Una giornata particolare dedicata alla memoria
M. Falco - 07-02-2005
Perché la giornata della memoria all’IPSSCTS “Oriani-Mazzini” di Milano

La giornata della memoria nel nostro istituto è una giornata particolare di attività finalizzate non al semplice ricordo degli eventi che da 60 anni ci costringono a fare i conti con una storia capace di assumere aspetti impensabili di malvagità compiuti dall’uomo, ma volta alla ricostruzione di un percorso della memoria capace di affrontare ricerca documentaria e ricostruzione visiva degli avvenimenti, mettendo in gioco la propria persona, la propria capacità di rievocazione, dirette a riportare alla superficie gli aspetti che più turbano i nostri sentimenti e, proprio perché capaci di commuoverci, idonei a scuotere la sonnolenza dentro cui la quotidianità cerca di affogare le immagini e i suoni di ciò che non può e non deve essere dimenticato.
Il 27 gennaio 1945 è un giorno incancellabile nella nostra memoria, è un giorno di libertà e di dolore, di libertà perché vengono aperti i cancelli dei campi di concentramento, di dolore perché quei cancelli svelano alla storia quanto di più disumano l’uomo possa aver concepito e realizzato.
È davvero importante che la scuola si faccia promotrice di attività che ricordino alle nuove generazioni ciò che è stato perché mai più abbia a ripetersi.
È importante che nella scuola si creino spazi in cui la memoria sia fondamento di nuova civiltà, si sperimentino percorsi di rivisitazione storica che, insieme alla ricerca di documenti, immagini, suoni, faccia rivivere ai giovani quei giorni disgraziati dell’umanità.
Ecco il ruolo che la scuola oggi non può esimersi dal compiere: ricostruire nelle nuove generazioni lo spirito della riaffermazione dei diritti dell’uomo nella sua più genuina umanità, in quel diritto alla vita che sta alla base di ogni successivo diritto e che solo si realizza se siamo capaci di pensare all’altro come parte inscindibile di noi stessi, se siamo capaci di vivere le vicende e le sofferenze dell’altro come angosce che ricadono sulla nostra pelle, sul nostro vissuto.
Rivisitare vuol dire ricreare le condizioni e le situazioni di quegli anni infelici, dei campi dove l’umanità ha vissuto la bestialità condotta a regola.

Negli anni precedenti

Ben prima che il 27 gennaio diventasse giornata da celebrazioni ufficiali gli studenti dell’Oriani hanno sentito il bisogno di concentrare l’attenzione sui crimini contro l’umanità perpetrati durante la seconda guerra mondiale e quel giorno è diventato un appuntamento a cui le classi si preparano come ad un impegno da assolvere, un appuntamento da cui non ci si può sentire dispensati.
Gli studenti più impegnati, soprattutto quelli delle classi più avanzate, tramandano agli studenti più giovani, alle classi più basse, la realizzazione delle attività da realizzare affinché la memoria non si affievolisca e altri laboratori vengano messi in atto in quella giornata negli anni successivi.
Gli studenti dell’istituto inventano ogni anno un laboratorio particolare perché quel giorno non diventi solamente un puro e semplice ricordo da dimenticar il giorno successivo ma una giornata che rimanga viva nella memoria di tutti gli studenti, perché “toccati” da ciò che nella scuola era avvenuto, perché direttamente coinvolti in quell’evento.
Quest’anno abbiamo avuto anche studenti già diplomati che sono ritornati a scuola per fornire idee e dare una mano ai loro compagni nella preparazione dei laboratori.
Ogni anno i laboratori della memoria sono stati diversi, si è passati dalla lettura di poesie di deportati alla realizzazione di laboratori teatrali, dalle interviste a testimoni diretti dei campi di concentramento o rappresentanti di organizzazioni di deportati a ricerche di documenti sui giusti della terra, mai però è mancato il minuto di silenzio collettivo, alle ore 11,59, per ricordare e rivivere l’angoscia di un’umanità oltre i limiti dell’umano.
La lettura della poesia “Se questo è un uomo” di Primo Levi è stata sempre il momento terminale e struggente della giornata.

