breve di cronaca
Mille divieti ma nelle scuole fumano tutti
Pierangelo Indolfi - 08-01-2005
Da Repubblica - 7.1.2005

La scena si ripete identica ogni mattina alle undici, nella scuola dove insegno e in tutte le scuole d´Italia: suona la campanella della ricreazione e i ragazzi e le ragazze sciamano verso i cortili e i bagni con il pacchetto di sigarette in mano. Sono quindici minuti di fumo accanito, corale, indisturbato. Ma a ogni cambio d´ora c´è qualcuno che chiede con la faccia sofferente, da attore consumato, di poter andare al bagno, e nel palmo tiene sigaretta e accendino. Le ragazze sono impeccabili nella recita, fanno intendere di dover affrontare gravi emergenze e si fiondano a fumare la loro bella cicca. A dire il vero anche qualche professore approfitta delle pause per scaricare nel fumo un po´ di ansia. Io che sono un tabagista coi sensi di colpa, almeno a scuola cerco di resistere alla tentazione. Ma la situazione comunque è questa, ed è paradossale: in Italia ormai vige un proibizionismo assoluto, poco alla volta le sigarette sono state interdette in ogni luogo, prima nei cinema e sugli aerei, poi hanno abolito le carrozze fumatori dei treni, infine è stato esteso il divieto agli uffici e da lunedì prossimo a tutti i ristoranti e bar. Ovunque, ma non nelle scuole.
Il fumatore è un povero disgraziato, e ormai lo Stato lo considera una spesa da contenere in ogni modo: perché un fumatore sarà un malato di cancro, uno che subirà infarti a catena, ricoveri in ospedale, operazioni, cicli di chemioterapia, sarà solo un costo per le finanze pubbliche. Quindi bisogna restringergli gli spazi, ridurgli le possibilità di nuocere a sé e agli altri. Chi fuma deve poterlo fare, se proprio ci tiene da morire, solo a casa sua. Attorno deve avere mille proibizioni e magari anche una violenta riprovazione sociale.
Insomma, questo è il progetto, non lo condivido, ma lo capisco. Ormai ogni fumatore si considera spontaneamente un problema, estrae dalla tasca il suo pacchettino con imbarazzo, giura agli altri e a se stesso che presto smetterà. Prova con l´agopuntura cinese, con i cerottini e i maghi televisivi, con i voti alla Madonna, sa di stare dalla parte del torto e si dispiace. Il ministro della Sanità gli ha reso la vita impossibile, vergognosa. L´unica zona franca dove si può fumare a rotta di collo, senza particolari impedimenti e senza complessi, è la scuola. Agli adulti viene negato anche un angoletto in pizzeria, un vagoncino ferroviario, un ripostiglio in ufficio: ai ragazzi è invece consentito di avviarsi serenamente sulla strada del cancro ai polmoni. Prima del consueto e noiosissimo incontro con i genitori, decine di quindicenni vengono da me a supplicare: non sono preoccupati dei voti che elencherò a mamma e papà, chiedono solo un complice silenzio sulle sigarette. A scuola tutti sanno che fumano come turchi, i compagni, i professori, i bidelli, tutti, ma a casa la notizia non è ancora arrivata. A casa non riescono a fumare in santa pace neanche al cesso, i genitori controllano, abbaiano, minacciano: a scuola invece il fumo è un´abitudine serena e condivisa. Certo non dovrei essere io a lanciarmi in pistolotti moraleggianti, io che sono attaccato alla sigaretta come un cane alla catena, però non posso non notare lo squilibrio della legge. Se davvero i dati scientifici confermano inesorabilmente lo stretto rapporto tra fumo e malattia, forse è il caso di fare qualcosa anche nelle scuole. Proibire è sempre antipatico, spesso addirittura controproducente, però informare è doveroso. Se ogni anno viene invitato a scuola un vigile urbano a spiegare i semafori, sarebbe giusto ospitare anche un oncologo, almeno per un paio di dolorose lezioni. A sedici anni sembra fantastico sbuffare in faccia al mondo il fumo di una sigaretta, lo capisco, però poi si passa la vita intera a tossire, scatarrare, ansimare, cercando invano qualcuno che riesca a farci smettere. E con un mal di testa trapanante e il catrame nei bronchi, ogni volta pensiamo: maledizione a quando ho cominciato, a quel giorno a scuola in cui ho acceso la prima sigaretta e mi sono sentito splendido.

