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La piramide
Proteofaresapere - 12-10-2004

Ora che le lezioni sono riprese tutto è tornato a tacere. Di scuola sentiremo parlare verso la fine dell’anno o – Dio non voglia – quando la cronaca nera la farà nuovamente da padrona. Eppure difficilmente potremo scordare il settembre 2004. Nessuno tra noi, se si escludono coloro che per mestiere insegnano geografia, sapeva dell’esistenza di una città chiamata Beslan. Oggi tutti sappiamo che si trova in Russia, nell’Ossezia.
Il mattino del 2 settembre erano tutti emozionati, bimbi, genitori, insegnanti: tutti pronti a ricominciare un anno di scoperte, fatiche, crescita. Tra quella folla gaia però si nascondeva qualcuno che aveva buon gioco a mimetizzarsi. Tutti sanno infatti che il primo giorno di scuola sono molti i volti nuovi e per questo nessuno vi fa caso. Ma i terroristi sapevano anche altre cose. Prima di tutto che le lezioni, di qualsiasi natura esse siano, si impartiscono a scuola. Secondo: se vuoi essere certo che il messaggio arrivi alle famiglie degli studenti è bene coinvolgere direttamente anche i genitori. Terzo: a settembre i media hanno gli occhi rivolti alla scuola. Quarto e fondamentale: se tu fai del male alla scuola tutta la comunità ne soffrirà.
E’ proprio quest’ultimo punto che ci deve far riflettere: la scuola è di tutti, accoglie tutti, è aperta a tutti. A Scuola si insegnano e si imparano il bene e il male, la vita e la morte, l’amore e l’odio, la normalità e la follia. Una mattina, a Beslan, persone di ciò consapevoli sono salite in cattedra per trasmettere il loro messaggio – malato - alla società. Ma certamente da oggi ci sarà più facile comprendere che una Scuola ferita rappresenta un lutto per l’intera comunità, e proprio per questo torneremo ad occuparcene con passione vera.

Riprendendo così le riflessioni sul disagio mentale che tende a colpire la categoria professionale degli insegnanti sarà utile – a scanso di banalizzazioni ed allarmismi - ricordare che in base alle condizioni di salute psicofisica in cui versano, i docenti possono essere rappresentati come tre strati di un’unica piramide.

1. L’apice: composto da coloro che sono oramai vittime di una psicopatologia franca. Si dovrà pensare, insieme al mondo medico-scientifico, ad identificarli, agganciarli e curarli, affinché non arrechino danni a se stessi e all’utenza. Il tutto dovrà tendere a perseguire la guarigione dell’individuo, con l’obiettivo finale di favorire – laddove ve ne siano i presupposti - il reinserimento lavorativo e sociale del soggetto.

2. Lo strato intermedio: popolato da coloro che sono in una situazione di burnout. Andrà predisposto quello che gli anglosassoni chiamano social support; esso consiste nella creazione di strutture psicologiche di ascolto, informazione, condivisione e counselling. L’obiettivo di tale iniziativa consiste nell’evitare all’insegnante in difficoltà quei sentimenti di vergogna ed isolamento tipici dell’individuo che si trova ad attraversare questa fase transitoria. Infatti, se non individuata per tempo, la situazione può degenerare velocemente verso la patologia mentale e la rapida perdita delle capacità di critica e giudizio, con la conseguente esclusione sociale.

3. La base: vi si trovano coloro che sono in buona salute. Ci si dovrà occupare di prevenzione per coloro che, pur svolgendo un mestiere ad alto rischio di logoramento psicofisico, sono all’inizio della professione. Formare gli insegnanti in modo completo senza tralasciare di metterli in guardia sugli effetti collaterali della loro professione.
Successivamente occorrerà mettere in grado i docenti di gestire le proprie energie e di auto-valutare le proprie condizioni psicofisiche, monitorandole nel tempo, attraverso le necessarie capacità di critica e giudizio. Non è certamente da escludere un coinvolgimento dei mass-media per cercare quantomeno di ridurre i dannosi stereotipi sulla professione insegnante e restituire maggior dignità alla categoria.
In seconda battuta dovranno essere formati i dirigenti scolastici e gli ispettori tecnici su appositi argomenti per risolvere le situazioni difficili . Fornire specifici contenuti su come riconoscere e gestire i casi complessi , dovrà costituire una priorità nella formazione manageriale dei presidi.
Tutti i suddetti interventi fanno ben comprendere l’importanza del ruolo imprescindibile del sindacato. Nonostante ciò la questione del logoramento psicofisico non sembra riscuotere nell’ambiente l’attenzione meritata tra le parti sociali. Lo studio della CISL del 1979 (allegato un estratto dei passaggi salienti), dal sapore vagamente profetico - vista l’odierna situazione - non ebbe alcun seguito, nonostante le verità contenute nel rapporto. Il sindacato premeva per un rapido intervento istituzionale a fronte dei risultati della ricerca che vedeva il 30% degli insegnanti fare ricorso all’uso di psicofarmaci. Nonostante il 60% dei casi di accertamento per l’inabilità al lavoro dei docenti riconoscano alla base una diagnosi psichiatrica, si sono registrate unicamente tiepide reazioni.
L’incomprensibile atteggiamento neutrale delle segreterie nazionali dei sindacati – mentre qualche segnale positivo comincia a venire dalle segreterie regionali di CGIL e Gilda della Lombardia - può avere numerose ragioni che necessitano di conferma ovvero di eventuale smentita dalle parti interessate.

