I festeggiamenti di Capodanno hanno evidenziato ancora una volta le difficoltà di noi, uomini appartenenti ad un tempo segnato dal nichilismo, a stare di fronte alle contraddizioni della vita, come quella tragica del maremoto che ha colpito le coste del sud-est asiatico.
Come è stata vissuta la notte dell’ultimo giorno dell’anno nelle piazze italiane, nelle discoteche, nelle feste private, nelle famiglie ha evidenziato una preoccupante oscillazione tra il moralismo e la distrazione: il moralismo di chi ha riposto il senso della tragedia di questi giorni nel dovere di qualche attimo di silenzio, la distrazione di chi comunque alla morte non vuole, non può guardare. E’ giusto fare silenzio di fronte a quanto è accaduto, è altrettanto ragionevole che la solidarietà vinca sulla sfrenatezza della festa, ma non sta in un atteggiamento dell’uomo il senso di quelle spiagge dilaniate dallo Tsunami.
Per questo il gesto più significativo è stato quello del Papa che nel punto di passaggio da un anno all’altro ha celebrato la Santa Messa. Con quel gesto infatti ha reso presente il significato di un anno che finisce e di uno che inizia, delle speranze che ogni uomo coltiva, del dolore che lo sta provando in questi tragici momenti per tutta l’umanità.
E’ la Presenza di Dio dentro il mondo, il suo sguardo di simpatia totale ad ogni uomo, il suo accorrere a rispondere ai bisogni della vita, è questa presenza carnale ciò per cui ha senso far festa a Capodanno, raccogliersi in silenzio per le vittime del maremoto, esprimere la propria condivisione nella solidarietà.
La certezza della Presenza del Mistero che fa tutte le cose e le conduce alla loro positività ultima è ciò che noi uomini d’oggi non sappiamo trarre dalla nostra povera bisaccia; non fa nulla, l’importante è che sappiamo ancora mendicarla!