dal Comitato Verità e Giustizia - 03-02-2005 |
Lettera aperta alla Gad Cara Gad, giovedì scorso è cominciata l'udienza preliminare di un processo piuttosto importante, almeno secondo noi del Comitato Verità e Giustizia per Genova. Riguarda gli innumerevoli abusi compiuti fra il 20 e il 22 luglio 2001 nella caserma di Bolzaneto, alla periferia di Genova. Erano i giorni del G8 e la caserma veniva usata come ufficio matricola: vi passavano i fermati prima di essere trasferiti nelle carceri del Nord Italia. Gli imputati sono 47: sedici agenti penitenziari, quattordici poliziotti, dodici carabinieri e cinque medici. I capi d'accusa sono numerosi e gravi: abuso d'ufficio, lesioni, percosse, ingiurie, violenza privata, abuso di autorità, minacce, falso, omissione di referto, favoreggiamento personale, con l'aggiunta della violazione della convenzione internazionale per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Ciò che accadde in quella caserma è noto a tutti e non ti sarà sfuggito: le testimonianze rese dai 255 malcapitati passati in quell'inferno sono pubbliche. Chiunque le abbia lette, ne è rimasto scioccato. C'è chi racconta dei piercing strappati a forza, chi delle ore trascorse in piedi con le braccia contro il muro e le gambe larghe senza mangiare né bere, chi dei gas urticanti lanciati nelle celle. Tutti ricordano il cosiddetto comitato d'accoglienza. Appena entrati in caserma, i fermati erano costretti a passare fra due file di agenti schierati, che "salutavano" ogni nuovo arrivato con calci, sputi, pugni, insulti. Il procuratore capo di Genova, un uomo prudente, non ha esitato a definire "sadico" il comportamento di molti agenti. Ti scrivo, cara Gad, perché giovedì scorso mi hai profondamente deluso. Credevo, nella mia fiduciosa ingenuità, che l'avvio del processo ti avrebbe spinto a prendere una solenne posizione contro la tortura. Mi aspettavo che saresti intervenuta per indicare l'assoluta necessità di ottenere verità e giustizia sui fatti di Bolzaneto, senza riguardo per alcuno e nonostante la prescrizione incombente. In quella caserma, per tre giorni, fu sospeso lo stato di diritto. Vi si praticò la tortura. La nostra democrazia ebbe una caduta verticale. La discesa in quell'abisso di arbitrio e violenze ha fatto capire a noi cittadini quanto siano vulnerabili le garanzie costituzionali. Perciò siamo convinti, noi del Comitato, che il processo di Bolzaneto, come quello per i pestaggi e gli arresti illegali alla scuola Diaz, siano un passaggio fondamentale per ricostruire il tessuto democratico gravemente lacerato durante il G8. Perciò mi hai deluso. Giovedì scorso non hai saputo dire una parola. Non hai fatto un commento, né rilasciato una dichiarazione. Come se l'avvio di un processo contro 47 funzionari dello Stato accusati di avere torturato cittadini italiani e stranieri, fosse una notizia di poco conto, meno importante, per fare degli esempi, di un treppiede lanciato senza serie conseguenze contro il presidente del consiglio, o di un'azione dei Disobbedienti in un supermercato. Su questi episodi, pur così circoscritti, si è discusso per giorni, con interventi, dibattiti, dichiarazioni, trasmissioni televisive, editoriali e commenti. Sulle torture commesse a Bolzaneto, nella democratica Italia meno di quattro anni fa, è invece calato il silenzio. E anche tu hai taciuto. Avresti potuto, cara Gad, almeno dichiarare il tuo solenne impegno - in caso di vittoria alle prossime elezioni - ad approvare una seria legge sulla tortura: l'Italia è l'unico paese europeo a non prevedere questo reato nel proprio ordinamento. Avresti potuto aprire una franca discussione sullo stato dei diritti civili nel nostro paese, sempre citato nei rapporti di Amnesty International per i maltrattamenti inflitti a fermati e detenuti, per il penoso stato delle carceri e - appunto - per gli abusi compiuti dalle forze dell'ordine durante il G8 di Genova. Avresti potuto dire che senza verità e giustizia sui fatti di Genova la nostra democrazia resta monca, menomata nella credibilità. Avresti potuto annunciare il tuo impegno a varare nella prossima legislatura una commissione parlamentare d'inchiesta. Avresti potuto fare e dire molte cose. Invece hai taciuto. Certo, quello cominciato giovedì, e l'altro per i fatti della Diaz che inizierà il 6 aprile, sono processi con imputati molto particolari: funzionari e dirigenti di polizia, carabinieri, agenti penitenziari. Ma non sono processi contro la polizia, i carabinieri, la polizia penitenziaria. Anzi. Sono processi che potrebbero ripristinare la sovranità della legge e delle garanzie costituzionali. Questa è una necessità non solo per noi cittadini, ma per le stesse forze dell'ordine, per i poliziotti, i carabinieri, gli agenti penitenziari che vogliono lavorare in un contesto di democrazia e di legalità, in cui non