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Il ritorno dei cosacchi a San Pietro
Aldo Ettore Quagliozzi - 20-01-2005
Alessandro Meluzzi, docente di genetica del comportamento umano all’Università di Pisa, uno comunque che se ne intende:

“ ( … ) Ha un Io enorme sempre proiettato sull’esterno, ha bisogno di grandi schermi su cui proiettarsi e farsi ripercepire. Ha un enorme desiderio di essere amato. ( … )

Tito Saveriano, psicoterapeuta, studioso delle comunicazioni di massa:

“ ( … ) Se ognuno di noi usa un’affermazione ovvia per dire che 2 più 2 fa 4, il narcisista, che pensa in grande per fare le cose in grande, argomenta sulla stessa ovvietà: 2 miliardi più 2 miliardi fanno 4 miliardi. ( … )
( Letta nella postfazione a pag 224 del volume “ Fenomenologia di Silvio Berlusconi “ n.,d.r. )

L’epurato dalla pubblica televisione Enzo Biagi, giornalista famoso ma non per l’egoarca:

“ ( … ) Se avesse una puntina di seno, sarebbe anche tentato di fare l’annunciatrice. ( … ) “

Ha lasciato scritto quel grande che fu Indro Montanelli, giornalista e maestro di pensiero:

“ ( … ) I tifosi rossoneri sono in festa. Sono convinti che in un battibaleno Berlusconi farà del Milan una squadra da scudetto, da Coppa dei Campioni, da tutto, e forse hanno ragione.
C’è un solo pericolo: che il neopresidente voglia fare anche il direttore tecnico, l’allenatore, il massaggiatore, il capitano e il centrattacco.
Il che potrebbe anche andar bene. Ma ad una condizione: che possa fare anche l’arbitro. ( … )


Scrive Giorgio Ferrari nel suo volume “ Il padrone del diavolo. Storia di Silvio Berlusconi “:

“ ( … ) Alla fine di ogni campionato, si dedica ( l’egoarca n.d.r. ) alle visite pastorali nei Milan Club, dove va a stringere mani a parroci e marescialli, notai e farmacisti, dove gli fanno imporre le mani su ciechi perché guariscano e su marmocchi con la maglietta rossonera perché imparino da grandi a fare i soldi, con il pallone o senza. ( … )

Ha lasciato scritto nel sua fatica biografica “ Il venditore “ dedicata all’egoarca, Giuseppe Fiori:

“ ( … ) Parlano ( l’egoarca ed i suoi aficionados n.d.r. ) la stessa lingua, l’italian basic, quattrocento parole che anche gli incolti capiscono, lessico e metafore trasferibili dal gioco del calcio a situazioni distanti, la lingua delle moltitudini indifferenti alla politica; è anche per questo tirocinio che, anni dopo, dirà d’aver deciso di non partecipare alle elezioni ma di ‘ scendere in campo ‘, d’aver formato non un ministero ma una ‘ squadra ‘, ‘ ho sempre giocato al centro, mai fatta l’ala sinistra ‘, e così spiegherà le dimissioni dopo sette mesi tormentati di governo: sono un attaccante da trenta goal, con alleati che non mi passano la palla e avversari che entrano pesanti per troncarmi le gambe. ( … )

E’ il fenomeno ‘ egoarca ‘, ovvero il ‘ caso interessante ‘ per gli studiosi delle discipline più disparate, che da un decennio calpesta a suo modo il palcoscenico della politica del bel paese.
Un ‘ caso interessante ‘ al quale sembra ben difficile dare oggi le rituali e scontate risposte della politica, di una pericolosità estrema, di una sfuggevolezza tale per cui riesce difficile anche agli organismi di garanzia della seconda repubblica del bel paese creare un argine alla sua dirompente frenesia di distruzione degli assetti politico-istituzionali.
Ma il nostro sa di poter contare su di una base di consenso popolare ben radicata e che fa leva esclusivamente sul perbenismo più becero, sul qualunquismo più sfrenato, sul disincanto per le regole e le istituzioni di enormi moltitudini del bel paese, non per nulla l’egoarca si è dilettato negli anni ultimi nell’opera prima della delegittimazione della politica e dei suoi attori, ritenendosi egli fuori dal coro per i precedenti suoi d’imprenditore, anche nel momento in cui con la politica ha salvato capre e cavoli, ovvero la sua personale libertà ed i suoi averi.