Marco Lodoli


Dall'Espresso n. 1/2005

annali di Enzo Biagi

Un amore lungo una sigaretta


Mi pare di ricordare di averlo letto su un muro di Parigi: 'Il fumo ti uccide lentamente' e sotto il commento di uno sconosciuto: 'Io non ho nessuna fretta'. Ci sono battute sul tema diventate a suo tempo quasi un ritornello: 'Dammi una sigaretta', diceva Greta Garbo prima di andare a morire nella parte di Mata Hari.

Un grande fumatore di Gitane era Jean Gabin, spesso nelle parti del perseguitato: gli rimanevano così poche consolazioni. Come sono inimmaginabili Humphrey Bogart senza cappello, impermeabile e Marlboro tranquillamente tra le labbra. E Marlene Dietrich, che fa impazzire d'amore il severo professor Unratt nell''Angelo azzurro', che fuma esibendo le leggendarie cosce seduta su un barile di birra? Audrey Hepburn metteva in mostra gioielli e bocchino, Rita Hayworth in 'Gilda' aveva nella borsetta il profumo e il pacchetto di sigarette: strumenti per sedurre. Ma come si farà ad ambientare una storia nell'infinito West senza il sigaro di Clint Eastwood? Non solo lo accende, ma spesso lo sputa. I cowboy lo masticano anche. Senza il tabacco non c'è la selvaggia prateria, il saloon con la maliarda dalle calze nere. E poi c'è chi esagera, come Robert Mitchum, che finirà dentro perché invece del tabacco preferiva la marijuana. Nella finzione, una diva del cinema muto, Gloria Swanson, concludeva gli amori infelici con una battuta: "Il tempo di fumare una sigaretta e ti avrò dimenticato". Una canzonetta di quei tempi, per spiegare la futilità e l'inconsistenza di certe passeggere passioni, aveva un ritornello ammonitore: 'Come una sigaretta: che al fumo se ne va'.

Tra poco sarà proibito fumare nei luoghi pubblici, al bar e al ristorante, vietato perfino ai carcerati, e sui pacchetti, e bene in vista, ancora un avviso: tu insisti, ma questo ti ammazza. Anche nei film muti c'era spreco di sigarette: gli uomini credevano che esaltassero la loro virilità, le donne la spregiudicatezza. Fumavano Jerry Lewis, Bogart, Cary Grant e Gary Cooper, fumava anche Marilyn: le pareva che rendesse più spontanea la sua recitazione. Sharon Stone accavalla le gambe e fuma in 'Basic Instinct' senza preoccuparsi che ha dimenticato di infilarsi le mutandine. Del resto in 'Gola profonda' una protagonista chiede il permesso all'amico di poter continuare a fumare mentre lui traffica tra le sue gambe. Fumano De Niro e John Travolta, e anche Nicole Kidman, non fumava normalmente Greta Garbo.

Conobbi Gustav Molander, il primo regista di Greta Garbo che fu anche l'inventore di Ingrid Bergman. "L'ho avuta in una particina, poi diventò 'la Divina'. Era pallida, le labbra sottili, paffuta, timida, scontrosa. Tutto la spaventava. Non aveva cultura, ma certo possedeva qualcosa in più delle altre. Il professore le chiese quando era nato Strindberg e lei rispose: 'D'inverno'. Fu un mio amico, Maurice Stiller, un ebreo di origine russa, a rivelarla. Credo sia stato il solo vero amore di Greta". Churchill disse di lei: "È la donna più interessante di tutti i tempi". Suo padre era un modesto impiegato della nettezza urbana, morto giovane e lei doveva guadagnare. Si è sempre dimostrata molto attenta al denaro.

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 Pierangelo    - 08-01-2005
Da Repubblica dell'8.1.2005

Genova, liceo Andrea D´Oria, tra gli studenti in ricreazione. Un professore avverte: "Ci saranno le multe"

