Biblioteche a convegno
Maria Teresa De Nardis - 16-02-2005
Si è tenuto il 7 febbraio a Milano, presso l'Istituto Professionale Cavalieri, il convegno "Biblioteche (in)visibili : Le biblioteche scolastiche si raccontano" organizzato dal CONBS - Coordinamento Nazionale Bibliotecari Scolastici con il patrocinio dell'IRRE Lombardia e dell' Associazione Italiana Biblioteche - Sezione Lombardia

Il convegno si proponeva di far conoscere l'attività delle biblioteche scolastiche che riescono a produrre esperienze significative sul piano didattico e formativo pur nella realtà diffusa della scuola italiana, povera di investimenti, senza locali particolarmente attrezzati e nuove tecnologie.
Al convegno hanno partecipano come relatori bibliotecari da tutta Italia che lavorano in ogni ordine di scuola, dalla materna alle superiori. L'evento ha visto una grande partecipazione di pubblico composto da insegnanti, bibliotecari scolastici e vari esponenti delle Istituzioni bibliotecarie -più di 250 persone che sono rimaste tali fino alla fine.

Infatti il convegno si è distinto, sia per i contenuti innovativi - quello che le biblioteche scolastiche "fanno", non quello che "dovrebbero fare"- sia per la forma. Si è aperto con una piece a sorpresa, interpretata da Loris Pellegrini -autore del Manuale del bibliotecario scolastico, scrittore e regista - che ha stilato lo scherzoso "decalogo della biblioteca scolastica ideale". E' continuato con interventi istituzionali e simulazioni di attività da parte di docenti bibliotecari e ha visto il suo apice nella proiezione di un video, girato nel Liceo Sannazaro di Napoli, in cui gli stessi studenti "raccontano" la loro biblioteca e le molteplici iniziative che vi prendono corpo.

Il convegno ha voluto essere anche un'occasione per far conoscere la precaria situazione delle biblioteche e dei docenti fuori ruolo in esse utilizzati, fortemente minacciati dalla legge finanziaria 2003 che ne prevede il licenziamento alla fine del 2007. I docenti fuori ruolo hanno voluto mostrare quanto di egregio riescono a produrre, se messi in condizione di lavorare bene, dove per "lavorare bene" si deve intendere: continuità del posto di lavoro, strumenti efficaci, risorse economiche anche modeste, collaborazione con gli altri organi della scuola, rispetto per la loro figura professionale.

Gli atti del convegno saranno presto pubblicati nel sito CONBS


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 Anna Di Gennaro    - 16-02-2005
Avendola incontrata proprio in quell'occasione, sono certa che la gentile De Nardis gradirà far conoscere una delle tante esperienze di sofferenza riportate nel nuovo articolo di proteofaresapere.
Grazie alla redazione, sempre attenta alle diverse vicende del mondo scolastico.
Anna Di Gennaro