ci siano zone franche di arbitrio e di impunità. Come sai, cara Gad, in questi anni i vertici delle forze di polizia e lo stesso governo, nonostante le prove degli innumerevoli abusi compiuti a Genova, hanno rifiutato di fare autocritica e di chiedere scusa a chi ha dovuto subire angherie ingiustificate. In questo modo i nostri diritti sono stati calpestati due volte. Oggi, tacendo, si diventa complici di chi vorrebbe farci dimenticare che sui diritti della persona e sulle libertà civili non si transige. Viviamo tempi difficili. La tortura, nel mondo, viene praticata da paesi che siamo abituati a considerare democratici. Noi italiani non abbiamo avuto la nostra Abu Ghraib, ma quanto accadde nella caserma di Bolzaneto fa vergognare chiunque abbia un minimo di simpatia per lo stato di diritto. Sappiamo bene che ogni cedimento sul piano dei diritti civili è la premessa per nuove restrizioni delle libertà e delle garanzie: ce lo insegnano tutte le organizzazioni di tutela dei diritti umani. Cara Gad, il tuo silenzio giovedì mi fa temere che tu stai cedendo, che forse hai già ceduto. Lorenzo Guadagnucci Comitato Verità e Giustizia per Genova Fonte: Verità e giustizia Altre menti |
Reporter Associati - 03-02-2005 |
"Genoa Legal Forum": li abbiamo già lasciati soli? Tra un incubo e l'altro da febbre influenzale, sabato scorso la radiolina vicino al letto mi ha portato la voce del governatore del Lazio Francesco Storace: dismessi i gagliardetti, l'uomo si produceva in uno straordinario pezzo strappacuore sul rogo di Primavalle. Sorvolando sugli effettacci da consumato attore d'avanspettacolo, mi sono trovata d'accordo con lui: una giustizia che arriva dopo trent'anni a dire che non può fare giustizia, fa cadere le braccia. Peccato che il signor Storace, nella sua enfasi oratoria, non abbia voluto spendere una sola parola per quella lunga fila di vittime che hanno insanguinato la storia del nostro paese, da piazza Fontana a Dax, vittime proprio di quella violenza neofascista che ha continuato ad avvelenare per oltre un trentennio la nostra vita politica e non solo, per lo più ignorata dalle istituzioni, in barba al dettato costituzionale. Nel '69, mentre si perseguitavano a morte degli innocenti anarchici (a quei tempi li chiamavano anarcomaoisti), l'autore della strage si preparava ad un futuro miliardario in Giappone. Nel 2001, mentre si accusano i manifestanti (chiamandoli black bloc o, a scelta, anarcoinsurrezionalisti), c'è chi tortura giovani di varia nazionalità al ritmo di Faccetta nera, alla scuola Diaz mandandone un paio in coma, e poi alla caserma di Bolzaneto. Tanto in Italia non è previsto il reato di tortura, reiterata o meno che sia, e noi possiamo scandalizzarci solo per quanto avviene in paesi lontani. E' vero: ci sono talmente tanti orrori, ogni giorno, che è difficile tornare a parlare sempre del G8 genovese. E' vero: l'interesse di molte e di molti di noi è rivolto alle straordinarie giornate del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, o ai lavori di congresso dei partiti. E' vero: alcuni erano al lavoro, altri bloccati dall'influenza. Ma giovedì scorso, al presidio davanti al Tribunale di Genova, dove si svolgeva l'udienza preliminare per le violenze a Bolzaneto, mi è stato detto, erano davvero in pochi. Li abbiamo già lasciati soli? Il gruppo della segreteria legale, che fino ad ora ha sostenuto gli avvocati con un lavoro incessante di ricostruzione e archiviazione di tutto il materiale cartaceo, fotografico e filmico raccolto, mi è stato detto, sta finendo i soldi. Per capirci: è merito loro se è stato possibile più volte ribaltare le accuse al processo contro i venticinque manifestanti, mostrando ad esempio le immagini di agenti che picchiano muniti di mazze fuori ordinanza. Ma stanno finendo i soldi. E' vero: per far fronte alla ricerca, agli tsunami, ai tagli delle tasse, si va sempre a pescare nelle stesse tasche. Qui si tratta di giustizia, di democrazia, di libertà: non ce le regala nessuno! Dipende dall'esito di questi processi se potremo ancora sperare di ricevere, nelle Questure e nei Cpt del nostro Paese, un trattamento rispettoso nei confronti dei nostri diritti; se potremo incontrare una divisa senza porci l'alternativa di cambiare rapidamente strada; se potremo ancora partecipare a una manifestazione senza dover temere per la nostra vita o per quella dei nostri cari. Se qualcuno pensa che esagero, cerchi di ricordare che anche in passato c'è stato chi ha detto "Che esagerazioni!", oppure "Queste cose non mi riguardano!" Queste cose riguardano tutti ed è proprio la storia che ce lo insegna. Facciamo uno sforzo, quindi, tutti insieme: organizziamo una bella festa, un grande concerto, delle allegre cene sociali, e aiutiamo il Genoa Legal Forum a continuare a lavorare per noi. Haidi Giuliani Reporter Associati |