A scuola, dove si continua a fumare
"Ma ora non mettete le telecamere"


di WANDA VALLI

GENOVA - Dura, fumare al ginnasio liceo "Andrea D´Oria" di Genova. Considerato uno dei più severi d´Italia, è famoso anche per i controlli, le punizioni, a chi trasgredisce le regole. Eppure, a dispetto di tutto, al D´Oria si è sempre fumato e si continuerà anche dopo lunedì, il d-day anti fumo. Mentre il liceo si prepara la guerra del cortile, sede dell´intervallo, all´aperto, ma off limits per le sigarette.
Dedicato a Andrea Doria, l´uomo che mai volle farsi Doge e fu il più potente signore della Repubblica di Genova, il liceo si distingue perfino nel nome. D´Oria con l´apostrofo, per ricordare l´origine spagnola dei Doria, i D´Auria. Lo sanno bene gli ex allievi come Domenico Fisichella (vice presidente del Senato), Massimo D´Alema (presidente ds), Victor Uckmar (fiscalista), Enrico Ghezzi (una delle anime di "Blob"), e poi i gemelli Paolo e Piero Villaggio (uno comico, l´altro matematico), o il primo giudice rapito dalle Br, Mario Sossi.
Al D´Oria i fumatori si preparano a difendere dai divieti il cortile, spazio aperto sorvegliato da alte cancellate e da un muraglione, ma il preside, Salvatore Di Meglio, latinista, è categorico: «Il cortile fa parte dell´edificio scolastico, nessuna deroga. Del resto a scuola è dal 1917 che non si può fumare, ora dovremo multare i trasgressori». Altro bel problema, perché non esistono i bollettini delle contravvenzioni, non si sa se chiederli ai vigili o se si deve segnalare il "colpevole" al Comune. Intanto, alle 10 e 35 di ieri, nel cortile, il rito della sigaretta prosegue. Nicolò M., II liceo sezione E, è rapido come un prestigiatore, nel nascondere e poi spegnere la sigaretta. A proposito di lunedì, il d-day anti fumo, ragiona: «Siamo all´aperto, non dovrebbero nascere questioni. Ce la caveremo come sempre, basta che non mettano le telecamere».
Poco più in là un gruppo di ragazze, anche loro con sigaretta. Giulia P., II F, non si sente colpevole: «è un piacere, è solo una pausa gradevole a metà mattina, e poi ormai siamo rimasti pochissimi». Vicino a lei, con il golf nero che le copre metà viso, Agnese S. sposta l´attenzione sui bagni: «se ti beccano lì, allora sono problemi». Lo conferma la collaboratrice scolastica, Franca, addetta al piano della Presidenza: «Si nascondono perché se li becchiamo, sono guai. Se permetti a uno di sgarrare, lo permetti a tutti». Gabriele R, 15 anni, ha un orecchino con piuma indiana in argento, e voglia di scherzare: «Non si può più fumare? E noi lo faremo lo stesso» Lui consuma sigarette da quando aveva 13 anni, «un pacchetto al giorno», ammette. E fuma «ma meno, a seconda dei giorni e dell´umore», il suo amico e coetaneo Edoardo.
«La dipendenza, di qualsiasi tipo, nel periodo adolescenziale, nasce così», commenta il professor Paolo Sala, insegnante di Educazione Fisica, per due anni distaccato in un centro di recupero per tossicodipendenti, per un progetto su "Adolescenti a rischio". Rossana Bottazzo è tra le più stimate prof di Latino e Greco. Fumatrice, ragiona: «Siamo pochissimi e segnati a dito». Verissimo che il fumo fa male, però, riflette amareggiata: «Vorrei sapere, anche, che cosa mangio, che cosa respiro. Credo in certi valori, posso dire ai miei ragazzi, attenti, fumare è sbagliato. Ma sentirmi come una delinquente, quando lavoro con passione, questo no, non lo accetto». E il preside? Il professor Di Meglio ha già deciso di intensificare la sua strategia anti fumo. Questa: «Al momento dell´intervallo mi affaccio sulla porta del cortile e, come per magia, vedo tanti fili di fumo che si spengono. Ai ragazzi spiego da anni che non fumare equivale a essere liberi da una schiavitù. E la libertà è il bene più prezioso».

 Anna Pizzuti    - 08-01-2005
Questo me lo ero messo da parte. Lo dedico a Lisetta, collaboratrice scolastica che è più tremenda di tutti i segnali e allarmi antifumo. Nella mia scuola sono rimasta solo io, la reproba, e vado a fumare per strada, esposta alla pioggia ed al gelo in inverno, al sole cocente in estate. Ed agli scarichi delle auto. Mi faccio fare un orario pieno di ore libere, per potermi dedicare al vizio. Ai miei alunni che fumano dico "Non lo fate, diventerete come me!"

Scorretto per chi?

