremmo chiedere a un collega iracheno, algerino, iraniano o russo di rischiare la vita in difesa del sacrosanto principio della libertà d'espressione se non potessimo dimostrare di fare lo stesso in uno stato democratico?

Il rapporto di Freedom House riprende l'allarme lanciato lo scorso anno dai giornalisti del Corriere della Sera per interferenze politiche sulla linea editoriale del giornale. Si racconta che il "media magnate" Silvio Berlusconi, che dal 2001 è Primo ministro, controlla otto giornali nazionali e sei dei sette network televisivi italiani, i tre di Mediaset e i tre canali di Stato della Rai. Si cita anche il rapporto dell'Osservatorio di Pavia secondo il quale, nel mese di febbraio, le presenze televisive di Berlusconi ammontano al 42 per cento del totale di quelle dei politici. Si giudica anche che la norma che doveva risolvere il conflitto di interessi fra il businnes privato e il ruolo di primo ministro, si sia risolta in un "little impact on Berlusconi's media empire".
Per quanto riguarda la legge Gasparri, il giudizio di Freedom House è che "renforces Berlusconi 's power over the media". Si conclude ricordando la sentenza della Corte Costituzionale del 2002 che imponeva il trasferimento su satellite di Retequattro nel febbraio del 2004, trasferimento, osserva il rapporto, che avrebbe comportato una considerevole perdita di valore per il canale.
Nel rapporto si parla anche della cacciata di Lucia Annunziata e Lilli Gruber dalla Rai. Si può dunque dire che, Oltreoceano, è giunta l'essenza della "questione italiana", impasto greve di impero mediatico, conflitto di interessi politico- istituzionale, e praticata con clamorosi colpi di mano legislativi e banali epurazioni di professionisti non graditi. Che fare, ora, per reagire a quel pesante senso di vergogna che il rapporto di Freedom House ci produce? L'elenco delle proteste formali, delle denunce, delle iniziative persino di piazza su questi temi è ormai completo. Certo è che in una democrazia compiuta l'apparato istituzionale prevede un bilanciamento di poteri che funziona da antidoto a certe derive di predominio individuale sull'interesse collettivo.
Il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale, le varie Autorità interessate sia al mondo della comunicazione che a quello della libera concorrenza hanno strumenti e indipendenza tali da poter intervenire. Ma possiamo dire che, oggettivamente, finora non lo hanno fatto e il "Berlusconi's media empire" si allarga e si rafforza incontrollato. Anzi, la lettera con la quale il coordinatore di Forza Italia Bondi ha replicato all'editoriale del Corriere della Sera sull'indipendenza della magistratura ha un tono talmente minaccioso da far temere una prossima recrudescenza della pressione politica delle forze di governo sui media, già denunciata da Freedom House.
Sul processo di rinnovo del consiglio di amministrazione della Rai, peraltro dettato dalla legge Gasparri, quello che si tenda a congelarlo di fatto, impedendo la convergenza su vertici bipartisan, appare più di un sospetto. C'è un ultimo strumento democratico a cui spetterebbe l'ultima parola per invertire questo Stato di "partly freedom" in cui viene ormai classificato il nostro paese: il Parlamento.
Non c'è dubbio che è all'organismo rappresentativo su cui si fonda la legittimità della nostra Repubblica che spetta il compito di garantire l'effettivo rispetto dei diritti costituzionali e la correttezza democratica della nostra società. Abbiamo sentito dire in questa crisi di governo che non c'è nessuna monarchia tra i soggetti che lo compongono. Eppure nessuno, nemmeno fra i più critici della Casa delle Libertà, ha mai fatto accenno a questi temi che minano la credibilità stessa della nostra Repubblica ormai a livello internazionale.
In un capitolo introduttivo del Rapporto sulla Libertà nel Mondo di Freedom House si citano le riflessioni del sociologo Fareed Zakaria sulla democrazia senza libertà. Si riflette, tra l'altro, sulla contraddizione che si determina in alcuni Paesi tra l'esercizio formalmente libero di elezioni democratiche e il sostanziale controllo dei mezzi di informazione da parte di chi detiene il potere, che di fatto ne limitano molto gli effetti. "La democrazia è in pieno rigoglio, il liberalismo no", osserva Zakaria guardando agli ex paesi socialisti.
Forse qualcuno dovrebbe cominciare a preoccuparsi anche qui.

Stefano Marcelli (Segretario generale di "Informazione Senza Frontiere")

Il rapporto è consultabile (in inglese) al sito web: www.freedomhouse.org/research/pressurvey.htm

 da Centomovimenti    - 04-05-2005
Libertà d'informazione: Italia bocciata da Rsf e Freedom House

Reporters Sans Frontiers ha pubblicato l'annuale rapporto relativo alla Libertà di stampa nel mondo, bocciando nuovamente l'Italia. L'associazione ha puntato il dito in modo particolare contro Silvio Berlusconi, giudicando il suo conflitto di interessi un "caso unico nel continente europeo".
"Il conflitto d'interessi del primo ministro italiano - si può leggere nel rapporto - continua a minacciare l'indipendenza dei media".

Rsf ha inoltre chiesto di eliminare al più presto le norme che prevedono la reclusione per i reati di diffamazione a mezzo stampa ed ha bacchettato quei Magistrati che cercano di far rivelare ai giornalisti le proprie fonti.

Sempre a proposito di libertà di informazione, solo pochi giorni fa è stato pubblicato anche il rapporto della Freedom House. L'associazione statunitense ci è andata ancora più pesante, collocando il nostro Paese tra le nazioni "parzialmente libere".
Il rapporto ha posto l'accento sul fatto che in Italia il capo del Governo controlla direttamente otto giornali nazionali e sei televisioni su sette. Televisioni dove, dati alla mano, il presidente del Consiglio gode di uno spazio superiore rispetto a tutti gli altri politici. Freedom House ha giudicato assolutamente inefficacie la legge sul conflitto d'interessi varata diversi mesi fa dal Parlamento.

Per leggere il rapporto integrale relativo all'Italia: in francese

in inglese

in spagnolo