breve di cronaca
Giorno del ricordo, e dei rimossi
il Manifesto - 02-02-2005
Liberazione di Trieste. Film tv, polemiche, manifestazioni

Foibe, scontro tra centrodestra e centrosinistra sulla ricorrenza del 10 febbraio e sul film di Negrin «Il cuore nel pozzo», in onda il 6 febbraio

Il 10 febbraio prossimo è il «giorno del ricordo». Il sindaco di Roma Veltroni sarà a Trieste con una delegazione ufficiale del consiglio comunale. Manifestazioni in omaggio delle vittime avverranno in molte città d'Italia, tra commozione, strumentalizzazioni, omissioni, sgredevoli rumori di fondo tv e pochi materiali di approfondimento. Un film semi-storico, Il cuore nel pozzo, prodotto da Angelo Rizzoli per Raiuno e diretto dal veterano della tv impegnata, Alberto Negrin (Perlasca, Gli ultimi gironi di Mussolini) sarà trasmesso il 6 e il 7 febbraio (non senza polemiche già sollevate, più ancora che da noi, in Slovenia e Croazia). E speriamo che qualche tv manderà in onda il classico Città dolente di Mario Bonnard girato nel '47 sui profughi istriani. O i 100' Bbc The Fascist legacy di Ken Kirby, che la Rai ha comprato, doppiato e «bloccato» perché terrorizzata dalle giornate del ricordo, purché non siano scioviniste. E che ci spiega cosa fu davvero la «superiore civiltà italica», anche in Jugoslavia. Una legge dello stato (approvata nel marzo del 2004) ci invita dunque, più che alla memoria, a «conoscere» e riflettere (era ora) su fatti storici drammatici, e ancora poco chiari, che accaddero circa 60 anni fa, prima e dopo la liberazione di Trieste, Gorizia, Istria, Fiume e Dalmazia dal nazi-fascismo. I partigiani comunisti alleati degli angloamerici, e guidati dal generale Tito obbligarono 350 mila italiani che vivevano nella zona (molti dei quali, dal 1920 in poi, s'erano impegnati in un'opera di italianizzazione forzata, razzista e coloniale) a lasciare le proprie case. Alcuni di loro (600? O 15.000 mila?) sono stati uccisi barbaramente (assieme a slavi collaborazionisti, ustascia e cetnici accusati di stragi efferate), in stile burocraticamente proficuo (legati due a due col fil di ferro, deposti ritti sull'orlo delle doline: e così con un solo proiettile se ne uccideva uno, ma ne morivano due). Ecatombe sadica? Sindrome turca? Pulizia etnica «profetica»? Vendetta «politica» visto che un milione di morti furono vittime dell'invasione nazi-fascista in Jugoslavia e dei massacri di Ante Pavelic, raccontati anche nel film, inedito in Italia, del croato Lordan Zafranovic Pad Italjie (1981)?



Ferdinando Camon in un recente articolo sull'Avvenire si chiede ancora: «chi furono esattamente le vittime delle foibe? E come furono uccisi gli assassinati delle foibe: per quale ragione, ad opera di quali esecutori, per ordine di chi?». Chi vorrà porsi il problema «per quale ragione avvenne tutto questo» sarà chiamato con disprezzo comunista, ma solo da chi è super-terrorizzato che davvero si inizino a scoprire i responsabili di crimini storici mai processati, né incriminati.... Sempre Camon, in un'intervista alla Stampa, tra le ragioni dell'odio anti-fascista (più che anti-italiano) delle truppe di Tito, ricordava gli orrori commessi dal fascismo invasore, le deportazioni, i campi di concentramento, l'eliminazione delle elite intellettuali, l'uso di armi chimiche, la distruzione delle culture e del bestiame, paragonabile alle altre nostre devastazioni coloniali in Libia e Etiopia e sintetizzabile in alcune cifre agghiaccianti: 300 mila etiopi, 100 mila libici e 250 mila jugoslavi assassinati. Siamo, per una volta, con il ministro della comunicazione Gasparri. Bisogna incollare le pagine di storia strappate, e cominciare a scrivere tutte quelle mai iniziate.


R.S.

