breve di cronaca
La leggenda degli zingari rapitori
Redazione - 12-02-2005
La notizia del presunto rapimento di un bambino, a Lecco, da parte di due zingare, ha riempito i giornali e dato il via ai commenti più accesi. Repubblica si è occupata dei pregiudizi che "sono proiezioni di timori irrazionali, personali e collettivi" e ci ha ricordato il detto di Einstein: "è più facile disintegrare un atomo che un luogo comune". Ha poi brevemente ripercorso una storia non troppo raccontata:

In Europa si cominciò a pensare già tra sei e settecento di assorbire il problema del nomadismo "eslege" togliendo l´acqua al mondo irregolare degli zingari, vale a dire sottraendo i loro bambini agli accampamenti diseducativi per affidarli ai contadini e alla dolce e soda cultura stanziale della zappa. In tutta l´Europa centrale, che registrava il tasso più alto di popolazione zingaresca, per ben tre secoli decreti e leggi furono emanati per "liberare" quei bambini dai loro genitori naturali, sino alla soluzione finale nazista e dunque all´internamento ( il rimando è nostro - ndr ) di adulti e pargoli, tutti irrecuperabili come gli ebrei. Ne furono sterminati più di cinquecentomila.
In questo nostro pregiudizio così antico e radicato c´è forse dunque un´astuta operazione di prestidigitazione storica per mettersi in pace con la propria coscienza puerofila e familistica. Insomma eravamo noi a rubare i loro bambini e invece nel fondo oscuro dell´immaginario collettivo da più di tre secoli sono loro a rubare i nostri.


Ci hanno però particolarmente colpito le osservazioni del Manifesto, per la domanda che ci pongono: su quali principi si costruisce, oggi, la giustizia?


Lecco, zingari e «senso comune»

«Da un po' di tempo a questa parte mi pare che uno degli sport più praticati sia quello del tiro al magistrato. Avanti di questo passo, diventerà uno sport nazionale». Il presidente del tribunale di Lecco, Giampiero Serangeli, replica duramente alla canea sollevata dalla liberazione di due nomadi, arrestate per il molto presunto «rapimento» di una neonata di 7 mesi. Il reato, valutati i fatti, è stato derubricato a «tentata sottrazione di minore». Rito abbreviato, otto mesi con il patteggiamento (accettato anche dalla parte lesa), immediata scarcerazione perché le due zingare non hanno precedenti penali. Il giudice ha applicato la legge, ha spiegato Serangeli, non poteva fare diversamente. Questo in punto di diritto. Quanto al fatto, il presidente del tribunale ha invitato a stare con i piedi per terra. L'episodio è avvenuto in piazza, in pieno giorno, nessuno ha toccato la bambina, la madre sostiene d'aver sentito una zingara dire all'altra «prendi bambino». Si aggiunga che le due nomadi, subito dopo, sono andate alla mensa della Caritas dove sono state arrestate. Non è stato un tentato rapimento, conclude il presidente del tribunale, «le mamme di Lecco possono passeggiare tranquillamente con i loro bambini». Parole sagge. Che non calmeranno i bollenti spiriti di chi continua imperterrito a parlare di «tentativo di rapimento» e grida alla scandalo per la liberazione delle due nomadi. Lo fa naturalmente la Lega che grida «Giù le mani dai nostri bambini» e dà addosso tanto alla magistratura che agli zingari. Si accoda il Corriere che critica una sentenza che non tiene conto del «senso comune» e delle aspettative dei cittadini.