Tra esse si ipotizzano le seguenti:

1. La paura di vedere attribuito un altro stereotipo alla categoria dei docenti.
2. Il timore di dover affrontare la spinosa questione della selezione dei docenti prima della loro immissione in ruolo.
3. Il rischio di una “deriva medica” del problema col conseguente “scippo” delle competenze da parte di settori estranei alla scuola (quello medico-scientifico per l’appunto).
4. L’esercizio di una difficile autocritica sulla politica previdenziale perseguita, che ha visto un brusco passaggio dalle baby-pensioni alla situazione odierna, senza che fosse effettuato alcun monitoraggio sugli effetti della riforma. A ciò si aggiunga l’imbarazzante perseveranza nel non aver posto la questione all’ordine del giorno del Governo nell’attuale fase di riforma scolastica e previdenziale.
5. L’impreparazione a saper distinguere i casi di mobbing da quelli di burnout e psicopatologia che spesso tendono ad essere confusi .
6. L’impegno economico per lo studio e la ricerca richiesti dalla materia per accertare se sussiste effettivamente il nesso di causalità tra professione e psicopatologia, ai fini della cosiddetta causa di servizio.
7. Uno scollamento tra le segreterie nazionali ed il territorio che a differenza delle prime avverte invece il peso e la pressione della condizione di lavoro, divenuta ai nostri giorni insostenibile per i docenti.
8. Un’esagerata attenzione alla questione economico-retributiva a detrimento della qualità del lavoro (condizioni e ambiente in primis).
Certamente si tratta di liberi pensieri, ma restano pur sempre in attesa di una risposta. E non dubitiamo che arriverà, se solo il sindacato saprà alzare la testa.


Temi da approfondire per dirigenti scolastici ed ispettori tecnici:

· Sanzioni disciplinari e trasferimenti: strumenti efficaci contro il disagio mentale?
· La richiesta di visita ispettiva: atto utile o dilatorio?
· L’accertamento medico per l’inabilità al lavoro: quando e perché richiederlo
· La relazione per la richiesta della visita collegiale: struttura e contenuti
· Limiti della commissione medica per l’inabilità al lavoro: come superarli
· Rischi legali per il dirigente scolastico: come evitare denunce ed esposti
· Rapporto tra burnout e mobbing: equivoci e analogie
· Reinserimento protetto del docente al lavoro: i passi verso il recupero

Conoscenze fornite:

· Fattori professionali di rischio per burnout e psicopatologia negli insegnanti
· Segnali premonitori del disagio mentale: riconoscere per prevenire
· Reazioni di adattamento allo stress: quelle negative e quelle positive
· Quadri psicopatologici più frequentemente osservati nella classe docente
· Strumenti e tecniche di prevenzione: consapevolezza del rischio lavorativo, analisi e gestione del clima, autodiagnosi, autocura, condivisione, confronto, orientamento alla cura
La ricerca, realizzata 25 anni fa, assume un vago sapore profetico alla luce dei risultati degli studi Getsemani e Golgota ma le linee d’intervento indicate non hanno avuto inspiegabilmente alcun seguito.

Come abbiamo avuto modo di documentare ampiamente nel testo, la rivendicatività, le manie di persecuzione e l’ostilità nei confronti dell’autorità diretta (il dirigente scolastico) fanno parte del corredo sintomatologico della persona con disturbo di personalità paranoidea. Sono sempre più frequenti le relazioni psichiatriche richieste appositamente dal Collegio Medico che si concludono con la frase: “Non siamo quindi nell’ambito della contestazione sindacale ma della franca psicopatologia”.

