breve di cronaca
Rifondare la scuola?
Fuoriregistro - 04-03-2005
Da ieri 2005 il Partito della Rifondazione Comunista è riunito a Venezia per il suo VI CONGRESSO NAZIONALE.
In linea sono consultabili le mozioni e i documenti preparatori.

A partire dall'orizzonte di fondo che Bertinotti traccia, prospettando e programmando un cambiamento possibile delle politiche economiche e sociali, proponiamo la lettura di alcuni stralci sul tema della scuola.
Pur provenienti da anime diverse, mantengono fede ai principi comuni di democrazia, laicità, diritti da rispettare, che ci auguriamo illuminino il nostro futuro di insegnanti, studenti e cittadini. [Red]



MOZIONE 1
(primo firmatario: Fausto Bertinotti)
L’ALTERNATIVA DI SOCIETA'

... Si è aperta una fase di assoluta instabilità. La politica è attraversata da due tendenze opposte: una sua possibile rinascita o la sua eclissi. La democrazia vive una crisi profonda, nella quale può essere cancellata la stessa nozione di sovranità popolare. Possiamo avere davanti a noi un futuro senza democrazia. La fase politica continua ad essere caratterizzata, nel mondo, in Europa, in Italia, da questa crisi aperta a tutte e due gli esiti. Le medesime elezioni europee hanno mostrato, accanto a una crescita dell’opposizione ai governi, il manifestarsi di un malessere profondo e una sfiducia nei sistemi politici. Questa crisi non investe solo le istituzioni ma coinvolge anche le masse, attraversate contemporaneamente da istanze di riappropriazione della politica e da pulsioni verso una fuoriuscita da essa, una sorta di esodo da una politica a sua volta separatasi dalla vita quotidiana….

... La costruzione della democrazia partecipata non è solo una questione di metodo, essa, è il primo contenuto di un programma riformatore. L’autonomia dei soggetti critici o socialmente attivi non è più solo una prerogativa di tutela dei movimenti e delle organizzazioni sociali dalla loro alienazione, essa è oggi diventata il possibile motore dell’intero processo riformatore e perciò deve diventare un fondamentale punto programmatico dell’alternativa di governo. Questa è la prima riforma necessaria: quella della politica e della stessa concezione del governo...

... Un programma di governo deve, in questa fase, avere come caratteristica fondamentale quella di rappresentare una rottura di continuità con le politiche del governo Berlusconi, di costituirne un’alternativa reale e di aprire una strada nella quale l’autonomia dei movimenti e del conflitto di classe possa conquistare nuovi spazi di trasformazione della società.
Tre sono le linee guida attorno a cui organizzare un programma di alternativa, che già dal suo avvio deve trasmettere al Paese un messaggio univoco e una sollecitazione alla mobilitazione di tutte le energie riformatrici. La prima è la collocazione internazionale del paese per la pace contro la guerra e il terrore, a partire dall’impegno per il ritiro delle truppe italiane, per fermare la guerra in Iraq e per costruire un’Europa di pace nel mondo e di cooperazione tra nord e sud e di dialogo tra le religioni e le civiltà. In secondo luogo, in Italia le politiche del governo Berlusconi e la crisi nella coesione sociale che hanno prodotto, sono un ostacolo impedente il cambiamento e l’avvio di un nuovo corso. L’azione di bonifica sul terreno civile, economico e sociale è perciò un impegno ineludibile. L’abrogazione della legge 30, della legge Bossi-Fini, della legge Moratti da un lato e di quella della fecondazione assistita dall’altro, danno chiaramente il senso della necessità e della forza di questa operazione politica. Ma la qualificazione di un programma che voglia avere l’ambizione di dar corpo alle aspettative di cambiamento che sono maturate nella società avviene sul terreno del nuovo assetto da dare al Paese affinché possa progettare il suo futuro. Sono le grandi riforme di rottura col ciclo neoliberista, le riforme che aprono la strada ad un’innovazione del modello generale di organizzazione della società. Esse possono essere individuate attorno a quattro grandi assi: la valorizzazione del lavoro e una redistribuzione del reddito a favore del salario, degli stipendi e delle pensioni, l’introduzione di un salario sociale e una politica di attacco alla rendita; la conquista, la qualificazione e l’estensione di diritti individuali e collettivi tali da configurare una nuova cittadinanza sociale universale, il rispetto della persona e un sistema di garanzia e di tutela per tutte e tutti; la costituzione di beni comuni da sottrarre alla logica del Mercato mediante la valorizzazione pubblica dell’ambiente, del territorio e della cultura; la costituzione di un nuovo intervento pubblico nell’economia dalla programmazione all’organizzazione di fattori per l’innovazione del modello economico e sociale...