Scrive Furio Colombo nel suo editoriale “ Un messaggio pericoloso “ sul quotidiano “ l'Unità “ all’indomani dell’ultimo proclama delirante dell’egoarca:

Le parole terrore e morte” non fanno parte degli argomenti di una campagna elettorale o di un confronto politico. Eppure, parlando a coloro che lo seguono e gli credono, ieri il presidente del Consiglio italiano ha detto che se lui perdesse le elezioni il suo avversario, il centrosinistra, seminerebbe in Italia terrore e morte.
Impossibile ridurre la dichiarazione a uno dei suoi colpi di teatro o definirla - con quel tanto di sarcasmo che spesso si dedica alle parole sregolate di Berlusconi - una “follia”.
Silvio Berlusconi è il presidente del Consiglio in carica, firma i trattati, le leggi, i decreti, rappresenta il Paese, comanda e controlla l’Esecutivo.
Non è realistico immaginare che un uomo caricato di tanta responsabilità, per quanto incline al protagonismo televisivo e teatrale, non dia peso e seguito alle sue stesse parole.
Berlusconi, dopo aver annunciato la sua convinzione che una certa parte politica - in caso di vittoria elettorale - porterà nel Paese terrore e morte, dovrà per forza agire - finché è in tempo - per proteggere il Paese.
Ma se anche il presidente avesse parlato solo per fare colpo, resta il fatto che al suo ufficio e alle sue parole credono - per dovere e per efficienza - le polizie e i servizi segreti italiani.
La frase infatti non è generica. Evoca, e anzi annuncia, un pericolo serio che richiede a chi di dovere di mobilitarsi per tempo.
Non sarebbe ragionevole, in nome della salvezza del Paese, schedare, pedinare, sorvegliare, intercettare chi si appresta a portare in Italia terrore e morte.
È possibile, infatti, che quelle parole di denuncia e di allarme da parte di un primo ministro siano interpretate come un segnale per cominciare a occuparsi della materia da parte di chi ha senso del dovere, finché il Paese è al sicuro, nelle mani di Berlusconi.
Le domande sono gravi. Sembra inevitabile che tocchi alle più alte istituzioni del Paese chiedere al presidente del Consiglio di confermare o negare.


Un ennesimo evidente segnale di allarme per la democrazia italiana.

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 Frg    - 20-01-2005
Silvio "Re Sole" Berlusconi: "Dopo di me il diluvio..."

New York, 19 Gennaio 2005. ''A près moi le déluge''. Dopo di me, il diluvio, disse il re di Francia Luigi XV, il figlio del grande Re Sole. Senza di me, ''miseria, terrore e morte'' dice oggi il secondo Cavaliere d’Italia (il primo Cavaliere fu colui che promise per l’Italia ''un posto al sole'', ma alla fine del suo ''ventennio'' arrivó la miseria, il terrore e la morte). La paura del futuro per lasciare tutto così com’è viene trasmessa ad ogni popolo ubbidiente dal potente, che resta comunque timoroso che i sudditi un giorno possano essere tentati dalla promesse di un altro pretendente. In Sicilia, dove il potere arrivava sempre d’importazione, prima delle elezioni del 2001 vigeva una massima del pessimismo doc: "Megghiu u tintu canusciutu ca u buonu a canusciri" (meglio la persona cattiva ma conosciuta che quella buona ancora da conoscere).

