l'Unità - 06-01-2005 |
Ong in rivolta: «Il governo è incapace» ROMA Si naviga a vista, la bussola chissà dove è finita. L’unico punto fermo è che i fondi «raccolti per aiutare le popolazioni del sud est asiatico saranno gestiti dalla Protezione civile», come ha detto ieri il vicepremier Gianfranco Fini cercando di rassicurare un inedito Guido Bertolaso che ha posto paletti chiari, deciso a non farsi passare le decisioni sulla testa. Per il resto niente di certo. Le Organizzazioni non governative dopo 11 giorni di silenzio sono stanche. «Non è decoroso apprendere dai giornali - dice Sergio Marelli, presidente dell’associazione delle Ong italiane - che ci sono polemiche sulla gestione dei fondi». E sono costrette a registrare un fatto: il governo non ha dato un solo euro per gli interventi che stanno facendo nelle zone colpite dallo tsunami. Chi è andato lo ha fatto a spese proprie. E molte organizzazioni si sono mobilitate già all’indomani della catastrofe. In Italia, invece, il governo discute su chi deve gestire i fondi e gli aiuti. Presidente, è soddisfatto di quanto ha detto Fini? «Diciamo che leggendo le agenzie quello che finalmente viene fuori in maniera chiara è che sarà la protezione civile a gestire i fondi donati dagli italiani. Noi, però, restiamo ancora in attesa di capire chi gestirà i fondi pubblici». Se fosse il Capo della Croce rossa, Maurizio Scelli? «Noi non entriamo in queste discussioni politiche. Registriamo fatti: uno di questi è che domani (oggi per chi legge, ndr), partirà una missione composta dalla Direzione della Cooperazione internazionale, dall’Istituto Superiore di Sanità e dalla Croce Rossa Italiana». Voi chiedete chiarezza e trasparenza nella comunicazione. Risultati? «Finora nulli. Abbiamo chiesto un coordinamento e uno scambio di notizie continui e ci troviamo ad avere incontri ogni 10 giorni, non mi sembra un buon risultato. Ancora oggi, a quasi due settimane dal maremoto, resta un mistero con chi parlare. Non era mai successo. Chiediamo a questo governo un’assunzione di responsabilità: ci facciano sapere formalmente a chi intendono assegnare la cabina di regia degli aiuti italiani, dopo di che saputo questo e conosciute le condizioni prenderemo una posizione». Come dovrebbe essere composta questa cabina di regia? «Innanzitutto non dovrà essere caratterizzata da una gestione governativa dei fondi. Non accetteremo un’altra missione “Arcobaleno”, per intenderci. Kofi Annan è stato chiaro: ha invitato i governi a devolvere i fondi alle Ong e alle agenzie dell’Onu. Nei paesi colpiti da questa enorme tragedia ci sono governi che non garantiscono i diritti umani, non si possono mandare a loro i fondi. Questa cabina di regia, inoltre, dovrà avere uno strettissimo rapporto a livello internazionale con l’unico coordinamento possibile che è quello delle Nazioni Unite. Per far questo l’Onu deve essere messa in grado, con risorse e deleghe chiare, molto più forti di quelle attuali, di assumersi la responsabilità di coordinare la più grande azione umanitaria mai effettuata». Crede che il governo italiano sia all’altezza di questo compito? «Per ora vedo due fatti: il primo è il forte ritardo nella gestione di questa situazione, anche per la comunicazione trasparente nei confronti dei cittadini che hanno contribuito alle raccolte di fondi. Credo sia un loro diritto sapere in quali aree e per quali progetti andranno. Il secondo fatto, che mi fa credere che il governo non sia all’altezza della situazione, è che ancora non sono stati stanziati finanziamenti, ad eccezione di qualche briciola, prelevandoli dal denaro pubblico. Non si può pensare di affrontare questa emergenza ricorrendo unicamente alla solidarietà privata. Siamo ad un livello di stanziamenti inferiori a quelli già decisi dal Belgio, uno stato molto più piccolo del nostro e che non fa parte neanche parte del G8. Con gli altri paesi G8, invece, siamo a rapporti da 1 a 30». Lei ha chiesto il 31 dicembre, durante un incontro con il governo, di rivedere la Finanziaria. Cosa le è stato risposto? «Nulla. Purtroppo questa è un’altra delle questioni che non ha avuto risposte. L’entità della catastrofe è tale per cui un intervento adeguato e dignitoso del nostro governo impone una revisione dei fondi stanziati. Già in condizioni diciamo «normali» è a dir poco ridicolo destinare lo 0,11% del Pil, come fa l’Italia, per gli aiuti umanitari. Figuriamoci in una situazione come questa». l'Unità |