Fassino: "Entro ottobre un piano di pace per Bagdad"
Repubblica - 02-10-2004

Il leader Ds: "Andare oltre il dibattito sul ritiro. Non utilizziamo un dramma per beghe interne"

VENERDÌ 1 OTTOBRE 2004

Se il governo non recepisse, non potrei che confermare il voto sul richiamo delle nostre truppe. Al centrosinistra offro una proposta: dobbiamo fare politica, non basta salvarsi l´anima

ALESSANDRA LONGO

ROMA - Un piano di pace entro ottobre per l´Iraq, un percorso che mira a «multilateralizzare la crisi», a sostituire le truppe anglo-americane, in vista delle elezioni di gennaio, con uno schieramento più ampio, che sia finalmente percepito dalla popolazione non come una forza di occupazione ma come «un sostegno, un aiuto» per ristabilire l´ordine e la pace. Piero Fassino, leader dei Ds, butta sul tavolo la sua iniziativa: «Offro al centrosinistra una proposta politica sulla quale, mi auguro, possiamo trovarci tutti d´accordo». Una proposta, dice il segretario, che va oltre, non si limita al «solo dibattito sul ritiro delle truppe italiane perché noi dobbiamo fare politica, non basta salvarsi l´anima». Verdi, Rifondazione, il Correntone Ds sono tornati alla carica. Via dall´Iraq i nostri militari, dicono. Ed ecco che Fassino, detto «il sarto», si mette a ricucire, lancia una richiesta al governo Berlusconi: si faccia parte attiva per la promozione di una conferenza internazionale sull´Iraq e non alzi le spalle di fronte a questa iniziativa, «perché altrimenti, se la reazione fosse vaga o nulla, allora sì che al centrosinistra non resterebbe che confermare il voto di giugno sul rientro dei nostri soldati».
Fassino come si viene fuori dalla crisi irachena?
«Solo cercando un cambio di passo, subito. Al di là della gioia per la liberazione delle due Simone, gioia che in questi giorni ho condiviso con le famiglie, la situazione in Iraq peggiora . Ci sono altri ostaggi e dobbiamo continuare con iniziative forti fino alla liberazione di tutti. Solo ieri a Bagdad ci sono stati 42 morti, di cui 37 bambini. Avevamo ragione a definire questa guerra sbagliata. L´hanno fatta dicendo che avrebbero reso il mondo più sicuro e invece il mondo non è mai stato così insicuro come adesso. Il pericolo è una saldatura fra il terrorismo e gli umori antioccidentali della popolazione. Gli americani, per loro stessa ammissione, non sono in grado di garantire la sicurezza sul territorio. L´escalation di violenza rischia di pregiudicare la regolarità, se non lo svolgimento, delle elezioni previste a gennaio. Elezioni che sono invece indispensabili per passare ad una fase nuova del Paese».
E allora?
«E allora bisogna che questa vicenda sia presa in mano dalla comunità internazionale. Compito del centrosinistra è prima di tutto chiedere conto al governo italiano di come intenda contribuire allo svolgimento delle elezioni irachene. La mia proposta è in quattro punti. Primo: entro ottobre va organizzata una conferenza internazionale sull´Iraq. Secondo: questa conferenza deve discutere su come rendere multilaterale la presenza militare, su come organizzare, sotto il cappello dell´Onu, il passaggio da una forza percepita come occupante ad uno schieramento militare cui partecipino anche Paesi che non hanno fatto la guerra e Paesi arabi moderati. Terzo: si confermi lo svolgimento delle elezioni in gennaio e si assicuri che siano, come si dice, "fair and free", libere e regolari. Quarto: si definisca un programma di ricostruzione economica e politica per il Dopoguerra».
E gli americani mandati da Bush?
«Non è realistico pensare di fare a meno di loro, ma non possono esserci solo loro».
Dunque il governo italiano dovrebbe farsi parte attiva per ottenere in tempi brevi questa conferenza.
«Sì, compito dell´opposizione è prima di tutto incalzare il governo, chiedergli di avere una strategia».
Come lei ben sa, una parte dell´opposizione, incluso esponenti del Correntone, per esempio Pietro Folena, invoca il ritiro delle truppe.
