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Redazione - 07-10-2004
Questa è la storia dei dodici militari statunitensi e dei tre britannici (ma potrebbero essere molti di più) che, fra l’inizio dell’invasione e la “fine della maggioranza dei combattimenti” all’inizio di maggio, si sono rifiutati di combattere la “guerra sbagliata” di George Bush. E stanno pagando di persona.


Sarebbero almeno dodici i militari statunitensi (in servizio attivo o della riserva) e tre quelli britannici che si sono opposti pubblicamente alla guerra in Iraq fra l’inizio dell’invasione e la “fine della maggioranza dei combattimenti” all’inizio di maggio. Degli statunitensi si conoscono con precisione nomi, ruoli e provenienze.

Si tratta di Todd Arena, Jonathan Hustad, Travis Burnham, Travis Clark, Stephen Eagle Funk, Gabriel Johnson, Ghanim Khalil, Jon McLeod, Ralph Padula, Michael Sudbury, Jeremy W. Suggs, Wilfredo Torres.

Todd Arena e Jonathan Hustad, entrambi riservisti originari di Tucson, Arizona, lo scorso 25 marzo hanno diffuso una dichiarazione su ZNet, in cui prendono posizione contro la decisione di George Bush e invitano l’opinione pubblica locale e internazionale a fare altrettanto.

Segue il caso di Travis Burnham, in servizio attivo a Fort Drum, New York, che già nel gennaio 2003 aveva chiesto lo status d’obiettore di coscienza; è un esperto di pubbliche relazioni all’interno dell’Esercito e, navigando su internet, si trovano parecchie sue pubblicazioni di ambito militare, fra cui alcune riguardanti “AWE” (Advanced Warfare Experiment). Lo slogan utilizzato dal presidente Bush, “Shock and Awe” (Colpisci e terrorizza), si presterebbe dunque ad una doppia lettura, dato che AWE è un acronimo dell’Esercito per il campo di battaglia sulla rete.

Travis Clark, 25 anni, è invece originario di Plantation, in Florida, ma di recente si è spostato in Florida. È un riservista della Marina che sin dall’inizio aveva preannunciato il suo rifiuto di partire, se la sua unità fosse stata assegnata ai combattimenti in Iraq. Così, poi, è stato.
“Questa è una guerra sbagliata”, ha dichiarato Clark. “Non posso mettermi nella posizione di uno che invade un altro Paese e costringe quella gente a difendersi da me”.

Gabriel Johnson era di stanza a Fort Hood, in Texas. Da qui è stato spedito in Iraq, lo scorso 7 aprile, nonostante avesse chiesto lo status di obiettore di coscienza. Nel far ciò, l’Esercito ha violato la legge in materia.
Ghanim Khalil, 26 anni, di Staten Island, New York, è un veterano della Marina e membro della Guardia nazionale dell’Esercito. Il suo rifiuto di partecipare alla guerra contro l’Iraq è stato pubblico, il 15 febbraio, durante una manifestazione pacifista a New York.

Jon McLeod ha scritto al Scottish Socialist Voice, definendo la guerra di George Bush contro l’Iraq “nient’altro che un massacro per soddisfare quei porci capitalisti avidi di soldi”. McLeod ha proseguito dicendo che quando gli è apparso chiaro che l’Esercito statunitense avrebbe comunque attaccato l’Iraq, non è rientrato dal periodo di permesso ed è partito per la Cina, dove oggi si guadagna da vivere come insegnante d’inglese.

Ralph Padula, 34 anni, di stanza a Fort Hood, Texas, ha tentato per mesi di ottenere lo status di obiettore di coscienza. Invano. Quando alla sua unità è stata assegnata una missione in Iraq e i superiori gli hanno confermato che anche lui sarebbe partito, si è rifugiato nella chiesa cattolica di St. John Vianney, a Round Rock, in Texas. Padula, che soffre di attacchi di panico e ha spesso meditato il suicidio dopo la morte della fidanzata avvenuta in un drammatico incidente stradale il giorno di capodanno del 2002, alla fine ce l’ha fatta: si è riconsegnato alla base di Fort Hood il 9 aprile, ottenendo di non partire.

Michael Sudbury era un riservista di Salt Lake City, Utah. La fine del suo servizio era stata via via rimandata a causa della guerra in corso contro l’Iraq. Sudbury ha allora indetto una conferenza stampa, per dire: “La guerra è sbagliata. Andrò in prigione piuttosto che combatterla”. Sapeva di rischiare sette anni di detenzione in un carcere militare, ma lo ha fatto lo stesso. E ha vinto: il 9 febbraio, l’Esercito l’ha congedato.

Jeremy Suggs ha diffuso sulla rete una sua dichiarazione contro la guerra dal titolo, “Se me ne dovessi andare senza congedo dall’Esercito, qualcuno mi aiuterebbe?”.

Altro (ma non certo ultimo) caso è quello di Wilfredo Torres di Rochester, militare in servizio attivo, che se ne è andato senza permesso da Fort Benning e ha dichiarato pubblicamente di non essere disposto ad andare a combattere in Iraq durante una manifestazione pacifista, il 10 novembre 2002, a New York.

Dei soldati britannici in questione, invece, non sono stati resi noti i nomi. Si sa solo che appartengono alla 16esima Brigata aeronautica d’assalto; quello che rischiano, è di finire davanti alla Corte marziale. La ragione del loro rifiuto è la seguente: non vogliono essere coinvolti nell’uccisione di civili innocenti. Dei tre, due sono stati rimpatriati dal Kuwait e rispediti a Colchester, Essex, dopo l’inizio dell’invasione dell’Iraq; il terzo, invece, non ha mai lasciato la Gran Bretagna.

In tribunale li difenderà Gilbert Blades, un avvocato di Lincoln con una solida esperienza. A differenza della Guerra del Vietnam, durante la quale centinaia di migliaia di giovani cercarono di evitare di partire per il fronte, dichiarandosi obiettori di coscienza, oggi l’Esercito statunitense è composto esclusivamente da volontari (2.7 milioni fra servizio attivo e riservisti) e, dunque, sono stati molti meno coloro che si sono rifiutati di combattere. Non si sa quanti siano esattamente, ma di sicuro più dei dodici casi resi noti dalla stampa. Un apposito numero verde, attivato per fornire ai militari consulenza in materia di obiezione, ha ricevuto solo nel mese di gennaio oltre 3.500 telefonate, esattamente il doppio della sua solita media.

Alessandra Garusi


Approfondimenti

Link generale per tutti i casi

Link per le storie di Todd Arena e Johathan Hustadt

Link per la storia di Travis Clark

Link per la storia di Jon McLeod

Link per la storia di Ralph Padula

Link per la storia di Michael Sudbury

Link per la storia di Jeremy Suggs

Link per la storia di Wilfredo Torres




FONTE: sito peacelink



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