Berlusconi quattro anni fa proprio in Sicilia di voti ne prese a valanga, fece il cappotto di deputati e senatori in un diluvio di ottimismo. "Italia vota il Cavaliere e arricchirai pure tu", fu il pensiero forte di quella campagna elettorale.

Oggi invece sembra che Berlusconi ci tenga a far sapere a tutti gli italiani che alla promessa non credono più e magari si accontenterebbero di mantenere quello che gli è rimasto, che se alle prossime elezioni decidessero di sostituirlo al governo con dei ''comunisti'' avrebbero in cambio ''miseria, terrore e morte''.

Lo slogan elettorale ridotto ad un lucubre: ''Vota per me o muori''. Chi sta dall’altra parte della trincea della democrazia italiana, dipinge l’Italia già in una situazione altrettanto tragica, da ''grande terrore''. La prossima campagna elettorale dovrebbe unire gli sforzi di tutto il centrosinistra per accanirsi ''contro un governo di persone illegali e pericolose''. Così almeno scrive Furio Colombo sull’Unità, giornale degli ex, dei post e forse dei ''futuri comunisti'', proprio lo stesso giorno delle dichiarazioni ''apocalittiche'' del "Cavaliere Re Sole''.

Insomma, nell’opposizione in molti vorrebbero uno slogan speculare a quello di Berlusconi: ''O lo cacciate dal governo, o avrete miseria, terrore, morte''. C’è qualche segnale da Romano Prodi, nella sua tragicomica figura di leader di una coalizione in cerca di nome, che almeno appare meno ''apocalittico''. Dato che si parla d’Italia, direi che è veramente rivoluzionario.

Così parlò il Professore: ''Etica e unità per vincere... Anche noi le tasse non le vogliamo aumentare, vogliamo ridurle il più possibile. Ma soprattutto vogliamo che le paghino tutti''. Uno slogan elettorale ''faremo pagare a tutti le tasse'', in altre parti dell’Occidente sembrerebbe banale, troppo ovvio. In Italia diventa una specie di urlo rivoluzionario, quasi un ''tutto il potere ai soviet''.

E’ forse questo che teme il Cavaliere II, quando mette in guardia l’Italia dall’arrivo dei comunisti? Se proprio vuol parlare di ''terrore'' all’Italia, il Cavaliere secondo dovrebbe guardare a chi, del primo Cavaliere, continua ad averne nostalgia.

C’è stato qualche giorno fa un episodio, forse marginale per qualcuno, insignificante o semplicemente stupido per qualcun altro, ma visto da qui offensivo e mortificante e che quindi avrebbe meritato, almeno per chi guarda da lontano, piú attenzione da parte di un capo di un governo che si dice sensibile agli ''spettri del terrore''. Il piú rappresentativo giocatore della Lazio, Di Canio, dopo aver segnato un gol nel derby con la Roma, ha salutato la curva dei suoi tifosi con il braccio alzato: il saluto fascista (anzi, da come era teso, direi che assomigliava piú a quello delle sfilate naziste).

Solo un gesto di un imbecille, di un povero, anzi ricco ignorante? Di Canio era lo stesso giocatore che nei giorni precedenti aveva scatenato una polemica con il romanista Totti, parlando di intelligenza e cultura. Secondo le dichiarazioni riportate dalla stampa, Di Canio avrebbe detto: ''Con Totti a cena non ci andrei. Se gli parlo di Medio Oriente penserà che si tratti di una zona del campo''.

Il sapere laziale che disprezza l’ignoranza romanista. Già, allora saluta così, con il braccio teso, l’Italia che sa?

Ecco, il Cavaliere II, quando vuol ricordare ''miseria, terrore e morte'', invece di riferirsi allo spauracchio di un ''Romano il terribile'', farebbe meglio a scagliarsi contro quel gesto, sì da stadio, sì da ignorante, ma che deve ricordare all’Italia la miseria, il terrore e la morte.

Stefano Vaccara
(New York, direttore di "Oggi7")

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