Burnout, psicopatie e antidoti -
di Vittorio Lodolo D`Oria

In bocca al lupo del 13/02/2005

Un anno fa veniva promulgato il decreto che spostava le competenze delle visite per l’inabilità al lavoro degli insegnanti dai Collegi medici delle ASL alle Commissioni di verifica del Ministero delle Finanze.
Le motivazioni del suddetto passaggio di consegne non sono chiare, ma diamo per buono il fatto che siano state dettate dai soliti principi di “razionalizzazione della spesa pubblica”. Tuttavia mi resta il dispiacere di vedere interrotti i miei “studi osservazionali” che hanno consentito la pubblicazione delle ricerche Getsemani e Golgota. Peccato, perché il prossimo studio avrebbe potuto essere intitolato “Pasqua”, se solo qualcuno - all’interno delle istituzioni – decidesse di prestare orecchio all’allarme lanciato sul disagio mentale nella categoria professionale degli insegnanti.
Dopo un attimo di delusione mi sono ricreduto. Infatti alcuni docenti che si sentivano a rischio di tracollo psicofisico sono venuti a parlare con me, ed a conclusione del colloquio sembrava loro quasi del tutto naturale chiedermi di assisterli come medico di parte alla visita medica collegiale. Dapprima rimasi un po’ perplesso di fronte a tale richiesta, poi compresi che era venuto il momento del mio coinvolgimento diretto nell’arena. Non sarei più stato in mezzo alla “giuria” ma mi sarei ritrovato a fianco “dell’imputato” come avvocato difensore. Per di più con tutta l’esperienza medica e “burocratica” accumulata - mi dissi ammettendo solo ora una buona dose di presunzione – nonchè l’autorevolezza conferitami dai primi studi medico-scientifici sull’argomento che portano la mia firma. E così decisi di accettare di buon grado.
Il giorno nel quale accompagno Maria (nome ovviamente di fantasia) a visita medica piove. “Governo ladro” direte voi, ma per me è diverso poiché giro sempre in moto, ed imprecare contro Berlusconi non mi aiuta. Dopo un’ora di anticamera entriamo nella stanza e saluto con cordialità i colleghi – un dottore ed una dottoressa - che vedo per la prima volta. Spiego il caso e allungo al collega tutti i referti delle analisi, strumentali e non. Si tratta di un caso di tendinopatia degenerativa cronica degli “achillei” cominciata nel ’94 e culminata col coinvolgimento anche di grandi articolazioni (spalla). Alla problematica ortopedica, che potrebbe essere di poco conto sennonché la mia assistita è insegnante di educazione fisica, si è aggiunto un grave problema psichico con attacchi di panico ed ansia generalizzata, documentati anche da certificati specialistici e referti del pronto soccorso. La paziente ha girato per dieci anni tutti i centri ortopedici della metropoli ed è seguita, con sorti alterne da uno psichiatra. Tuttavia la sua fortuna non risiede tanto nell’essere ben assistita da bravi e scrupolosi curanti, quanto dall’avere alle spalle un “fior” di famiglia con tanto di cinque figli ed un San Giuseppe come marito. Nel bel mezzo della visita irrompe in commissione, come una meteora, un collega ortopedico che chiama Maria invitandola a seguirlo da sola. La mia paziente mi riferirà poi che il medico l’aveva condotta in un’altra stanza dove c’era un lettino da visita ed era contestualmente all’opera un’altra commissione medica. Fatta spogliare senza tanti riguardi per il pudore, di fronte a tutti quegli estranei, l’ortopedico effettua una visita lampo e rispedisce Maria alla nostra commissione. Siamo alle battute finali e col collega che aveva presieduto il consesso, conveniamo che la docente non può certamente continuare ad insegnare educazione fisica, visti i suoi problemi esorditi nel lontano ’94 e chiaramente ingravescenti, avendo però energie sufficienti per essere adibita definitivamente a mansioni di tipo amministrativo. Salutiamo i medici con sorriso e stretta di mano e – scesi in strada sotto la pioggia battente – mi affretto a rassicurare Maria sull’esito della visita. La docente appare sollevata e mi è visibilmente grata: una nuova (si fa per dire) vita sta per cominciare con le mansioni di tipo amministrativo (ma chi si contenta inevitabilmente finisce col godere, perciò…). L’illusione dura pochi giorni perché l’insegnante mi chiama tra l’incredulo ed il seccato dicendomi che nei suoi confronti è stato assunto un provvedimento di “temporanea inabilità all’insegnamento per otto mesi”, come se la situazione degenerativa e cronica fosse suscettibile di cambiamento dopo dieci lunghi anni di calvario e immobilità. Evidentemente – pensai tra me – i colleghi sperano in un viaggio a Lourdes e credono nei miracoli (anch’io mi adopererò a tal fine con le preghiere). Ma ciò che mi seccava era il fatto che il collega mi avesse preso in giro impedendomi così di mettere a verbale il mio dissenso avverso qualsiasi atteggiamento che definitivo non fosse. Chiamo così immediatamente il collega che, con fare innocente mi dice “… cosa vuoi, non sono il solo a decidere in commissione e gli altri hanno espresso un’opinione diversa dalla mia…”. Peccato però, penso io, che nel verbale risulti una decisione bulgara, all’unanimità (quando mai tra colleghi andiamo d’accordo?).
Ma se le cose stessero solo in questi termini potrebbe trattarsi di un banale – e per me spiacevole - caso di divergenza tra colleghi su questioni prognostiche, ma così non è perché – svanita la rabbia - il bello viene ora. Il verbale della commissione – seppure le presenze fossero due – risulta firmato da quattro colleghi: tre uomini e una donna. La firma della donna non è quella della collega presente alla visita (si trattava evidentemente di una controfigura) ma del presidente della commissione che non si è visto per tutta la seduta. Seguono poi le firme dell’ortopedico, quella del medico effettivamente presente ed infine quella di un altro collega “fantasma” che devo conoscere a tuttoggi.
Prendo così carta e penna e scrivo una raccomandata R/R al Presidente-che-firma-ma-non-c’è chiedendo un colloquio perché mi vengano fornite debite spiegazioni. Di legale c’è ben poco nell’intera vicenda ed io sono sempre in attesa di spiegazioni dopo la bellezza di 60 giorni, prima di dover – pur non volendolo - passare le carte a chi di dovere.
Controfigure, fantasmi, meteore: non siamo a Disneyland ma alla nuova commissione medica che si occupa degli insegnanti milanesi. E allora, amici insegnanti, in bocca al lupo.

vittorio.lodolodoria@fastwebnet.it