Vittorio Lodolo D`Oria


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 Anna Di Gennaro    - 12-10-2004

Spunti per la “patente didattica”
(dal codice deontologico proposto dall'UCIIM)

Trasgressioni/comportamenti Punti (-)

1. Umiliare l'alunno/a di fronte ai compagni
2. Considerare il lavoro di insegnante un riempitivo giornaliero
3. Assegnare come castigo più compiti a casa
4. Manifestare atteggiamenti di indifferenza (non tanto con le parole quanto con la gestualità)
5. Considerarsi l'insegnante-dio al di sopra di qualsiasi possibile messa in discussione da parte degli alunni (e/o dei colleghi)
6. Non saper mettersi in discussione
7. Assegnare una punizione senza spiegarne il motivo o dare la possibilità di discutere o replicare
8. Approfittare della posizione di potere (soprattutto di fronte ad alunni piccoli) per smentire quanto affermano gli alunni
9. Scordarsi che il ruolo di insegnante non esclude il cercare di capire il ruolo del genitore
10. Essere scurrili
11. Rassegnarsi alle sciatterie, alle scorrettezze, al disordine, alla mancanza di organizzazione, alle ribalderie, alla depressione
12. Fumare in classe
13. Non rispettare gli altri (colleghi, studenti, genitori)14. Essere abitualmente in ritardo
15. Vestire con sciatteria
16. Mostrare chiusura alla novità e alla speranza 17. Non essere disponibile ad aggiornare le proprie conoscenze e le proprie competenze disciplinari e professionali
18. Non avere l’umiltà di riconoscere i propri errori19. Trasformare la passione per le idee e per il cambiamento in proselitismo, inrissa ideologica, in disprezzo per le persone e per le istituzioni
20. Non rispettare la coscienza e non cercare di promuovere la dignità, l'autonomia, la libertà e la responsabilità di ogni allievo
21. Assolvere la propria funzione senza rigore, senza puntualità, con trascuratezza evidente
22. Non preparare le lezioni, affidandosi all’esperienza e all’intuizione
23. Mostrare ostentatamente preferenze tra gli alunni e discriminarli per appartenenza sociale
24. Approfittare della propria posizione professionale per indottrinare ideologicamente, o per esercitare qualsiasi forma di condizionamento intellettuale o di proselitismo
25. Cercare di perseguire vantaggi personali, diretti o indiretti, dalla propria relazione educativa con gli allievi26. Abusare della propria posizione in termini che possano costituire, a qualsiasi titolo, offesa o danno, fisico o morale, per gli allievi affidati alla sua cura
27. Violare il segreto professionale su fatti di sua conoscenza riguardo alla vita privata degli allievi e delle loro famiglie
28. Criticare apertamente propri colleghi davanti agli alunni
29. Criticare apertamente il capo di istituto davanti agli alunni
30. Non rispettare le decisioni collegialmente e legittimamente assunte
31. Ostentare mancanza di puntualità, presenza passiva, scarsa attenzione e partecipazione ai momenti di lavoro collettivi
32. Lasciare acceso e usare il telefono cellulare durante l’orario di lezione



 Anna Di Gennaro Melchiori    - 17-10-2004
Segnalo che da un paio di gg. abbiamo attivato sul sito www.diesse.org uno sportello di ascolto e relativa possibilità di richiesta di aiuto e/o chiarimenti a riguardo della tematica del disagio degli ins di ogni ordine e grado. Il logo della piramide in alto a dx segnala la presenza dell'iniziativa e l'invito a leggere alcuni interessanti passi della ricerca del dr. Lodolo D'Oria. All'interno la grande piramide "visualizza" il percorso dell'ins.: dalla "normalità" della base al secondo stadio di stress/burnout fino a giungere all'apice dov'è "simpaticamente" raffigurata l'ins. ormai in preda alla tragica follia.
Considerate che è la prima iniziativa on line di supporto: un filo diretto tra chi soffre e chi almeno "TI ASCOLTA".
Anna Di Gennaro

 Anna Di Gennaro    - 27-10-2004
A proposito di burnout segnalo il libro di Rino Cammilleri "L'ombra sinistra della scuola" (memorie frustrate di un insegnante secondario), condito di considerazioni argute e siparietti umoristici.
Senza dimenticare la vera pietra miliare degli anni '70
"Lettera ad una professoressa" scritto dai ragazzi dell'indimenticabile don Milani.
Purtroppo si fa un gran parlare di disagio giovanile e drop out, ma pochi trattano l'altra faccia della medaglia che è il disagio degli ins. o burnout.
Da notare l'anno di pubblicazione: 1991!
Questo testo purtroppo non è ancora stato tradotto in italiano, ma l'ho avuto dalla gentile dr. Ribolzi, docente di sociologia all'università di Genova.
From “Giving up on school” Corwin Press, London 1991 “According to Le Compte and Dworkin, attempts to decrease dropouts and burnouts have failed because reformers have approached them as two distinct problems. The root cause are the same in each and mandate an immediate and drastic reappraisal”.