Come è stata smantellata l’Europa dell’Est: riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione di Marc Vandepitte che giunge dal Partito del Lavoro del Belgio (PTB)
L’instaurazione del capitalismo ha significato una retrocessione per tutti i paesi dell’Europa dell’Est, tanto sul piano economico come su quello sociale. Una nota della Nazioni Unite dichiara: “
Il passaggio dall’economia pianificata a quella di mercato è stata accompagnato da grandi cambiamenti nella ripartizione della ricchezza e del benessere nazionale. Le cifre mostrano che si tratta dei cambiamenti più rapidi mai registrati. Ciò ha portato ad un elevato, drammatico, costo umano.”
Dal 1990 al 2002 il prodotto interno lordo (
insieme dei beni e dei servizi prodotti in un anno) per abitante dei paesi dell’Europa dell’Est è diminuito del 10%, mentre nei paesi di livello compatibile è aumentato del 27%; ciò rappresenta una perdita effettiva di quasi il 40% . Questa regressione vale per tutti i paesi, salvo Polonia e Slovenia. Oggi il Pil per abitante degli ex paesi comunisti dell’Europa centrale e orientale è inferiore di un quarto rispetto all’America Latina. Per le repubbliche dell’ex Unione Sovietica la situazione è ancora più drammatica. Negli anni ’90 il Pil è sceso del 33%. In Ucraina, dal ‘93 al ‘96, vi è stata una diminuzione del 33%, in Russia del 47%.
Le azioni dell’economia di stato sono state svendute a prezzi ridicolmente bassi. Una gran parte dell’imponente apparato economico e industriale è stato smantellato. In pochi anni la grande potenza industriale che era la Russia, si è convertita in un paese del terzo mondo. Il Pil della Russia (
144 milioni di abitanti) è inferiore a quello dei Paesi Bassi (
16 milioni di abitanti). L’Unione Sovietica è regredita di un secolo. Ai tempi della Rivoluzione socialista, nel 1917, il Pil rappresentava il 10% quello degli US. Nel 1989, considerando che intanto l’Unione Sovietica era stata grandemente danneggiata nella II Guerra Mondiale, toccava il 45% degli US .Oggi meno del 7%.
La situazione sociale
I circa 150 milioni di abitanti dell’ex Unione Sovietica (
come dire gli abitanti di Francia, Gran Bretagna, Paesi Bassi e scandinavi riuniti) sono nella povertà all’inizio degli anni ‘90. Hanno meno di 4 $ di reddito pro capite; il numero di poveri che vivono con meno di un dollaro si sta moltiplicando per venti. In Bulgaria, Romania, Russia, Kazachistan, Kirghisistan, Ucraina, Turkmenistan, Uzbechistan e Moldavia il numero di poveri è salito dal 50 al 90% della popolazione.
Secondo un recente studio dell’Unicef, un bambino su tre dei paesi dell’Est oggi vive in povertà; un milione e mezzo vive in orfanotrofi.
In Russia il numero di bambini abbandonati è decuplicato, a fronte della forte diminuzione delle nascite. A Bucarest, capitale della Romania, centinaia di minori vivono in strada, 100 mila sono in stato di abbandono. E in questa situazione l’accoglienza dell’infanzia è stata smantellata. Per molte donne è stata una vera catastrofe; molte, che speravano in un lavoro e una vita migliore, sono cadute nella rete della criminalità organizzata; ogni anno mezzo milione di donne della regione sono letteralmente ‘esportate’ nell’Europa occidentale.
Prima dell’arrivo del capitalismo, la regione aveva un welfare sociale garantito. Una nota delle Nazioni Unite dice “
Prima degli anni ‘90 i servizi sociali nei paesi dell’Europa centrale e orientale e dei paesi della Cei erano notevolmente buoni. Il lavoro a tempo continuato era garantito per la vita. Anche se il salario era basso era stabile e sicuro. Molti beni di consumo e servizi di base erano sussidiari e la fornitura era regolare. Erano sufficienti alimentazione, vestiario e sussistenza. L’accesso all’istruzione e alla sanità era gratuito. La pensione era assicurata e le persone potevano usufruire di molte altre forme di protezione sociale”, la nota continua: “
oggi non sono garantite una normale educazione, una vita sana e un’alimentazione sufficiente. Il tasso di mortalità aumenta, nuove epidemie potenzialmente distruttive minacciano la sopravvivenza e vi è un crescente stato di allarme”.