La giornata della memoria 2005

Quest’anno la giornata della memoria ha avuto come tema il gioco di ruolo con lo scopo di rivivere fortemente i sentimenti e le angosce di coloro che venivano deportati e rinchiusi nei campi di concentramento.
Il ruolo del docente referente è stato minimo: solamente quello di rendere possibile la realizzazione di quanto pensato e realizzato dagli stessi studenti.
Realizzare il gioco di ruolo ricostruendo l’ambiente dei campi di concentramento comporta una conoscenza frutto di ricerca che i ragazzi hanno svolto con passione scoprendo aspetti, come il movimento dei giovani della “rosa bianca” che reputavano impensabili, di cui mai avevano sentito parlare e che hanno sentito molto vicino alla loro condizione di giovani indocili all’ingiustizia e a ogni forma di barbarie.
Sono stati, quindi, raccolti dei documenti, la legge razziale sul divieto agli ebrei di frequentare la scuola pubblica, poesie dei bambini rinchiusi nel lager di Terezin, documenti sul movimento della “rosa bianca”, consegnati alle classi per farne oggetto di discussione con gli insegnanti mentre tutto un piano della scuola veniva occupato e chiuso visivamente da un grande telone nero oltre il quale l’aberrazione diveniva disperazione e morte.
Prima di attraversare il telone nero gli studenti venivano raccolti in palestra dove potevano appropriarsi di qualche oggetto che poteva essere loro utile per “comprare la libertà”.
Le aule sono state trasformate in stanze per una biblioteca, in un ristorante, in campo di lavoro, in stazione con i vagoni in partenza per i campi di concentramento, in stanzoni per la doccia di gas.
Superato il telone nero i visitatori, a gruppi di quindici venti studenti per volta, venivano immediatamente investiti da grida e urla strazianti di quanto avveniva in quel campo di concentramento, studenti con la fascia nazista sbarravano il passo a chiunque volesse allontanarsi dalla fila davanti all’ufficio dove gli studenti ebrei venivano marcati con la stella di Davide e con un numero impresso sul braccio.
Da quel momento ognuno doveva cercare individualmente la propria salvezza e poteva utilizzare tutto ciò che possedeva per farlo.
C’era chi veniva nascosto dietro gli scaffali della biblioteca o sotto i tavoli del ristorante: tutti, però, venivano inesorabilmente scoperti e trasportati sui treni o nelle camere a gas.
Nella sala-stazione di partenza per i campi di concentramento, mentre i “condannati” attendevano la partenza del treno, venivano proiettate alcune scene del film Schindler’list che mostrano, appunto, quanto accadeva nelle stazioni e sui treni con destinazione campi di concentramento.
Da sottolineare che tutte le situazioni che venivano ricreate nella stanza della biblioteca, del ristorante o dell’edicola erano situazioni di storia reale oggetto di ricerca da parte degli studenti.
Come nella storia anche nella rivisitazione nessuno o pochissimi riuscivano a salvarsi e gran parte venivano portati nell’aula-camera a gas.
Qui, però, il gioco terminava per divenire momento di riflessione: sulla lavagna si potevano leggere i versi della poesia “Se questo è un uomo” di P. Levi e recitati, in modo davvero coinvolgente, da una studentessa.
Dalla stanza-camera a gas si usciva accendendo, chi voleva, una candela: alla fine il pavimento era pieno di candele accese.
E la riflessione si fa commozione, catarsi, nell’ultima stanza dove sotto il titolo “tutto questo è accaduto davvero” si mostrano le immagini agghiaccianti che tutti conosciamo e su cui non possiamo ogni volta non commuoverci.
La commozione, alla fine, si tramuta in azione, in possibilità di rendersi utile per salvare qualcuno: basta volerlo fermamente e con un semplice pennarello si può segnare sulla lista di Schindler il nome di una persona da salvare e qualcuno ne ha segnati più di uno, pensando di poterli salvare davvero!
Il percorso termina e i visi sono turbati: l’obiettivo è stato raggiunto?
Non sappiamo con certezza quali sentimenti di quella giornata permarranno nella memoria dei ragazzi che vi hanno partecipato, di certo possiamo dire che al momento collettivo del minuto di silenzio, tutti in piedi in palestra, mentre una studentessa recitava pagine di una lettera di un bambino rinchiuso a Terezin, indirizzata ai genitori, la commozione era palpabile e l’applauso finale è sembrato poter liberare dall’incubo di una tragedia troppo grande per essere vissuta e troppo disumana per essere dimenticata.

Noi vogliamo ricordare per non essere vinti dall’apatia.
Vogliamo ricordare per saper resistere alla tentazione che quegli avvenimenti si ripresentino nuovamente nella storia.
Vogliamo ricordare per partecipare alla costruzione di una società che sia capace, oggi, di realizzare nel vissuto personale e collettivo il rifiuto di quanto accaduto ieri.
Vogliamo ricordare per costruire insieme le barriere che impediscano alla storia di ricadere nel baratro dell’annullamento dell’umanità.



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