Dove sono i mandanti?
Giuseppe Aragno - 02-02-2005
Guerriglia o terrorismo: due parole, un abisso e un dilemma, sebbene il denominatore comune – la violenza – costringa la riflessione sul terreno doloroso del sangue che scorre. Figlia della ragione, tuttavia, benché presa da vertigine sulla soglia del baratro, la riflessione coglie immediatamente l’anomalia d’un falso dilemma. Se poi, a colmare l’abisso, trova certezze di magistrati e politici contrapposti – per non dire dei magistrati opposti ai magistrati e dei politici opposti ai politici – se strumentalmente le “alte autorità dello Stato”, uomini fatti di certezze, pontificano sulle eguaglianze e sulle differenze, confondono i ruoli, negano l’evidenza – mettete a tacere Casini! zittite per una volta almeno Pera! domanda la ragione - ecco che il dio del dubbio si risveglia e ciò che si vorrebbe coprire appare chiaro: il ponte, il solo ponte capace di unire i due corni dello spurio dilemma in una successione logica di fatti concreti. Manca, si vuole che manchi - e chi vuole? - il contesto nel quale collocare l’astratta contrapposizione. E’ un contesto atroce, che ci torce violentemente contro l’indice che accusa. Guerriglia o terrorismo hanno alle spalle aggressioni e oppressioni, crescono sulle macerie morali del capitalismo vincente.
Quale distinzione di orrore, se un bimbo fatto a pezzi è un “effetto collaterale”? E quale codice umanitario, di fronte al diritto internazionale carbonizzato dai cannoni dei carri armati sui quali viaggiano le democrazie da esportazione? Se lo chiede la ragione ferita e non trova risposte, mentre il dubbio cresce, s’ingigantisce e svela quantomeno la menzogna. Incalza la ragione, incalzata a sua volta dal dubbio. Quali sfumature del terrore occorrerà ancora cogliere per distinguere l’assassino dal soldato, l’aggressore dall’aggredito? Quale pazzia occorrerà ancora seminare negli occhi e nella mente di bambini innocenti, che domani scanneranno e saranno scannati, oggi che noi, mandanti dei loro omicidi, costruiamo il futuro? Quali leggi, quali regole, quali sacri principi occorrerà ancora violentare, perché infine un moto di terrorizzato disgusto saldi i due corni del dilemma - guerriglia e terrorismo - e li rovesci con la violenza feroce della storia contro la sequela di menzogne che gronda sangue e chiama, irresistibilmente chiama alla rivolta? Fermiamoci: siamo sull'orlo dell'abisso ed è già tardi. Fermiamoci. Chi si domanderà se fu guerriglia o terrorismo, dopo la furia? Chi non ci compatirà nei secoli che verranno, per le armate che vediamo quotidianamente muovere al grido rinnovato di “Dio lo vuole”? E’ oscena e grida vendetta questa distinzione che forza i codici e ignora la storia.


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 gp    - 02-02-2005
Mentre i giudici si "accapigliano" sul significato (giuridico) da dare all'opposizione armata irakena (terrorismo o resistenza?) il ministero della Difesa (che un tempo si chiamava, più realisticamente, ministero della Guerra invia nuove - e più sofisticate - "teconologie" militari. Per "esportare" la democrazia ... s'intende.

Iraq, Nassiriya: arrivano i "Mangusta". (Grazie a Bruno Vespa...)


Ecco fatto. I Mangusta vanno in Iraq. Il ministro ha deciso. Ma che vanno a fare? La guerra? Il Mangusta è una terribile macchina da guerra. Quando spara fa male, molto male. I cosiddetti danni collaterali possono avere effetti dirompenti. Uccidere decine di persone. Probabilmente era questo il motivo per il quale non era ancora stato inviato in Iraq. Una macchina da guerra così devastante non era ritenuta adeguata alla missione. E' credibile pensare che la decisione di non mandarli in area di operazioni a Nassiriya fosse stata politica, ma il ministro ha negato, i generali hanno confermato e tutto è andato al suo posto. Adesso invece il ministro, avvalendosi di un nuovo capo ufficio stampa (Bruno Vespa...) dichiara a "Porta a Porta" che i Mangusta saranno impiegati in Iraq.

Immaginiamo come possa avere reagito il suo ufficio stampa quando, vedendosi esautorato del proprio incarico, ha appreso dai giornali che il ministro aveva dichiarato a Vespa quello che avrebbe dovuto dire al suo capo ufficio stampa.

Se l'elicottero AB-412 fosse stato scortato da un Mangusta, il maresciallo Cola sarebbe morto lo stesso. Se la missione fosse stata condotta da un Mangusta sarebbe stato surdimensionato. Quell'elicottero ha una tale potenza di fuoco che rischia di procurare più danni dei rimedi che dovrebbe fornire.

A suo tempo, alle orecchie di chi scrive arrivò da fonte attendibile l'espressione: "I Mangusta vanno in Iraq". In seguito, un'altra fonte di informazione affermò che gli elicotteri erano pronti per l'imbarco sulla banchina di un porto quando arrivò l'ordine di trattenerli. Si fa fatica a pensare che l'ordine fosse del comandante di Aves o del capo di stato maggiore dell'Esercito (che tra l'altro non hanno competenze nelle missioni fuori area).

Poteva essere del capo di stato maggiore della Difesa, che se ne è assunto la responsabilità di recente. Ma la questione era di troppo alto livello perché possa essere stata trattata dal capo di stato maggiore della Difesa. Era senz'altro una questione politica. Mandare i Mangusta in Iraq corrispondeva a volere dimostrare che la missione era di guerra. E questo è un argomento che è stato sempre trattato con molta accuratezza dal vertice politico della Difesa.

La missione è di pace e come tale va trattata, quindi non dobbiamo inviare mezzi che la rendano di guerra. Questo poteva essere il pensiero di chi occupa il vertice della Difesa. Fin qui è corretto. E' corretto il fatto che non si voglia inviare in area di operazioni un mezzo che ha spiccate caratteristiche da guerra quando la missione è di pace.

Ma è altrettanto difficile pensare che l'idea possa cambiare solo per il fatto che è morto un sottufficiale.

Se il Mangusta va bene adesso, andava bene anche prima. Perché non è stato inviato prima? Se non andava bene prima, è inutile inviarlo adesso. Cosa dovrebbe fare adesso di diverso dal AB-412? Deterrenza? Attenzione, perché per fare deterrenza occorre fare vedere almeno una volta cosa è capace di fare lo strumento. E quando lo avrà fatto vedere una volta, saremo noi capaci di sopportare gli effetti collaterali delle mitragliatrici di bordo del Mangusta?

Dai comunicati stampa della Difesa risulta che l'AB-412 sul quale è stato colpito il maresciallo Cola doveva indicare una via di fuga alla pattuglia portoghese. Quell'elicottero non era adatto? Sarebbe più adatto un Mangusta? E perché non un Predator, aereo senza pilota, quattro esemplari del quale sono stati appena inviati in Iraq e che è in grado di assolvere missioni senza rischio di perdere delle vite umane?

Decidere dell'impiego delle Forze armate deve essere una questione politica. Quale debba essere la struttura dello strumento da impiegare è una decisione che fa capo ai vertici militari.

Se non è così, continueremo a vedere ministri che decidono dell'impiego di qualche elicottero e generali di corpo d'armata che vanno a ispezionare i cessi delle caserme.

Giovanni Bernardi

Reporter Associati


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