breve di cronaca
Autonomia e parità: che pensano i docenti?
Corriere della Sera - 10-03-2005
Il verdetto dei docenti: promossa l’autonomia, bocciata la parità

La Fondazione Agnelli: tutti d’accordo sulla libertà didattica, statali e non divisi sulle private

TORINO - Promossa l’autonomia, bocciata - per ignoranza - la parità: è il «verdetto» dello studio presentato ieri a Torino al convegno «Quando gli insegnanti guardano la scuola: autonomia e parità», nel programma Persone, Generazioni, Sviluppo della Fondazione Giovanni Agnelli. Una ricerca cofinanziata dal Miur e gestita da un pool di docenti universitari, che nel 2002 ha interpellato 1.125 docenti di istituti statali e non, dalle primarie alle superiori, in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Calabria.
Lo scopo, spiega Luisa Ribolzi, sociologa dell’educazione a Genova e responsabile del progetto, era «verificare alcune ipotesi sui mutamenti della scuola, capire come chi ci lavora reagisce a un clima di incertezza prolungata». Sotto osservazione è finito così il rapporto dei docenti con autonomia e parità: l’informazione sull’argomento, la sua «lettura» complessiva, il vissuto personale. E se stupisce - in positivo - che per la maggioranza degli insegnanti l’autonomia sia più un’opportunità che un rischio (ma l’87% degli statali e il 73% dei non statali temono che, senza fondi, resti un’astrazione), il dato sconfortante è un altro: un terzo dei docenti nelle statali (e un quarto nelle non statali) non sa dire quali requisiti servano per ottenere la parità. Il giudizio è quindi molto più «partigiano»: se gli statali credono che la parità crei più problemi di quanti ne risolva (53%, contro il 4% dei non statali), chi lavora nelle paritarie è convinto (60%) che la concorrenza stimoli la scuola italiana a migliorarsi. Insomma, parità promossa da chi la vive, e «bocciata» da chi la osserva da fuori. Una ricerca «sul campo» che è anche un allarme per il futuro, perché «nessuna riforma - commenta Marco Demarie, direttore della Fondazione - potrà realizzarsi se non verrà recepita e condivisa dai docenti». «La mancanza di partecipazione degli insegnanti, più che la mancanza di soldi - conclude la Ribolzi - è il vero snodo critico della riforma in atto».

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