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 Pierangelo    - 03-02-2005
da Liberazione del 3.2.2005

Le Foibe e il linguaggio inconscio

"È colpa dei pensieri associativi / se non riesco a stare adesso qui", diceva Battiato in una canzone degli anni Ottanta. In un altro contesto, Jacques Lacan, una manciata di decenni prima, formulò l'assunto: "L'inconscio è il linguaggio". Sia Battiato che Lacan (in modo diverso) sono quindi consapevoli che un pensiero tira l'altro, e in questo movimento di associazioni mentali (di pensieri, di parole, di lettere) noi ci cadiamo dentro, più agìti che non soggetti veri e propri. La questione delle Foibe è un modello ineccepibile di questo processo. L'associazione Foibe uguale male si infila a fianco di quella Foibe uguale regime di Tito, subito prima di Tito uguale comunismo esattamente nel momento in cui si crea la proposizione comunismo uguale male ed a questo punto il campo è libero, ciascuno continua come vuole, sono create le premesse ideologiche del discorso. Purtroppo, l'oggettività di un fatto storico tragico sfugge a se stesso in questa eco che ne complica la comprensione, perché il fatto storico, nelle catene associative di cui sopra, è meno importante (per la politica televisiva italiana) del valore simbolico che assumono le sue conseguenze di parte. È una questione di linguaggio, quindi, a prevalere. Linguaggio manovrato o sottratto. Una vicenda di lapsus. Lo stesso lapsus che fa dire, a Silvio Berlusconi, commosso ad Auschwitz, mai più "nazismo e comunismo", sintetizzando forse in "nazismo" "fascismo" e "nazismo" e allargando a sinistra, per par condicio, con "comunismo". Ecco allora le Foibe non come strage ma come merce da sacrificare sull'altare delle nuove coscienze, di qualsivoglia origine. Ciascuna a modo suo.

Le Foibe sono comode per la destra per avere anche loro una piccola Auschwitz italica, o di confine e insomma nostra, a testimonianza delle catene associative di cui sopra. Il nuovo pensiero forte, fortissimo di "Porta a porta" (che è il linguaggio che quotidianamente ci parla, altroché il pensiero debole di Vattimo) è così ideologicamente soddisfatto, e trionfante. Le Foibe ci sono state, i comunisti le hanno nascoste perché erano stati loro a farle, ora basta, il comunismo e il nazismo mai più. Anche se. Il linguaggio forte fortissimo di "Porta a porta", partendo da altri assiomi, sgranando altre associazioni, indugia, ad esempio, sul lato "umano" di Benito Mussolini. Anche se sarebbe ora, semplicemente, di sottrarsi a questa logica, rompere quelle associazioni e iniziare a pensare.

Quello che si vuol far passare attraverso le Foibe è che se c'è stato un tentativo folle di sterminio metodico dell'intero popolo ebraico si deve anche prendere in considerazione che ci sono state, e sì, ci sono state, le foibe per cui nazismo e comunismo sono la stessa cosa. Questo delirio, assecondato anche da alcune figure del centrosinistra molto orientato verso un centro che della sinistra farebbe a meno, è mutuato dal pensiero (dal non pensiero) del regime televisivo e ne perpetua il linguaggio. Tutto ideologico. Se le ideologie sono scomparse (è la televisione, a dircelo) è perché ce ne è rimasta una sola: quella, appunto, della televisione e di chi la fa. Vendendoci la storia come un prodotto. Infilando quel prodotto all'interno di un supermercato dell'esistenza dove gli altri reparti (profitto, coscienza, nozione della vita sulla Terra) sottostanno alle leggi del telecomando. Ciò a cui assistiamo è una sorta di mente bicamerale, partorita senza corpo dalla televisione e quindi da chi oggi in Italia la fa, che, divisa in due, sopravvive cercando di legittimare se stessa in un ideale di unità che non si può raggiungere perché non è vera. Perché sostiene nonsense. Non è vero che il comunismo ovunque ci sia stato ha portato sterminio e distruzione.

Lo diceva, lo ha detto, ad esempio, un tal Indro Montanelli, che comunista non era, ma era ospite dell'Italia e non di Bruno Vespa. Montanelli, anticomunista, aveva avuto a che fare con comunisti italiani che erano, parole sue, "gentiluomini". Che hanno scritto la Costituzione. Che hanno fatto la storia civile d'Italia. Ma tutto questo può e deve essere detto fuori da "Porta a porta". In Italia. Quando ci va di ricordarci che siamo uno stato e non un programma televisivo.

Aldo Nove