In termini di legalità
Anna Pizzuti - 18-03-2005
L’intervento di Dedalus pone, secondo me, due ordini di problemi. Il primo - di natura squisitamente politica e, quindi, anche strategica - riguarda il contrasto che intendiamo - ancora - porre in atto e sostenere, sia contro la parte di riforma già a rischio di “sedimentazione”, sia rispetto a quella “in gestazione". Il secondo, direttamente collegato al primo, riguarda la valutazione di sistema, e la funzione dell’Invalsi.

"E’ il caso forse di ricordare che esistono ambiti di competenza ben distinti, che esiste una gerarchia delle norme legislative e che il rispetto della norma, in uno Stato di diritto e in una democrazia è questione essenziale" ammonisce Dedalus, mettendoci di fronte al problema della "legalità", secondo uno schema di pensiero che da sempre ha attraversato le lotte e la definizione delle loro forme. Un problema enorme, che, naturalmente, terrò all'ambito del discorso che sto sviluppando.
Un problema che chiama in gioco, insieme al: “ questo si può fare, questo no ”, il tema, il ruolo, gli spazi dell'autonomia.

Dedalus sicuramente sa quanto il punto dell'autonomia sia stato dolente, in questi anni, quanto dirimente e quanto abbia agito da elemento di divisione all'interno della categoria. Sa anche che un suo uso non meramente "di norma" , ha consentito una resistenza che è riuscita a coinvolgere, facendoli sentire soggetti veri e portatori di idee, oltre che difensori dell'esistente, anche i tantissimi che alla scuola avevano molto delegato. E conosce anche, sicuramente, il rischio che una chiusura sulla "norma" lasci soli quelli che, nella scuola, stanno cercando ancora ed ancora - nonostante quella che all'inizio ho chiamato "sedimentazione" della riforma, nel corpo molle della categoria che un po' brontola, un po' si adegua, un po' fa finta di nulla - di mantenere alto il livello di difesa. E lo stanno facendo, si badi bene, non solo in attesa che arrivi il cambio di maggioranza, ma per fare in modo che l'eventuale nuovo governo abbia il compito facilitato, non possa considerare ormai "norma" la riforma ed - in base all'estremizzazione del ragionamento dello stesso Dedalus - per eccesso di legalità ritenersi quasi costretti a non abrogarla.
Stiamo lavorando per voi, verrebbe da dire, ma con una certa preoccupazione, ed anche questo Dedalus dovrebbe saperlo.

Se un collegio dei docenti ritiene giusto, con una delibera, con un documento, con una presa di posizione, continuare ad opporsi non solo ai punti generali della riforma, ma alle singole schegge delle quali magari prende coscienza solo nel momento in cui gli arrivano sulla pelle, preoccuparsi di "questo si può fare, questo no" come fanno anche Gandola e Niccoli, mi sembra un grave errore, politico e strategico. Il fatto che, addirittura, si arrivi a pensare che queste espressioni di dissenso, mettendosi fuori dalla "norma" equivalgano alle violazioni, alle illegalità che la maggioranza, occupando in modo improprio lo spazio della democrazia, va compiendo da anni, mi sembra, questo sì, veramente fuori di norma. E, francamente, preoccupante.

"Nel caso delle prove Invalsi si assiste invece ad una opposizione preconcetta, largamente infondata. In questo caso infatti le norme parlano chiaro: il DPR 275/99 prevede “la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità del servizio” quale atto di competenza del ministero al quale demanda modalità e tempi. La legge di riforma 53/2003, all’art.3 comma b prevede che “ai fini del progressivo miglioramento e dell'armonizzazione della qualità del sistema di istruzione e di formazione, l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative; in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le funzioni e la struttura del predetto Istituto”. Il Miur riordina il preesistente servizio, l’Invalsi (D.Lgs. n.286/2004) che a sua volta aveva preso il posto del Cede nel 1999 e che a questo scopo era stato istituito, avendo fra i propri compiti ”priorità strategiche cui dovrà attenersi” la valutazione degli apprendimenti (Direttiva n.56/2004). "

I motivi per i quali, a mio avviso, l'opposizione all'Invalsi o Sistema nazionale di valutazione si inquadra perfettamente nell'insieme di tutte le forme di legittima opposizione alla riforma, sono ravvisabili proprio nei passaggi normativi che Dedalus sottolinea.
"Il DPR 275/99 prevede “la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità del servizio" quale atto di competenza del ministero al quale demanda modalità e tempi (...) La legge di riforma 53/2003 prevede che l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche e sistematiche (...); in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le funzioni e la struttura del predetto Istituto” Il Miur riordina il preesistente servizio, l’Invalsi (D.Lgs. n.286/2004) che a sua volta aveva preso il posto del Cede"

E' sicuro, Dedalus, che l'attuale Sistema di valutazione nazionale fosse proprio lo stesso previsto dal dpr 275? E, se lo è, allora perchè c'è stato bisogno di modificarlo e di ri/decretarlo? E ancora: si rende conto, Dedalus, che se è "questione essenziale" rispettare, in quanto norma il decreto che istituisce il Sistema nazionale di valutazione, diventa "questione essenziale" accettare anche la legge 53/2003, dalla quale questo decreto discende?

Una discendenza ed un collegamento che sono strettissimi, se, nel documento intitolato: "Costruzione delle prove e somministrazione cartacea" - Attività di valutazione del sistema di istruzione a. s. 2004- 2005" della prof.ssa Anna Maria Caputo leggiamo che i livelli scolastici ed il periodo di somministrazione per il I ciclo, sono quelli "contenuti nella Riforma (D. lgs. N. 59 2004) (fissi, inizio I, II e III biennio) " e che, tra i criteri per la costruzione delle prove c'è anche "l' individuazione di un numero limitato di conoscenze ed abilità ritenute irrinunciabili (essenziali), acquisite nel biennio precedente, tenendo conto delle indicazioni nazionali, degli OSA (I ciclo) e dei “programmi” effettivamente e generalmente sviluppati".

Si può notare solo di passaggio il riferimento l'assestamento dei periodi e dei criteri di costruzione delle prove su una "riforma" che è in vigore da poco più di mezzo anno scolastico e far finta di non notare, invece, le virgolette che evidenziano (per ironizzare?) il riferimento ai programmi; ciò che però non è possibile non ricordare è che il decreto 59 è stato denunciato per incostituzionalità, all'atto della sua emanazione. O sbaglio?

La denuncia, è vero, partiva soprattutto dall'istituzione della figura del tutor, ma basta, mi chiedo, incentrare tutta la critica su questo punto, per quanto importante e determinante, dimenticando o sottovalutando il resto?

"L'invalsi fa il suo mestiere", scrive Dedalus. Ma se questo "mestiere" è un puntello forte alla riforma, a quella riforma che il segretario della FLC Cgilscuola dichiara che deve essere abrogata, il senso del rifiuto appare del tutto evidente.

Un rifiuto che non è assolutamente "aprioristico", e per comprenderlo rimando ad una lettura molto più attenta e non "aprioristica" di quello che scrive Claudia Fanti con le cui valutazioni e proposte sono perfettamente d'accordo.


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