La meditazione per Fenoglio, e poi Svevo e Palazzeschi - Le boccate di Sereni lunghe e meditate come i suoi versi, il fumo enigmatico di Vittorini, l'endecasillabo di Pintor, le Macedonia di Bilenchi, le dita gialle di Eugenio Montale

di Massimo Raffaelli, pubblicato da Il Manifesto il 7 Luglio 2004

Scrivo fumando senza tregua è un endecasillabo bellissimo e l'ha scritto una volta sul manifesto Luigi Pintor. Oggi ritenuto politicamente scorretto e indifendibile, il fumo rimane tuttavia nella letteratura italiana un'insegna del secolo che ci sta alle spalle. Fumava Giovanni Papini, da matti, e affumicava insieme con le lenti a culo di bicchiere tante pagine del proprio magistero reazionario, come fumavano, e sapevano di fumo e nebbia i loro personaggi, gli scrittori anni Trenta della fronda antifascista, ad esempio Pavese, che nel fumo incubava enigmi esistenziali, anzi li ruminava in un silenzio spasmodico, e poi l'Elio Vittorini di Uomini e no, le cui nazionali sapevano in sogno d'arancia e limone, e infine Romano Bilenchi, un nostro compagno che dietro al fumo delle Nazionali strizzava gli occhi per pensare meglio, per alleviare ulteriormente la pagina, per indovinare un interlocutore più fraterno.
Fumo e cenere, in allegoria, stanno dentro i testi della grande tradizione poetica, da Eugenio Montale che ne aveva le dita gialle e corrose, a Vittorio Sereni le cui boccate prima che smettesse somigliavano ai suoi versi lunghi e meditati, quasi sospirati.
Umberto Saba fumava la pipa, volentieri morsicandola e peraltro inebriandosi di fumo altrui nelle vecchie osterie, Giorgio Caproni tirò a lungo dalle vecchie Macedonia ma nessuno forse ha fumato tante sigarette quante ne ha fumate Edoardo Sanguineti nel tempo che passa tra i suoi libri apicali, Laborintus ('56) e Postkarten ('78).

Due sono, comunque, e antipodi, gli emblemi novecenteschi del fumo: da un lato quello iscritto nel celeberrimo capitolo terzo della Coscienza di Zeno di Italo Svevo, sinonimo di coazione a ripetere e inettitudine, mite schiavismo accettato alla stregua di una fatale irresolutezza (perché Zeno proclama di liberarsene nel momento in cui più disarmatamene vi soccombe).
Dall'altro le sigarette povere, carta e foglie le quali arrotolano tabacco grezzo, che fumano i partigiani di Beppe Fenoglio, prima durante e dopo ogni loro azione, vale a dire i Milton, i Nord, i Johnny: non c'è foto superstite di Beppe Fenoglio in cui manchi la sigaretta al lato della bocca, simbolo stesso del meditare e intarsiare la prosa (e lui proprio di tale doppio accanimento morirà quarantenne) così come non c'è sequenza del suo grande ciclo epico che non preveda il fumare alla maniera di una cadenza esistenziale, e di una necessaria introversione.
Nemmeno questo può essere un caso, in definitiva: pochi rammentano infatti che il secolo da noi si era aperto con un libro all'insegna del buffo, Il codice di Perelà, a firma Aldo Palazzeschi, dove appunto folleggiava un nipote degenere di Zarathustra, l'omino fatto tutto quanto di fumo. Perelà amava le domande dei semplici e odiava le risposte dei filistei, era la leggerezza anarchica di contro alla pesantezza dei poteri costituiti. Dunque rappresentava la mitezza antipode della brutalità. Nel suo niente era tutto, ovvero (e sia detto dopo il ben altro fumo di Auschwitz e Hiroshima) avrebbe potuto esserlo sul serio.

 Pierangelo    - 09-01-2005
da Repubblica del 9.1.2005

L´osteria di Guccini "Non lo perderemo"
Il cantautore "Mi sento discriminato, ma non mi arrendo"
di GIOVANNI EGIDIO