Di conseguenza certi paesi si spopolano drammaticamente. In Ucraina la popolazione è diminuita di 1,2 milioni dal 1991. In Russia dal ‘92 al ‘97 di 5,7 milioni- pur con l’arrivo di 3,7 milioni dai paesi vicini.
Le Nazioni Unite stimano che, se la tendenza non si invertirà, la popolazione degli ex paesi dell’Est entro il 2050 diminuirà del 20%: da 307 a 250 milioni.
La popolazione oscilla tra disillusione, rassegnazione e sdegno.
Alcuni esempi. la Polonia è uscita quasi indenne dalla transizione. In questo paese tanto cattolico, il comunismo non ebbe mai vita facile.
Senza dubbio oggi il 44% dei polacchi giudicano il periodo del blocco dell’Est come positivo; il 47% giudica che il socialismo sia “
una buona dottrina che è stata mal applicata”; il 37% dei polacchi danno un giudizio positivo del partito comunista che ha governato dal 1948 al 1989. Il 31% è scontento di questo periodo; solo il 41% pensa che il capitalismo sia un sistema migliore.
IL 76% dei tedeschi dell’Est pensa che il socialismo sia “
una buona idea, che è stata mal applicata”; solo, uno su tre è soddisfatto della forma nella quale sta funzionando la democrazia. Secondo un’inchiesta del 1999, il 64% dei rumeni preferiva la vita ai tempi di Ceausescu. In Russia sulla popolarità di Lenin, il 67% ha un’opinione positiva; solo il 15% parla del ruolo di Lenin in termini negativi.
Vi è molta insoddisfazione e il potenziale di rivolta è grande. Le ferite del passato sono fresche e la confusione ideologica è grande; non è però da escludere che nel prossimo futuro si voglia tornare al socialismo, “ben applicato”.
Nell’Est Europa i mali tipici del terzo mondo
Dall’instaurazione del capitalismo l’Europa dell’Est scade sempre più a livello dei paesi del terzo mondo:
- un decimo degli abitanti è sottoalimentato; in Russia un bambino su sette soffre di carenze alimentari croniche
-per la prima volta dopo mezzo secolo, riappare l’analfabetismo
- in Russia la tubercolosi si sta nuovamente espandendo come nel terzo mondo; i casi di sifilide sono aumentati di 40 volte dal ‘90 al ’98 -la speranza di vita dei maschi russi è scesa da 63 a 57 anni dal ’92 al ’94. In Ucraina è diminuita da 65 a 62 anni
- dal 1992 il numero degli alcoolizzati è raddoppiato
-in Russia su 100 gravidanze ci sono 60 aborti. In conseguenza 6 milioni di donne sono sterili
- in Polonia il numero dei suicidi è aumentato del 25% ma in alcuni paesi dell’ex URSS è raddoppiato. I delitti in Bulgaria sono quadruplicati rispetto all’89; triplicati in Ungheria e nell’ex Cecoslovacchia. In Polonia la mortalità è cresciuta del 60%, in altri paesi fino al 250% -le Nazioni Unite stimano che, nei primi 5 anni dopo il passaggio al capitalismo, la mortalità negli ex paesi socialisti dovuta a nuove affezioni (facilmente curabili) e a morti violente (guerra) sia di 2 milioni di persone
E’ tempo per un ripensamento
Nel Febbraio 1990 i parlamentari del Belgio hanno redatto questa dichiarazione sulla rivoluzione popolare che ha causato la caduta del dittatore rumeno Ceausescu “ La Camera dei rappresentanti ricorda che questa rivoluzione popolare aveva come scopo di mettere fine al regime veramente totalitario dominato dal Partito comunista, che violava in permanenza i diritti dell’uomo, opprimeva le minoranze e le libertà e la democrazia era inesistente”
I 133 deputati presenti votarono tutti a favore, compresi socialisti, verdi, sinistra dei democratico-cristiani. Nella discussione precedente il voto il Vlaams Blok disse: “Prima queste posizioni erano difese solo dalla destra. La ‘rivoluzione’ di velluto in Europa dell’Est è stata sostenuta e incoraggiata dal Presidente americano Bush senior, dal Premier britannico Thatcher, dal generale cileno Pinochet, dal leader fascista francese Le Pen”
Allora il PTB (
Partito del lavoro del Belgio) era il solo, a difendere un’altra analisi, avendo visto, capito e letto quello che tutti i democratici e i progressisti potevano vedere, capire e leggere.
traduzione di BF