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 Grazia Perrone    - 14-02-2005
Segnalo da Manifesto

Memorie di una camicia verde

«Giù le mani dai nostri bambini o leggerete il futuro nelle nostre manette». Non vi sfugga il calembour. Mani. Manette. Le zingare che leggono le mani (e rubano i bambini), leggeranno le manette. Ah, ah. Ognuno ha i copy che si merita. Comunque - perdoniamogli lo stile - è questo il nuovo slogan delle camicie verdi per la prossima primavera. Un bel pogrom contro il popolo rom e via, si torna ad «avercelo duro» come ai bei vecchi tempi. Il razzismo è il viagra padano. Alla base della nuova crociata, un episodio di cronaca: a Lecco, due ragazze rom patteggiano otto mesi per tentata sottrazione di minore ed escono subito, in quanto incensurate. Nessuno è sicuro di come siano andate le cose, i racconti sono confusi, le ragazze non parlano italiano, la dinamica non è chiara. Ma è un'occasione d'oro per la Lega, un'occasione di mobilitazione «popolare», accompagnata (la manna dal cielo) dal più antico dei luoghi comuni razzisti: gli zingari rubano i bambini.

Politicamente, due piccioni con una fava. Da un lato si solleticano gli umori più schifosi della base dandole in pasto un «nuovo» pericolosissimo nemico, nientemeno che i ladri di bambini. Dall'altro si assesta una nuova bastonata alla magistratura, perché il messaggio che passa nella maggioranza del pubblico è: rubavano un bambino e le hanno lasciate andare. Cose da pazzi. Dove andremo a finire? Come si vede, è uno schema elementare, sperimentato moltissime volte e che garantisce un certo margine di successo.

Mal che vada si fidelizzano i propri clienti, se va bene si fa un po' di proselitismo tra le menti semplici. Il capro espiatorio di passaggio (questa volta, gli zingari) fa da detonatore, e la bomba è contro i giudici che sono troppo teneri con tutti, zingari, clandestini, baby gang, terroristi, rapinatori in genere. Giudici mollaccioni, marxisti, perdonisti. Se invece si potesse eleggere un muscoloso artigiano padano a fare il giudice, sai che bastonate, e che condanne, per tutte queste merdacce che minano l'alacre operosità padana. Nella suddetta società padana, poi, capita frequentemente che qualche disgraziato resti stritolato nei cassonetti della Caritas in cerca di vestiti usati. O che il dibattito in seno alla maggioranza che governa Milano (Milan, the most glamour city in the world) si concentri su questo: i clandestini possono dormire nei rifugi comunali quando fa molto freddo per strada? Per inciso, l'assessore alla moda è per il no, me ne sfugge il motivo, ma mi accontento della sublime metafora: mondo-fashion versus barboni. Resta il fatto che dalla pancia leghista escono borbottii sinistri che si può anche scambiare per folklore. Ma poi ci si accorge che, salendo ai piani alti del potere (su su fino al ministero della Giustizia), la musica non cambia di molto, anche se le frasi sono più tornite e i copy un po' migliori.

Tutto rientrerebbe nella norma dell'ordinaria barbarie quotidiana, forse. Ma vuole il caso che la nuova battaglia delle camicie verdi - il pogrom contro gli zingari ladri di bambini - cada a ridosso della giornata della Memoria, di quella del Ricordo, nel sessantesimo della scoperta e liberazione di Auschwitz e insomma in giorni in cui il peso della barbarie passata sembra meno leggero. Chiudere i campi nomadi, tagliare gli aiuti per la comunità rom e le sue favelas, dare la precedenza ai lombardi negli asili nido, sono obiettivi sbandierati come imperativi categorici. Manca ancora - una dimenticanza? - la richiesta di cucire un triangolo marron sui vestiti. Quanto ai ghetti ci sono già, e quanto al linguaggio, che non è un dettaglio, siamo più vicini alla birreria di Monaco che alla famosa Unione europea.

Ragazzate? Una delle tante intemperanze leghiste tollerate come marachelle? La parola d'ordine è minimizzare, far finta di niente. Ma se qualche volonterosa scolaresca in cerca di memoria non ha i soldi per viaggiare nel cuore della storia, verso Buchenwald, verso Dachau, sappia che può farsi un giro nel fegato della geografia. Coraggio, una fiaccolata contro gli zingari sarà sempre in programma, è gratis, è vicina a casa, e può rivelarsi molto istruttiva. Dico, non vorrete mica farvi rubare i bambini, no?

ALESSANDRO ROBECCHI