breve di cronaca
La mia scuola un po' ribelle
Repubblica Bari - 25-10-2004

Tra le tante scuole con cui mi sono misurato figura anche l´indimenticabile liceo "Carmine Sylos" di Bitonto. Ammetto d´aver usato il verbo misurare stante la dialettica, per così dire, accesa che configurava il mio rapporto scolastico a segno che dirlo frequentazione sembrerebbe eccessivo. Mancò non la voglia d´imparare, ma la pazienza di ottemperare agli obblighi, diciamo così, statutari della scuola. Insomma facevo spesso "sega", come si dice a Roma. Puntualmente, rigorosamente l´assentarsi arbitrariamente dalla scuola assume, e ha assunto, denominazioni regionali, provinciali e dialettali. La Toscana ha prestato doverosamente il suo "salare la scuola" all´Italiano che l´ha tradotto con un più elegante "marinare" e s´annoverano "far stecca", "bucare", il genovese "far focaccia" per alludere alla pratica golosa di andare a mangiare la sublime focaccia salata ligure in riva al mare, il "far sciopero" mutuato da rissosità sindacali in tempi postbellici ed infinite altre espressioni gergali, paesane addirittura, come il mio bitontino "far divorzio" o il dilettissimo "fare x" di Bari, zona Orazio Flacco. Fare "ics", mi raccomando, e non fare "per" come sarebbero tentati di leggere i moderni e giovani utenti della messaggeria telefoninica.
I bimbi d´Italia, anche quando si sono chiamati tutti Balilla (io non c´ero, ma me l´hanno raccontato), subito dopo aver imparato la grammatica e le tabellone, hanno appreso l´arte di "bruciare" (ecco un´altra versione) la scuola. Metaforicamente, va da sé. L´unica volta che avrebbero volute bruciarle come simbolo di autoritarismo, gli scemi a scuola ci andavano anche troppo, per far tutt´altro che studiare, magari, ma ci andavano. E le misero a ferro e fuoco. Ma ad acqua, mai. Qualcuno ha rimediato. Dovremo aggiungere un modo di dire nel glossario della scapestrataggine studentesca e nello sciocchezzaio che ne discende in maniera inerziale: "allagare la scuola". Andrà usato nel senso concreto e reale d´inondarla d´acqua, alluvionarla e non come metafora di tipo protestatorio "situazionista" (ricordate il sessantotto, compagni?) azionata contro i disastri della riforma Moratti che sta facendo "naufragare" la scuola italiana. E l´avrei anche capito, andiamo! Sto parlando dei discolacci del Liceo Parini di Milano che hanno praticato un attentato idraulico in piena regola, otturando i cessi degli alunni per rendere la scuola inagibile, giusto il tempo necessario per evitare il compito in classe di Greco. Ma l´acqua, si sa, non rispetta le regole degli uomini, figuriamoci i disegni limacciosi di quattro scansafatiche che stanno lì a scaldare il banco: dalle toilettes ha tracimato inondando il plesso intero e offrendo uno spettacolo allegorico mortificante.
Una ragazzina, confessando il misfatto, ha portato come attenuante il voler evitare altre delusioni ai genitori dopo che aveva avuto un brutto voto all´ultimo compito di Latino: uno meno meno. Ma, professore, che cosa vuol dire? Uno meno meno! La filologia non fa per l´alunna, d´accordo, ma neanche la didattica s´attaglia troppo al docente. Avrebbe potuto sconsigliare lo studio ai refrattari e consigliar loro di far gli idraulici, mansione preziosa e di cui si sente un gran bisogno e verso la quale sembrerebbero portati i guastatori che adesso stanno lì a piagnucolare e a meditare sul loro inutile diluvio che avrebbero potuto evitare semplicemente "bigiando". Ma, forse, marinare non è più tenuto in considerazione come metodo per la renitenza scolastica, sia perché, per non andare a scuola, basta dirlo a papà e mammà, sia perché ci si può divertire di più proclamando uno sciopero o un´occupazione contro la solita ennesima riforma della scuola. E gli studenti possiedono automobili, soldi, garçonniere: non manca certo loro la scelta delle alternative. I professori no: essi non solo non allagano, ma hanno l´obbligo di lasciare il bagno come lo vorrebbero trovare, d´essere educati, insomma, ma per salare la scuola devono ancora ricorrere al vecchio, caro strumento dello sciopero. E con quello che sono costretti a subire dalla riforma in corso, Dio solo sa se non ne abbiano giustissima ragione.

MICHELE MIRABELLA

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 Pierangelo    - 28-10-2004
da Repubblica del 28.10.2004

L´AMACA
di MICHELE SERRA

L´allagamento del Parini ha innescato un gran bel dibattito su quanto sono soli e sconosciuti gli adolescenti, e quanto distratti e maldestri i genitori. Tutto bene e tutto giusto, ma con un sovrappiù abbastanza fastidioso di contrizione adulta, di senso di colpa per "non avere saputo capire". Per la verità, l´adolescenza è un´età così misteriosa che spesso non la capiscono neanche gli adolescenti. C´è in essa una dose di imponderabilità e di rischio che non è controllabile, e anche per questo non è controllata.
Piuttosto, si potrebbe introdurre nella discussione una variante abbastanza inaudita: invece di ripetere sempre quanto siano trascurati i poveri figli teen ager, e quanto siamo colpevoli noi imbottendoli di soldi e vacanze, libertà e fiducia (tutte cose che, a pensarci bene, mica fanno schifo?), provare a dire quanto poco si interessino, i figli, della vita di noi adulti, quanto sconosciuti siamo noi a loro, quanto incapaci (per mollezza, per viltà) di chiedere attenzione e rispetto per i nostri casini, i nostri problemi, le nostre inadempienze, le nostre regole o mezze regole. E per colmo, noi adulti nemmeno possiamo allagare il Parini.