Pierangelo - 02-02-2005 |
da Repubblica del 2.2.2005 BELPAESE L´ASTICELLA di ALESSANDRA LONGO In tutti questi anni è mancata un'immagine che potesse riassumere la marcia di Gianfranco Fini verso la definitiva legittimazione del suo partito. L'ha fornita, forse senza nemmeno rendersene conto, lo stesso presidente di An, in occasione del decennale da Fiuggi. È un'asticella. Sì, come quelle per il salto in alto che, ai campionati del mondo, si alzano sempre di più, lasciando indietro gli atleti più scarsi. Fini ha descritto con la mano quell´asticella che saliva, quando ha ricordato che la destra era andata sempre più lontano dal Msi. Dieci centimetri più in alto con l'emendamento sull'antisemitismo e la dichiarazione sull´antifascismo come «momento essenziale per il ripristino della democrazia (Pino Rauti non volle superare la prova e fu squalificato); altri dieci centimetri più su con la proposta di dare il voto agli immigrati regolari; trenta centimetri di stacco ulteriore con il viaggio in Israele e la visita al museo dell'Olocausto. Adesso, annuncia il leader di An, quell'asticella si sposta ancora più in alto con il sogno di una destra addirittura «multietnica e multireligiosa». Dentro il partito si stanno già allenando, ma non è roba per tutti. |
ilaria ricciotti - 04-02-2005 |
Quale patria, quale nazione, si vuole creare? Non certo quella che si evince dai Principi Fondamentali della nostra Costituzione. C'è chi osa ancora dividere l'Italia in due, quella degli uomini attivi, con uno spiccato senso degli affari, quell'Italia dei ricchi signori che hanno saputo usare il loro ingegno per essere quello che sono, ed un'altra Italia, quella dei terroni, degli sfaticati, quella dove regna sovrana l'arte di arrangiarsi, e si limita a sfruttare i soldi pubblici vivendo di rendita, alle spalle dell'Italia che produce. Be' cari signori, l'Italia è unica pur nella sua diversità e chi vorrebbe una sua diversa configurazione geografica e politica dovrebbe trasferirsi in qualche altro stato. |
Giuseppe Grasso - 06-02-2005 |
E' nata la patria dove si dà il carcere duro, durissimo, ai rubagalline e si fanno le leggi salvacollettibianchi; è nata la patria dove è un onore chiamarsi Craxi, o Previti, e dove si parla con imbarazzo di Berlinguer; è nata la patria dove si smonta la scuola pubblica con due chiari obiettivi: rafforzare la scuola privata, da sempre fucina di consensi elettorali ricattatorii, e ribadire che l'istruzione DEVE ESSERE UN BENE DI CLASSE. E' nata la patria in cui la bandiera serve da misero paravento ai culi e alle tette delle veline; è nata la patria dove i forcaioli di un tempo devono, come si dice dalle mie parti, chiamare papà chi gli dà il pane, nella fattispecie concreta il Cavaliere neotricoimplementato... certo, poveri vertici di AN, dovranno pur sfogare con qualcuno i loro pruriti un tempo forcaioli, la loro voglia di giustizia un tempo ad ogni costo.... e per questo restano bene a disposizione immigrati, consumatori di droghe di varia pesantezza (purchè lo spacciatore non sia lo stato, come nel caso dei monopoli sul fumo o sui giochi d'azzardo), diversi... Un tempo si poteva contare almeno sul livoroso ma certo giustizialismo a 360 gradi della destra, si poteva star certi che se c'era da dare dei soldi a Craxi loro l'avrebbero fatto utilizzando gli spiccioli, oggi... E' nata una patria, ho il vago terrore che sia quella in cui abito io. |
Giorgio Di Sacco - 06-02-2005 |
Il fatto che anche la sinistra abbia ricominciato ad utilizzare la parola patria, dopo averne evitato sistematicamente l'uso per più di quarant'anni (durante la resistenza i partigiani facevano continuamente riferimento alla patria), sicuramente dà fastidio ad AN che ne rivendica il monopolio. Andrebbe però ricordato che il significato del termine Patria proprio dei missini non includeva la costituzione; al contrario il senso di quella parola serviva ad addensare sensazioni e passioni che erano radicate nella tradizione nazionalista che da Crispi è giunta sino alla catastrofe del 1945. AN ora ed i fascisti prima rivendicano la funzione di detentori della memoria delle foibe; ma assieme a quella anche della rimozione delle violenze perpetrate dagli italiani a partire dal 1918 fino al 1943 tanto in quelle terre quanto nelle colonie. Di quale patria si parla, di quali identità? Il tedesco usa sia Heimat sia Vaterland per designare la patria. Heimat è la patria intesa come casa, come luogo cui si desidera ritornare. Designa il proprio paesaggio, il luogo in cui ci si sente a casa. Vaterland è la Patria nel senso pubblico, ufficiale. Il primo ha rimandi materni, femminili; il secondo paterni, maschili. Mi sento italiano, mi riconosco nella costituzione repubblicana, e mi sento a casa mia nei paesaggi di questo paese, come negli innumerevoli ed insopportabili difetti dei suoi abitanti. Ma non mi riconosco nella patria dei fascisti e dei post fascisti, il cui concetto appare obsoleto, oltre che parziale acritico e poco democratico. Spero solo che i nuovi militari di carriera non vengano formati con questo vecchio arnese ideologico, che non ha niennte a chje vedere con il patriottismo statunitense o britannico. |