breve di cronaca
Secondigliano, la favola dei Ragazzi del Coro
Repubblica - 03-01-2005
Sembra la storia raccontata da un film di successo,
Les choristes: nel quartiere della guerra di camorra
un insegnante mette in piedi un gruppo musicale.
Gli studenti si appassionano, studiano e così stanno lontani dalla strada. Adesso incidono cd e la loro avventura è diventata anche un musical

Promosso
Bocciato due volte e con un lavoro da fornaio pronto, al diploma di terza media non ci pensavo più. Invece perfino io sono riuscito ad avere la promozione


di JENNER MELETTI

Nel cortile di palazzo Maglione c´è ancora la statua della Madonna di Lourdes, «Bianca Regina dei Pirenei / di questa Pia opera / Madre amorosa e provvida». La "Pia opera" era un orfanotrofio aperto nel 1904 per le «bambine povere» e che da sette anni accoglie i 560 ragazzi della scuola media San Domenico Savio. La «Madre amorosa e provvida» per fortuna non ha smesso di fare miracoli: in questa periferia a nord di Napoli, dove i posti di blocco di carabinieri e polizia si alternano a quelli della camorra, la scuola riesce - con una fatica che è pari solo all´impegno - ad essere scuola. «Il professore di educazione musicale - dice Antonio, maglietta nera con la scritta Eminem e la faccia seria di chi a 16 anni si sente grande - quest´anno è riuscito a fare promuovere anche me, all´esame di terza media. Io ormai non ci pensavo più. In seconda ero stato bocciato due volte. Aspettavo solo di non avere più l´obbligo di venire ogni mattina in mezzo a questi ragazzini e di andare a fare il fornaio. L´esame me lo ricordo bene: storia, geografia, matematica poi il professore di musica mi ha detto: «Adesso canta, fai vedere come sei diventato bravo». E io ho cantato. Vuole sentire? «Me dispiace sulamente / ca l´orgoglio 'e sta gente / se murtifica ogni juorno / pe na´ manica 'e fetiente». Io e altri quindici ragazze e ragazzi abbiamo fatto un coro. Abbiamo inciso un cd e poi sono arrivati anche i ballerini e gli attori e siamo riusciti a fare un musical. Quando abbiamo sentito gli applausi, non volevamo crederci».
La storia del coro della scuola Savio di Secondigliano sembra la trama di un film, "Les choristes" (in Italia: "I ragazzi del coro") che la Francia candiderà all´Oscar. Il cinquantenne Clement Mathieu, insegnante di musica disoccupato, accetta il posto da sorvegliante in un collegio per ragazzi difficili. Il direttore Rachin pensa che solo la disciplina dura e la repressione permettano di governare un istituto non a caso chiamato "Le Fond de l´Etang", il fondo dello stagno. Il maestro Mathieu vuole però dare un´occasione ai ragazzi, e pensa che la musica possa essere lo strumento giusto. Si crea così il coro, che riesce a dare la speranza di una vita diversa ai ragazzi e al loro maestro.
Il Clement Mathieu di Secondigliano si chiama Massimo Valenti, 43 anni, napoletano del Vomero. «Ho visto il film - dice - e mi sono commosso. Quando il maestro Clement viene mandato via dall´istituto, con un pretesto assurdo, si piange anche. I suoi ragazzi lo salutano dalle finestre, lanciandogli piccoli aeroplani fatti con la carta da musica. Clement è sconfitto, ma niente nel "Fondo dello stagno" sarà come prima. E niente sarà come prima qui a Secondigliano. Vede, la scuola è una cosa seria. Gli insegnanti hanno responsabilità enormi, soprattutto qui. Se non dai un´educazione e anche la possibilità di imparare un lavoro, altri "mestieri" vengono subito offerti ai ragazzi. Basta guardare fuori dalla scuola per capire quali possano essere».
La San Domenico Savio, l´ultima volta, è stata "distrutta" quattro anni fa. «Un gruppo è entrato di notte e ha spaccato tutto ciò che si poteva spaccare. Perché questo? Una spiegazione c´è. Non tutti sono contenti se c´è una scuola che funziona e che viene vissuta come un piacere dai ragazzi. Al tempo stesso è però una scuola che insegna le regole e il rispetto, e pretende che i ragazzi frequentino, studino e facciano i compiti. I ragazzi che non vogliono o non riescono a partecipare a questa proposta educativa si sentono allora ancora più isolati e spaccano tutto per rabbia e per impedire che gli altri facciano la loro strada. Ricordiamo tutti con angoscia quella mattina, con il laboratorio di ceramica distrutto, lo sporco ovunque? Ma da quattro anni non ci sono più danni. Questo significa che abbiamo recuperato anche molti ragazzi borderline e che gran parte di Secondigliano sente la scuola come una cosa propria».
Eccoli qua, alcuni ragazzi del coro. Accanto ad Antonio, Lina che ha 13 anni («a scuola sono avanti di un anno»), cantante e attrice e Fabiola, 14, anni, cantante e studente di pianoforte. Loro sono già usciti dalla Savio, ma la sentono un po´ come la loro casa. Nell´aula a fianco si stanno svolgendo i provini per trovare cantanti, attori e ballerini per il prossimo musical. L´anno scorso si erano presentati in 150, ora sono 180. «Siamo stati assieme per mesi e mesi - raccontano - e abbiamo scoperto un´amicizia vera. Finivamo la scuola alle 13 e restavamo qui, da gennaio fino a giugno. Un panino portato da casa, con prosciutto o mozzarella, e via con le prove. Noi vorremmo che il canto e il ballo diventassero il nostro mestiere. Le scuole per artisti sono in centro a Napoli. Abbiamo fatto dei provini, speriamo bene».