BOLOGNA - Tira una brutta aria da Vito, leggendaria osteria fuori porta prediletta da Guccini , a due passi dalla casa del cantautore di via Paolo Fabbri 43. Quaggiù, tra le nebbie di nicotina e ragù, l´imminente no smoking incombe come un avvenimento ferale. Che fare? «Cosa vuoi che faccia - sbuffa Paolo, il gestore - sarò costretto ad attrezzarmi per fare la sala fumatori. L´aspiratore che serve è grande come una Panda e costa un patrimonio, ma qui fumano tutti, da Guccini in giù».
La sala fumatori è - sarebbe, sarà - quella in fondo al locale, dove il Maestro, come lo chiamano qui, ha consumato mille e una notte a suonare, mangiare, bere, cantare. E fumare, naturalmente. Due pacchetti di MS al giorno («ma non fino in fondo, le spengo a trequarti»). A smettere proprio non ci pensa. «Potrei al massimo sforzarmi di ridurre, ma già mi costa fatica l´idea. Speriamo che da Vito facciano in fretta a sistemare l´aspiratore, anche se temo che quel macchinario un giorno o l´altro aspirerà tutti noi».
Per una trattoria come questa, che a tarda notte si trasforma in osteria d´altri tempi, consacrata proprio dalle ballate di Guccini, l´avvenimento è comunque epocale. Sarà un bel problema riuscire a stipare tutti i clienti tabagisti, una maggioranza bulgara, nella saletta in fondo. «Sì, ci sentiamo discriminati - sorride Guccini - c´erano già abbastanza locali in cui i non fumatori potevano starsene in santa pace, e ora invece sono definitivamente tutti per loro. Insomma, la legge mi sembra un po´ liberticida. Ma non mi aspetto un ravvedimento di Sirchia: come tutti gli ex fumatori, mi pare un´integralista. Capita a molti ex, compresi i comunisti».
Domani, dunque, Vito inaugura l´era salutista. Guccini, a malincuore, dovrà adeguarsi ai tempi. «Purtroppo ci stiamo americanizzando anche in questo, e io ad americanizzarmi non ho mai goduto granché. Anzi, lo considero un netto peggioramento. Però mi devo abituare. E quando non sarò da Vito, ma in un locale senza sala fumatori, farò come dice Proietti. Ho letto la sua intervista: appena finito di mangiare, fuggirò anch´io all´uscita per una sigaretta. Chissà, forse finiranno per farci sentire dei mezzi criminali, e magari alla lunga smetteremo. Ma ho i miei dubbi».
Intanto, saputo del comitato che sta nascendo per difendere i diritti dei fumatori, Guccini si candida a farne parte. «Ho letto che ci sono Dario Fo e Dino Zoff. Spero che prendano anche a me. Almeno, in questi tempi di restrizioni, sarò in buona compagnia».

 Pierangelo    - 09-01-2005
da Repubblica Bari del 9.1.2005

Dalla mezzanotte di oggi scattano i divieti. Alessandro Laterza: "Non frequenterò più locali pubblici, mi rintanerò in salotto"

"Invito i fumatori a casa mia per il funerale della sigaretta"

È lo Stato che mi vende il tabacco: ecco perché questa crociata mi irrita

di LELLO PARISE

Questo è l´ultimo giorno dell´ultimo weekend senza divieto di fumo. «E chi l´ha detto?» domanda Alessandro Laterza, editore e fumatore incallito.
Il ministro della Salute, Girolamo Sirchia.
«Sirchia cadrà nella polvere e questa proibizione si scioglierà come la neve sotto il sole».
Per la verità, stiamo parlando di una legge dello Stato.
«Ci mancherebbe che io non la rispettassi».
D´accordo, ma da domani sarà difficile conciliare il no smoking nei locali pubblici con la sua sfrenata passione per le "bionde".
«Tutt´altro».
Cioè?
«Non andrò più a mangiare al ristorante né frequenterò un wine bar, semplice. Non mi va di alzarmi dal tavolo per andare ad aspirare all´aria aperta qualche boccata di tabacco, come se fossi un consumatore di droghe pesanti. D´altra parte, non fare uso di nicotina è un principio molto sano».
Sfotticchia?
«Sì, lo Stato».
Si spieghi meglio, prego.
«Da un lato, m´impediscono di fumare. Dall´altro, però, contemporaneamente è lo stesso Stato che mi vende le sigarette e a caro prezzo. Ecco perché questa crociata m´irrita: è ipocrita».
È un antiproibizionista irriducibile?
«Però Sirchia e compagni non sono mica proibizionisti. E´ che non sanno ancora quale strada percorrere».
Eppure sembra che vogliano marciare spediti nella lotta al fumo.
«E perché non anche all´alcol? Faremo la stessa fine degli americani, cui dappertutto non permettono di fumare, ma che muoiono perché possono ingurgitare quantità mostruose di alcolici».
Basterebbe contenere entro limiti accettabili qualsiasi genere d´abuso. O no?
«Certamente. Tuttavia, non vorrei che ci ritrovassimo a vivere in camere iperbariche e a nutrirci per via endovena».
Nel frattempo sarà sufficiente non accendere la sigaretta.
«Bisognerà correre ai ripari».
Un riparo, quale potrebbe essere?
«Casa propria. Sì, sarà il trionfo della socialità casalinga: si era persa, ma adesso finalmente dovrà essere recuperata. Ancorché per forza di cose. Questo credo che sia l´unico aspetto positivo della norma imposta da Sirchia. Basterà non invitare i non fumatori, e il gioco è fatto. Potrei incominciare proprio da domani, con la celebrazione del funerale alla sigaretta».
Come si dice in questi casi: non fiori, ma opere di bene.
«Poche, per la verità. Perché se la regola ministeriale non sarà disattesa, diverse aziende perderanno clienti e si registrerà un calo appariscente dei consumi. Purché l´interdizione ai fumatori alla fine altro non sia che una bufala come quella sullo sconto fiscale, che non esiste».
Alessandro Laterza, quante sigarette fuma in un giorno?
«Mi appello alla legge sulla privacy, e non rispondo». Ci vediamo domani al funerale della sigaretta.

