Rientro
Annalisa Rossi - 11-01-2005
Reduce da un infernale viaggio in Lapponia.
A parte i -30, sopportabili, per chi , come me, é rotta a qualunque esperienza (o ha una termoregolazione da far invidia a un condizionatore), a parte che sono vegetariana e lì mangiano la renna e il salmone (e basta), - per cui sono vissuta di pane e burro! (prendendo 4 kg.) -, a parte il fatto che sono l’unica a memoria d’uomo ad essere scesa dalla nave rompighiaccio in mezzo al mare e ad aver messo il piede nell’unico punto dove il ghiaccio era spesso 3 cm, contro una media di 5 metri: ecco, a parte tutto questo, al rientro dovendo atterrare a Copenaghen per prendere la coincidenza per Milano, il comandante ci invita a mettere la testa tra le gambe a causa di una “turbolenza”.

In effetti c’era una tempesta in atto (storm), ma noi si doveva atterrare per forza, per l’esiguità delle scorte di carburante.

Ho capito che é in quei momenti che pensi “cazzo!”, con convinzione senza pari.

Comunque siamo atterrati.

A terra abbiamo scoperto che l’aereoporto era chiuso: il vento soffiava a 30 metri al secondo.

Nemmeno le macchine viaggiavano.

5 ore di aeroporto per farci andare a dormire -naturalmente privi di bagagli - per una notte a Copenaghen.

Niente cena, ma tanto lo stomaco, dopo l’atterraggio ha rifiutato di stare fermo fino al mattino dopo.

Et voilà. Rieccomi.


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