«Io chiedo a tutti di ragionare, di liberarsi dalla tentazione di utilizzare l´Iraq per piccole beghe di politica interna. Tra le beghe e questo dramma la differenza è incommensurabile».
Ormai però è stato chiesto un dibattito in aula.
«Appunto, non deve trasformarsi in una lite in famiglia sul ritiro sì e il ritiro no. Io offro al centrosinistra una proposta politica, chiedo a Bertinotti, Pecoraro Scanio e Folena di misurarsi con questi argomenti, di concentrare l´impegno unitario in richieste precise al governo. L´esecutivo deve dire formalmente che si batterà per l´organizzazione di questa conferenza. E deve anche chiedere che da questa conferenza esca la svolta: il passaggio dalle forze angloamericane ad una forza multilaterale di peacekeeping. Credo di aver sviluppato un ragionamento serio e responsabile. E´ arrivato il momento di dire qualcosa di più che la semplice richiesta di ritiro delle truppe. Quella può salvare le coscienze ma non risolve il vero problema che è come uscire dal pantano attuale, come garantire all´Iraq libere elezioni».
Settori dell´opposizione le potrebbero ribattere che il governo è stato già incalzato, che viste le cose non rimane che andar via...
«Capisco le inquietudini di chi, di fronte al caos, vuol tagliare corto e andarsene. Ma siamo degli uomini politici, nelle vicende internazionali bisogna essere capaci di collocare le iniziative in relazione agli scenari che mutano, bisogna trovare una strategia, una soluzione. Senza ignorare un piccolo dettaglio. Anche nel caso di un eventuale nostro voto sul ritiro, le truppe rimarrebbero al loro posto. E noi non avremmo inciso in alcun modo sul mutamento dello scenario».
Bertinotti le obietterebbe: ma intanto via le truppe.
«Io invece dico: intanto, come prima cosa, chiediamo al governo se è d´accordo sulla necessità di una multilateralizzazione. Voglio sapere dal premier se considera la situazione in Iraq accettabile così com´è».
Berlusconi ha detto che la descrizione dello scenario iracheno è stata un po´ drammatizzata, che in Iraq c´è anche una vita "regolare", funzionano le scuole, semmai sono "i semafori ad essere in tilt".
«Inviterei il presidente del Consiglio ad un´analisi più dettagliata. Non passa giorno che non ci venga proposto un video con teste mozzate e solo ieri ci sono stati quei 42 morti. Avevamo ragione noi a dire che questa guerra non andava fatta. Avevamo ragione noi a considerare mal gestito il Dopoguerra e avevamo ancora ragione noi a chiedere una svolta, condizionando la presenza delle nostre truppe ad un cambio di passo. I nostri soldati sono ancora lì e da giugno non è mutato nulla. Ecco perché occorre un´iniziativa forte per cambiare le cose».
Dicono che non le sia piaciuta l´adesione di alcun i esponenti del suo partito all´iniziativa lanciata da "Il Foglio" per una presenza Nato in Iraq.
«No, non è vero. Io non nego che ci possano essere dei vantaggi nella scelta della Nato. Innanzitutto ha un potenziale logistico deterrente che nessun altro ha. E poi assisteremmo ad un impegno Europa-Stati Uniti che ricucirebbe le incomprensioni nate proprio per questa guerra».
Controindicazioni?
«Più d´una. Mi chiedo come verrebbe vissuta in Iraq la Nato, che è un´istituzione occidentale. Bisognerebbe introdurre dei fatti di novità rispetto all´attuale presenza anglo-americana».
Vale a dire?
«Ci vorrebbe un mandato dell´Onu esplicito; dovrebbero far parte della missione anche Paesi Nato che non hanno aderito alla guerra, Paesi esterni all´alleanza come, per esempio, la Russia, già coinvolta per la Bosnia, e anche qualche Paese arabo».
Altre condizioni?
«Una missione del genere non dovrebbe essere guidata da un ufficiale americano».
E´ davvero sicuro che il centrosinistra non si dividerà più sulla guerra?
«Non lo so. Da questa parte si fa di tutto per farsi del male. Io offro un´iniziativa politica che può unire».
E se il governo alzasse le spalle, non recepisse?
«Allora tutto il centrosinistra non avrebbe nessuna ragione per cambiare il voto sul rientro delle truppe».

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