 una docente    - 09-01-2005
sono una docente di una Istituto Superiore, tanti fumano nell'istituto, personale dirigente, ata, e prof...diverse volte ho posto il problema, ma ricevo sorrisi.....come per dire poveretta...non ha capito che qui comandiamo noi!!!!

Da qualche tempo quando mi vedono entrare ...accendono la sigaretta......

 Gianni Mereghetti    - 09-01-2005
Lodoli affronta con la sua usuale efficacia la questione del fumo nelle scuole. E' probabile che il divieto a fumare dentro la scuola sia rispettato in modo limitatissimo, ma staremo a vedere! Quanto all'idea di Lodoli di interventi di educazione alla salute che spieghino le conseguenze del troppo fumo non so se sia il caso, anche perchè io sto diventando insofferente al fatto che ad ogni problema la scuola debba rispondere con una corrispondente educazione, tra l'altro riducendo la stessa educazione ad informazioni preventive con scarsa incidenza.
Educare è introdurre alla realtà, che si faccia questo e poi ogni studente e professore se la veda lui con il fumo. Certo rispettando il fatto che nei locali pubblici non si fumi!

 Pierangelo    - 10-01-2005
Da Repubblica del 10.1.2005

FUMARE MENO FUMARE MEGLIO
di MICHELE SERRA

Ogni vizio contiene il sottile ma netto discrimine tra il piacere e il dispiacere. Fellini ci ha mostrato un Casanova che si non si accoppia più per godere, ma per dovere, e copula con zelo meccanico, come un orologio a cucù, come uno schiavo della reiterazione. Da fumatore conosco bene quel discrimine, e odio il mio vizio più spesso di quanto lo ami. Le sigarette godute sono una piccola minoranza, la maggioranza brucia nell´esercizio spesso nauseante della dipendenza. I posacenere zeppi e fetidi, l´abitacolo della macchina pregno di fumo vecchio, il mal di testa da overdose nicotinica descrivono il fallimento di un piacere divenuto routine irriflessiva, condanna quotidiana. Come un lavoro?
Ecco, accanto alla giusta preoccupazione sugli eccessi di zelo dello Stato ficcanaso e salutista, è bene inserire anche una riflessione su quanto invadente e costrittivo sia anche il tabagismo, che ci impone un obbligo, quello di accenderne sempre una di troppo, almeno tanto pesante, e pedante, quanto la nuova legge anti-fumo. Per questo saluterò questo primo giorno proibizionista con serenità, vedendo se riesco a coglierne le opportunità sopportandone gli obblighi.
Fumare, intanto, non è vietato. È consentito laddove non si ledano i polmoni altrui, o se non credete alla nomea funebre del fumo passivo, dove non si colonizzi l´aria degli altri, per i quali magari è fetore ciò che a noi sembra aroma. Dalla mezzanotte di ieri noi fumatori abbiamo un vantaggio: siamo indotti a riconsiderare ogni sigaretta come una scelta, un´occasione, una piccola vacanza, e non più come un gesto ovvio e abusato. La nuova legge impreziosisce il fumo, lo restituisce alla sua nobile natura di vizio. Un vizio inflazionato non è più tale, non è più un gioioso sgarro alle regole, è un tic devastante, un meccanico obbedire.
