breve di cronaca
Quei mammoni incalliti della generazione x
l'unità online - 18-11-2004

Ai sondaggi, si sa, o ci si crede o non ci si crede. E allora partiamo dal fatto che questo appena “licenziato” dall’Istituto superiore di sanità sia davvero serio e attendibile. È stato condotto l’anno scorso in centinaia di scuole, tra decine di migliaia di ragazzi tra i 14 e i 19 anni. Insomma la nuova “generazione X” per usare la famosa espressione di Douglas Copland. E allora come sono questi adolescenti italiani d’inizio millennio? Il primo valore è la famiglia, che batte di gran lunga gli amici e l’amore. Tra carriera e un posto sicuro la scelta è nettissima: un lavoro tranquillo, magari con tanto tempo libero. Per il posto fisso il 57% dei ragazzi e il 66% delle ragazze rinuncerebbe ad una brillante carriera. Il successo professionale interessa, invece, il 30% del campione.

I soldi? Certo non fanno schifo, ma contano fino a un certo punto: tra i figli della società del benessere, solo l'8% del campione li ritiene più importanti della salute, giudicata una priorità dal 62% degli intervistati. A favore della libertà si esprime il 30% degli intervistati. Il potere poi interessa una minoranza strettissima che forse diventerà una elite o forse un gruppetto di pericolosi arrivisti. I difetti confessati? Bevono un bel po’ di birra, sono disattenti quando guidano, fumano ma poco (soprattutto le donne), si bombardano di sms e adorano il telefonino che posseggono praticamente tutti.

Le risposte suggeriscono l’idea di una generazione timorosa, ancorata a casa (quando si parla di famiglia si parla di quella d’origine, visto che mamma papà e fratelli vengono in classifica prima della fidanzata o dell’idea di metter su casa propria), in cerca di sicurezze. Quel disprezzo per la carriera (brutta parola che forse andrebbe tradotta con ambizione professionale) svela una gran sfiducia nella scuola: il luogo dove si dovrebbe apprendere a sfidare il futuro sul piano della conoscenza evidentemente funziona poco e male. Il futuro insomma fa paura: meglio rimanere a casa, meglio un lavoro tranquillo perché domani non sarà «radioso» ma solo pieno di insidie. E quel grande dinamismo (sociale non solo turistico) che dovrebbe essere proprio di questa età contraddittoria e piena di speranze e desideri è lontanissimo.

Andarsene da casa, girare il mondo, fare un mestiere lontano da quello di tuo padre, magari l’astronauta ma non l’impiegato erano il credo di una gioventù anni sessanta e settanta che scommetteva su un futuro migliore del passato. Adesso invece le radici sono un valore e uno scudo contro l’incertezza. E la famiglia non è il luogo del conflitto tra generazioni: l’80 per cento dice di starci bene se non benissimo. C’è da criticarli per questo? No, anche se la cronaca ogni tanto ci racconta qualcosa di diverso cominciando dal Parini allagato e finendo con gli estremi di Erika e Omar, passando per i sassi dai cavalcavia.

Quando Copland scrisse «Generazione X» le quarte di copertina recitavano frasi più o meno così: «Prendere a morsi la vita, senza chiedersi se è buona o cattiva. Spregiudicati, incoscienti ma anche ambiziosi, positivi, intraprendenti. Una società senza ventenni non saprebbe nemmeno tornare indietro sui suoi passi». Siamo all’opposto. Tanto che ci viene un dubbio. Non sarà che questi ragazzi siano più furbi di tutti e abbiano imparato a dare davanti alle domande dei sondaggisti le risposte che i «grandi» si aspettano da loro? In fondo che costa dire qualche bugia se mamma e papà ne sono contenti. In fondo i ragazzi che guardano i grandi fratelli che fanno la fila davanti ai tendoni di Maurizio Costanzo illudendosi che alla fine «saranno famosi» sono parenti alla lontana di questi adolescenti raccontati dall’Istituto Superiore di Sanità. Difetti e paure sono le stesse. Ambizioni e desideri non coincidono. Chissà se dicono la verità agli uomini dei sondaggi o al microfono di Maria De Filippi?

Roberto Roscani
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