Nessuno dei 450 articoli che compongono la Costituzione dell'Europa a 25, sottoscritta venerdi' scorso a Roma, e' dedicato in modo specifico al tema dell'educazione (salvo nostre omissioni o errori, sempre possibili di fronte ad un complicato testo di 270 pagine). Di istruzione e formazione professionale si parla qua e la', ma mai in maniera organica, salvo che all'art. II-74, che sanziona il “diritto di ogni persona all'istruzione e all'accesso alla formazione professionale e continua”.
Non e' una sorpresa, perche' gia' fin dal trattato istitutivo della Comunita' europea a sei (Roma, 1957), e poi ancora nei trattati successivi, fino a quello di Maastricht (1992), c'e' sempre stata grande cautela nell'assegnare a un'autorita' sopranazionale come la Commissione di Bruxelles competenze in un settore, come quello dell'istruzione, che molti Paesi considerano legato alle proprie radici culturali e identitarie, e percio' in nessun modo delegabile.
Gli art. 126 e 127 del trattato di Maastricht, relativi a istruzione e formazione professionale, pur prevedendo “azioni di incentivazione”, escludono infatti esplicitamente “qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”. Questa formula e' ripresa pari pari nel testo della Costituzione agli art.
III 282 e III-283