Poiché viviamo in un´epoca bulimica, nella quale ogni qualità diventa quantità da ingurgitare, e ogni assaggio indigestione, qualunque discorso sul limite e sulla misura diventa per ciò stesso interessante, e perfino seducente. Capisco le perplessità dei miei fratelli fumatori, e condivido soprattutto l´antipatia contro un certo maccartismo salutista che vede l´uomo come un´entità vergine da purificare ad ogni costo. Non voglio essere purificato, amo sentirmi moderatamente contaminato perché ritengo che vivere e contaminarsi (e consumarsi, perché non dobbiamo essere avari) siano quasi sinonimi. Però, se lo spirito critico vale nei confronti dello Stato infermiere, deve valere anche nei conti privati che ciascuno di noi fa con le proprie abitudini, e attitudini. Il vizio, quando si trasforma in una specie di maschera immodificabile (l´ubriaco depresso, il cocainomane sopra le righe, il mangione che non parla d´altro, il tabagista che ti fuma in faccia senza nemmeno chiedersi se ti avvelena l´aria) è anch´esso artefice (nonché vittima) di un´ossessione totalitaria. È esiziale per se stesso, ma è anche ingombrante e sgradevole per gli altri. Il moltiplicarsi dei narcisismi ("io sono così e mi piaccio così, che ci volete fare") che già ammorba la convivenza sociale suggerirebbe - per mitezza, per intelligenza - di provare, ciascuno nel suo, a contenersi, ovvero a modificarsi, a cambiare, a non rimanere impermeabili alla presenza e al giudizio degli altri.
Si tratterebbe, poi, più o meno di quello che i nostri vecchi chiamavano buona educazione. Le leggi intervengono, in genere, laddove le persone non sono più in grado di normarsi da sé sole, di chiedersi, cioè, dove e quando il proprio diritto invade e lede quello altrui. Così questa legge, che mi è sommamente antipatica perché nasce (lo spiegava bene Maurizio Ricci ieri su questo giornale) dal paternalismo di Stato, e insomma ci tratta da discoli immaturi, mi sembra comunque una legge necessaria e inevitabile, perché fa da contrappasso a una delle tante incontinenze sociali, e aiuta a percepire meglio l´esistenza del prossimo. Fumare meno, fumare meglio potrebbe essere lo slogan giusto per rinobilitare un vizio elegante come il tabacco, scaduto da tempo, per colpa di noi fumatori, al rango di rovinosa e banale intossicazione di massa.

 Pierangelo    - 14-01-2005
Da Repubblica del 14.1.2005

LAPSUS

INCINTA
di STEFANO BARTEZZAGHI

Dato che le sanzioni previste dalla legge antifumo peggiorano molto se ci si accende una sigaretta in presenza di una donna in "evidente stato di gravidanza" è tornato in circolazione un bel lapsus già molto diffuso: le "donne incinta".
Molti, anche fra coloro che fanno il mestiere di scrivere, si sono buffamente convinti che "incinta" sia indeclinabile. Una donna incintA, due donne incintA. Probabilmente anni di eufemismi ("stato interessante", "stato di gravidanza", "dolce attesa") hanno mancato di insegnare l´uso dell´espressione propria; o forse il modo di dire "rimanere incinta" viene interpretato come "rimanere in/cinta", con una vaga allusione all´allargamento del girovita, e dunque della cintura che morbidamente lo sostiene. Le grammatiche e le buone maniere sono molto più flessibili della legge antifumo, ma sia ben chiaro che:
  1. la donna è incinta, ma le donne sono incinte;
  2. gli "evidenti" stati di gravidanza non esistono, l´evidenza inganna e se c´è una domanda da non fare a una signora è proprio quella che riguarda il suo eventuale stato di attesa.

Non interessatevi allo stato interessante, anche se è lo Stato che ve lo chiede. Andate a fumare fuori, e basta.

