Posta per Moratti
Gianni Mereghetti - 28-02-2005
Gentilissimo Ministro,

ormai è evidente, sono caduto in un grosso equivoco quando pensavo vicino il momento della rivoluzione nella scuola! In realtà la libertà e la qualità di cui lei è andata a parlare per anni e che avrebbero dovuto essere i pilastri di questo cambiamento epocale erano solo parole al vento, puro suono che infatti ormai s’è perso nell’etere del nulla.

La realtà è un’altra, è quella della conservazione del vecchio sistema, rigido e statalista, il che è molto grave, perché andare all’indietro nel tempo è sempre peggiorativo.

Lei sta facendo marcia indietro su tutto.

Dopo aver promesso un II ciclo con due percorsi, entrambi di qualità, sulle nostre classi incombe la minaccia di una diffusa licealizzazione, che ridurrebbe gli studenti ad unum, proprio come fece Napoleone.

Dopo aver promesso di consegnare ad insegnanti e studenti il lavoro quotidiano della scuola ha presentato degli obiettivi specifici d’apprendimento che chiedono solo di essere eseguiti, con il pericolo che insegnare e studiare al posto di diventare occasioni di una passione per la vita continuino ad essere il grigio e bigio ripetersi del dovere kantiano.

Dopo aver promesso una professionalità docente, non più imbrigliata alle logiche impiegatizie, eccoci ad una nuova cocente delusione. Ci presenta uno schema di decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento, in attuazione della legge 53/2003, nel quale, lungi dal promuovere la professionalità docente, seppellisce i principi di qualità e libertà sui quali sembrava poggiarsi il suo mandato.

Sono tre gli errori che lei ha commesso in questo sciagurato provvedimento, e sono gravi!

Il primo è che lei non ha preso minimamente in considerazione il principio elementare che si possa imparare ad insegnare da chi già sa farlo, e che si possa sceglierla la persona da cui imparare!

Il secondo è che, contro la parità scolastica, ha disegnato un sistema di reclutamento che obbliga la scuola non statale a scegliere i suoi insegnanti tra coloro che verranno scartati da quella statale.

Il terzo è quello di mantenere nella scuola statale il vecchio meccanismo dell’assunzione del precariato secondo un criterio evolutivo. A parte che in questo modo per i giovani l’insegnamento diventerà una meteora, ma com’è possibile pensare che la qualità di un insegnante aumenti perché in dieci anni dal posto n° 367 in graduatoria è salito al terzo?

Del resto questa incongruenza svela una questione più ampia, che il decreto ministeriale affronta in modo ridicolo, quello della valutazione della qualità di un insegnante. Ancora una volta si sta creando un sistema in cui gli insegnanti già assunti e quelli da assumere saranno al riparo da ogni valutazione, proprio quando è chiaro che gli studenti non hanno bisogno di qualsiasi insegnante, tanto meno di uno che lo diventi per un meccanismo evolutivo. Se una cosa è evidente è che oggi c’è bisogno di insegnanti umanamente e culturalmente validi, ma il decreto ministeriale renderà difficile proprio questo!

Che dire, carissimo ministro, di questo lento procedere all’indietro, se non la delusione di questa ennesima rivoluzione mancata, che però, e ne stia certo, non ci farà indietreggiare di un millimetro dalla passione che ogni mattino ci porta in classe, quella di educare


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 consuelo farese    - 28-02-2005
Condivido il contenuto e segnalo una circostanza a mio modo di vedere gravissima: l'uso delle parole per nascondere e non per chiarire il senso reale delle iniziative prese. constato che da anni ormai questo avviene e da parte del Ministero dell'istruzione! Il risultato è che non ci si capisce più. è che chi vuole veramente cambiare si trova ad essere accusato di immobilismo, di pregiudiziale chiusura!
mi scuso per lo sfogo ma sempre più spesso vedo colleghi che non fanno nulla (letterale e verificato: stanno in corridoio, quando sono a scuola) e che sono stimatissimi perchè partecipano a convegni e usano questa neolingua orwelliana.