MOZIONE 2
(primo firmatario: Claudio Grassi)
ESSERE COMUNISTI

TESI 10 GIOVANI, SCUOLA E LAVORO

In questo quadro di regressione economica e sociale, la questione giovanile non è una semplice questione generazionale.
Essere giovani oggi in Italia significa trovarsi in una condizione di particolare esposizione all’attacco delle politiche neoliberiste, che producono incertezza, precarietà, mercificazione di tutti gli aspetti della vita dei giovani. Per questo, all’interno dei movimenti, i giovani, esprimendo il totale rifiuto dei guasti prodotti dal neoliberismo, sono portatori di una critica radicale nei confronti di un modello di società oggettivamente intollerabile.
È il caso degli studenti (che subiscono i contraccolpi della violenta offensiva scatenata dal governo contro la scuola pubblica e l’Università) e soprattutto dei lavoratori – in particolare, dei precari – la cui spinta rivendicativa ha già trovato importanti momenti di visibilità come in occasione degli scioperi degli autoferrotranvieri, del “May Day”, organizzato lo scorso primo maggio a Milano, e della manifestazione del 6 novembre scorso a Roma. Per questo occorre muoversi su due terreni, strettamente connessi tra loro.
Da un lato è necessario restituire centralità ai conflitti del lavoro: l’obiettivo dev’essere quello di unire le vecchie e le nuove forme di sfruttamento in una battaglia contro la precarietà e il lavoro nero e per l’occupazione giovanile, stabile e qualificata, urgente soprattutto nel Mezzogiorno. Dall’altro lato, occorre suscitare una iniziativa di massa in difesa del diritto allo studio, impegnandosi per una riforma che restituisca la scuola alla sua autentica funzione sociale e battendosi contro la scuola della selezione di classe e contro la devastazione dell’Università pubblica. La mobilitazione per il diritto allo studio è, in sé, critica della precarietà e pone contemporaneamente le basi per un impegnativo intervento dei comunisti e della sinistra sul terreno della formazione e dei saperi.
Abbiamo il compito di aprire con urgenza una nuova stagione di conflitto che metta al centro la lotta alla precarietà del lavoro e dell’istruzione. Ciò diviene possibile nella misura in cui il Partito, tramite le sue strutture di base e insieme ai Giovani comunisti, è in grado di rapportarsi al crescente disagio giovanile, materiale e morale, sviluppando, a partire da esso, una forte iniziativa politica contro il neoliberismo.


MOZIONE 3
(primo firmatario: Marco Ferrando)
PER UN PROGETTO COMUNISTA

L’Alleanza col Centro dell’Ulivo non solo comporta il sacrificio delle ragioni dei lavoratori, ma contraddice ogni coerente istanza progressiva, democratica, sociale, di genere.
La politica di intesa col Centro cattolico contraddice la piena libertà della donna in fatto di maternità (come si è visto sullo stesso tema della fecondazione assistita); pregiudica ogni battaglia democratica coerente per i diritti degli omosessuali; ripropone la protezione dei privilegi della scuola privata confessionale contro ogni coerente battaglia democratica per il carattere laico e pubblico dell’istruzione.


MOZIONE 5

(primo firmatario: Claudio Bellotti)
ROMPERE CON PRODI - PREPARARE L’ALTERNATIVA OPERAIA

3) Scuola, università e sanità devono essere diritti garantiti e gratuiti. No all’ingerenza dei privati e alla controriforma federalista di scuola e sanità. Raddoppio della percentuale del Pil destinata all’istruzione (fino al 7% del Pil).


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