 Pierangelo    - 20-02-2005
Da Repubblica del 14.2.2005

Sigaretta, un rito collettivo fra tic, manie e nuovi vizi

Il divieto ha provocato una serie di cambiamenti nella vita dei fumatori: c' è chi affronta il gelo, chi rinuncia al liquorino, chi sporca la città
Più socialità e meno tempo nei locali. E diminuiscono le 'scorte'
In un solo mese sono cambiati i comportamenti degli italiani


TORINO - Un mese senza fumo, un mese in cui la gente ha cambiato non solo il rapporto con la sigaretta ma con tutta una serie di riti, abitudini, comportamenti legati a questo gesto diventato proibito nei luoghi pubblici. Ed è già mutato il paesaggio umano collegato al fumo, la fantasia individuale e collettiva ha cercato modi per aggirare il divieto e compensare le mancanze. Se ne sono accorti tutti, anche chi non ha mai fumato. Ci sono bar e ristoranti che hanno scoperto il dehòr invernale, i tavoli all'aperto anche nel gelo di febbraio. Del resto, mica per niente hanno inventato i «funghi» riscaldanti, quella specie di stufa che permette di mangiar fuori come se fosse una perenne primavera romana. Mangiare, e fumare. In altri locali, specialmente i bar, nel momento della chiusura scatta automatica la domanda del gestore ai clienti rimasti, che poi è una parola d' ordine: fumiamo? Allora si abbassa la saracinesca in uno scatto liberatore, e nel locale ormai chiuso si fuma insieme una sigaretta silenziosa e gustosissima. La prima della giornata, lì dentro, ma preziosa come se fosse l'ultima. Fuori da pizzerie e ristoranti si formano i capannelli dei fumatori, di due categorie: i più incalliti, che si alzano dal tavolo tra una portata e l'altra (e c'è chi lo fa dopo avere ordinato), o quelli che hanno resistito fino alla fine. In netto calo liquori e caffè: il fumatore preferisce mangiare alla svelta, uscire, fumare e poi prendersi l'ultimo bicchiere o l'ultima tazzina al bar, magari quello con la serranda abbassata di colpo. Intanto arrivano le prime statistiche: il tempo di permanenza media nei locali pubblici è già sceso del quindici per cento, così come è calata la quantità di sigarette acquistate in un colpo solo. I tabaccai confermano che i divieti hanno indebolito il bisogno di scorte. Ancora non è chiaro se si fuma meno, di sicuro si comprano meno sigarette per volta. I gruppi dei fumatori si danno silenzioso appuntamento alle fermate degli autobus, dei tram, della metropolitana e alle stazioni ferroviarie. C'è chi scende dal treno a ogni minima sosta per farsi una tirata e risalire. C'è pure chi è già rimasto a terra, per questo, con i bagagli nello scompartimento e la carrozza che si allontana, crudele. Fuori dai negozi, un mucchietto di mozziconi indica il perenne bivacco dei «viziosi fuorilegge». Lo stesso sulla soglia di banche e uffici postali. Il comune di Torino sta pensando a un nuovo arredo urbano per tenere pulita la città, e cominciano a vedersi i posacenere oltre le vetrine del centro, come in America. In un albergo di Milano, il Principe di Savoia, è possibile prenotare una suite anche senza pernottamento. Lo scopo, non necessariamente romantico: cenare in camera, con assoluta libertà di fumo. In alcune stanze hanno persino tolto il letto: ingombrava. Ma è negli uffici che il popolo del fumo ha veramente cambiato vita. C'è chi si alza di colpo, si veste come per una spedizione artica e va sul balcone ad accendersi la furtiva sigaretta. C'è chi varca la soglia anche solo di mezzo metro, come se il pianerottolo non fosse allo stesso modo un luogo pubblico, e comincia a fumare. è la riscoperta dei luoghi di passaggio, prima marginali e adesso essenziali: atrii, androni, scale interne, disimpegni. Negli uffici è nata una nuova specialità, la geografia del fumo. Gli altri condòmini non gradiscono molto. Nuova conseguenza del proibizionismo è l'automobile affumicata: il fumatore è tornato a scatenarsi in macchina, vera zona intermedia tra casa e lavoro. Altra immagine che pareva un po' perduta è la mano con sigaretta accesa in strada: il fumatore che cammina ritiene questo gesto un ripiego, un doversi accontentare, ma è meglio che niente. Basta osservare i mozziconi in terra, aumentati moltissimo nell' ultimo mese. Da vizio individuale, il fumo sta tornando una specie di rito giovanile e quasi goliardico, collettivo. Si va a fumare in bagno, come a scuola, e si esce in gruppo, quasi una sindrome da macchinetta del caffè. Non farà benissimo ai polmoni, però si socializza. Infine, i surrogati. Altre scene da antologia: quello che rumina la mentina, quello che scortica il bastoncino di liquirizia, quello che estenua la mascella a colpi di chewing-gum. Ma il più grande è Zdenek Zeman, l'allenatore: in panchina mastica sigarette di plastica.

MAURIZIO CROSETTI