«Tutto è cominciato - racconta il professore - nel dicembre 2003, quando la mia collega Daniela Vellani mi ha chiesto di darle una mano per preparare i canti di Natale. Sapeva che sono laureato in musicologia, al Dams di Bologna, anche se qui sono entrato come insegnante di sostegno e adesso faccio informatica. Ho provato a fare cantare alcuni ragazzi, ed ho capito che c´erano delle belle voci. Mi sono detto: perché non tentare una follia? Preparo i ragazzi, incidiamo un cd, e facciamo sapere a tutti che Secondigliano non è solo il paese delle scuole devastate. Vado dal preside, gli chiedo un progetto di 60 ore (sono oltre l´orario scolastico e sono pagate) e lui accetta. Ma è chiara una cosa: 60 ore, con un progetto come questo, se ne vanno in due settimane, e se a scuola vuoi costruire qualcosa di diverso, devi fare soprattutto il volontario. Otto, dieci ore al giorno per sei mesi, invece delle 18 settimanali delle lezioni di informatica (che comunque continuo a tenere). Ma qui entra in campo anche una questione personale. Io, dopo la laurea, mi ero messo a preparare basi musicali jazz e a scrivere per una rivista. Facevo tutto a casa, al computer. I soldi non mancavano ma stare tutto il giorno al computer non mi dava soddisfazione. Se sei un musicista hai dentro un´inquietudine che deve saltare fuori. E allora sono andato a insegnare, prima al Nord poi a Secondigliano. Qui non c´era, e non c´è, una cattedra di educazione musicale e allora l´ho inventata, sia chiaro anche per mia soddisfazione. Il mio mestiere è fare cantare i ragazzi, farli suonare, non solo raccontare la storia della musica, che li farebbe sbadigliare».
I ragazzi ricordano bene i primi giorni. «Già sarebbe stato un miracolo mettere assieme un coro. Pensavamo di incidere due o tre canzoni, poi abbiamo visto il musical di Claudio Mattone, C´era una volta... Scugnizzi. Ci siamo riconosciuti in quelle canzoni, dentro c´eravamo noi e anche il nostro quartiere. Allora abbiamo deciso, con il professore, di imparare e incidere le 13 canzoni di quello spettacolo. È la storia di un prete che da ragazzo è stato in riformatorio e adesso aiuta ragazzi allo sbando. Anche il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, quando è venuto a Napoli, è andato a vedere Scugnizzi».
Mettere insieme un coro è impegnativo. «È un insieme di individui - dice il professore - che vorrebbero restare tali. Ci sono però i più bravi e gli altri debbono riconoscere le loro qualità. Allo stesso tempo i più bravi non debbono montarsi la testa. Anche questa, credo, è educazione. Con i mezzi a disposizione abbiamo fatto miracoli: un mixer vecchio, il mio computer portatile e un solo microfono. Tutte le voci registrate singolarmente giù nell´ex laboratorio di cucito, e interruzioni continue: sulle nostre teste passano gli aerei di Capodichino, a fianco c´è la palestra, sopra c´è la mensa dove spostano tavoli e sedie. Ma alla fine ci siamo riusciti, anzi, ci sono riusciti loro. La scuola non ha regalato niente a questi ragazzi. Si sono impegnati, hanno sudato, hanno passato tutti i loro pomeriggi a scuola fino alle 17 e poi hanno preparato anche l´esame di terza media».
Per fortuna, il preside della San Domenico Savio, Paolo Vascello, non è il cattivo Rachin di "Le Fond de l´Etang". «So´ semp´ o Masto», sono sempre il maestro, recita un cartello in presidenza. «A Secondigliano - dice - hanno chiuso anche l´ultimo cinema, il Maestoso. Per questo uno spettacolo a scuola è ancora più importante. Noi puntiamo molto sui laboratori: ne abbiamo tanti, dalla ceramica all´informatica, dai costumi al giardinaggio. Le conoscenze non bastano, sono necessarie anche le abilità che possono trasformarsi in mestieri. Senza queste proposte, la scuola fallisce».
Dall´inizio dell´anno scolastico, da quando Secondigliano e Scampia sono quasi ogni giorno nei tg e sui giornali, anche davanti alla scuola è tornata la paura. I genitori vengono a prendere i figli prima che scenda il buio, poi tutti a casa a guardare in televisione cosa è successo nella strada di fianco. «Padri e madri hanno già paura - dice il professor Villani - e guardano il telegiornale che riversa loro addosso una paura amplificata che viene a sua volta riversata sui figli. È come quando un microfono fischia per un suono di ritorno: si chiama effetto Larsen».
Nel film "Les choristes", fra i ragazzi c´è Pierre Morhange che un giorno diventerà direttore d´orchestra. Antonio il sedicenne, ha sogni più piccoli ma qualcosa per lui è già cambiata. «Ho il diploma di terza media e non sono andato a fare il fornaio a venticinque euro la settimana. Tutta l´estate ho fatto una tournèe nelle piazze con Claudio Carluccio, cantante e chitarrista. Tanti paesi e città, qui in Campania, in Puglia, in Calabria e anche a Roma. Ho fatto il tecnico del suono e sono anche salito sul palco, per cantare. Fra pochi mesi ricomincio, e intanto faccio un corso di informatica». Si ferma a parlare a lungo con il professore, quando già scende il buio, sotto la statua della «Bianca Regina dei Pirenei». Ha bisogno di consigli per il futuro. Da queste parti «'E piccirilli» - così Antonio canta in «Ajere» (ieri), la sua canzone preferita - sono «gente c´afferra / a vita p´e capille».

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