breve di cronaca
L'invasione dei Liberali Giganti
il manifesto - 29-09-2004


b>CONTRORDINE

Le idee liberali andrebbero vendute in farmacia. Con l'attuale mercato selvaggio, chi si nutre di idee liberali ne vuole di più, poi ancora di più, vuole aumentare le dosi, non gli basta mai, finisce col fregarti la pensione per comprarsi il liberismo. Seguo quindi con una certa ansia l'invasione dei Liberali Giganti, la cui missione è ovviamente conquistare il mondo, abbattere a testate il welfare e sostituirlo al più presto con le mirabilie del mercato. La storia è vecchia e gira sempre intorno alle stesse parole: (sociale, libertà, eccetera) e in certe analisi il liberissimo mercato pare proprio un paradiso con i fiumi di latte e miele. Tanto bello e mirabolante che una domanda viene spontanea: dov'è la sòla? Come spiega Giuseppe De Rita (sul Corriere), due concezioni del «sociale» si danno battaglia in campo aperto. Una, vecchia, barbogia e polverosa (lui dice «declinante») sarebbe quella che vuole il sociale come «impegno alla copertura pubblica dei bisogni collettivi». Cioè lo stato sociale: tu paghi (in proporzione) e lo stato ti assicura scuole, sanità, pensioni e altri servizietti dannatamente illiberali (mi consenta). L'altra concezione del sociale è invece più moderna e luccicante: «l'accesso popolare a beni e servizi resi sempre meno costosi dal mercato e dalla concorrenza». Insomma si dibatte su cos'è veramente sociale: avere un ospedale a portata di mano oppure comprarsi il letto svedese in truciolato per cento euro? Prendere una pensione dopo quarant'anni di lavoro oppure volare a Londra con cinquanta euro? Tutti aspettiamo il momento del Grande Baratto, quando ci verrà detto chiaro e tondo: ehi, amico, vorresti anche la scuola pubblica? Non essere avido, ti abbiamo già dato la tendina della doccia a soli 9 euro e 90! Lascerò perdere qui, per carità di patria, la boutade del professor Padoa-Schioppa (sempre sul Corriere) che i Liberali Giganti prendono tanto sul serio. Papale-papale: «Oggi la giovane coppia che vive con mille euro al mese può arredare casa, ascoltare ottima musica o andare con facilità a Londra grazie ai prezzi di Ikea, Naxos e Ryan Air... Dove sta il sociale?».
Capito che culo, gente? Vivete in due con mille euro, magari con contrattini chewingum, precari, a termine o a progetto, però dovete ammettere che vi vendiamo i dischi con lo sconto. Ganzi, eh! Cominciavo a preoccuparmi. Com'è - mi dicevo - che queste lungimiranti teorie non vengono al più presto riprese e rilanciate? Detto, fatto. Ecco Piero Ostellino che (sempre sul Corriere, è un'epidemia!) ci invita a «pensare liberale» e rilancia alla grande, passando dal supermarket alla filosofia. Cosa ci impedisce di essere liberali? Il nostro ottuso identificare l'idea di benessere con l'idea di libertà, mentre è chiaro ai Liberali Giganti che benessere e libertà sono due cose completamente diverse e slegate tra loro. Testuali parole: «In realtà più benessere non genera più libertà. Chi dorme al Grand Hotel non è più libero di chi dorme sotto i ponti». Visto? Non è una questione di libertà, semmai di artrite! Non è che ti costringiamo a vivere sotto i ponti, amico, cerca di capire, sei tu che sei povero. E invece i cattivi che non vogliono abbassare le tasse e si oppongono a un «ridimensionamento del welfare» minano sì la libertà, eccome. Quale libertà viene violata? Dice Ostellino: «la libertà del cittadino di disporre a proprio piacimento di una maggiore porzione del proprio reddito». Traduco in italiano: perché dovrei privarmi di una fettina del mio reddito per farti un ospedale? Sei malato? Sei povero? Cazzi tuoi, che mi sembra una buona sintesi del «pensare liberale».

Ora non voglio essere barbogio e polveroso (e nemmeno «declinante» se De Rita permette), e voglio anzi mostrarmi aperto e disponibile agli esperimenti sul corpaccione sociale del Paese. Sono dunque pronto ad accettare una sperimentazione dei metodi teorizzati. Propongo che De Rita, Padoa-Schioppa e Ostellino vivano insieme con mille euro al mese. Potrebbero arredare la loro casetta, sentire ottima musica e ogni tanto volare a Londra a prezzi bassi. In cambio, dovrebbero soltanto rinunciare alla pensione, alla sanità e alla scuola pubblica. Siccome secondo loro questo è un buono scambio, direi di provare ad applicarlo, almeno in via sperimentale, e cominciare proprio da loro. Credo che basterebbero pochi mesi di battaglie con le bollette, l'affitto, l'inflazione, i ticket e il generale incarognimento dei prezzi e l'inarrestabile precarizzazione del lavoro per riparlare poi, un po' più sensatamente, del significato della parola «sociale».

(alessandro robecchi)

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 Pierangelo Indolfi    - 30-09-2004
E su l'Unità on line è apparso il 27.9.2004 il seguente commento di Bruno Ugolini

Welfare fai da te

Tutti ad escogitare soluzioni per rifare, ammodernare l’antiquato stato sociale. E’ il cosiddetto welfare già malridotto che offre poco agli anziani e quasi nulla, ad esempio, al mondo variegato dei Co.Co.Co. Sono i “collaboratori”, giovani sparsi nei call center o nei gangli d’Internet o in aziende dove il posto fisso ormai diventa un miraggio. Ed allora ecco, nelle fervide menti di Maroni e soci, una frenesia di proposte sulle pensioni da tagliare o i ticket da aggiungere sulle medicine. La mannaia prende di mira le cosiddette “spese sociali”, orribile dispendio di soldi a favore di famiglie non miliardarie.

Ora però c’è una nuovissima ricetta. L’ha inventata un illustre economista, Tommaso Padoa Schioppa. I giornali di centrodestra la stanno decantando. Leggiamo testualmente che tale trovata “Consente ad una giovane coppia che vive con mille euro il mese di arredare casa, ascoltare ottima musica o andare con facilità a Londra”.

Come si fa? E’ semplicissimo. Basta usare Ikea, Naxos e Ryan Air. Un’idea geniale. I Co.Co.Co., ma anche i tradizionali metalmeccanici, finora non ci avevano pensato. Magari seguitavano ad andare a Rimini con la Punto, a comprare mobili usati o presi in prestito da mamma e, per ascoltare musica, a copiare il Cd dell’amico, sfidando le ire del ministro Urbani.

Sarebbe anche possibile allargare la sfera di queste enormi possibilità che offre il mercato moderno per vivere bene senza bisogno dell’intervento dello Stato. C’è ad esempio “Ebay”, un sito Internet per trovare l’usato in ogni campo, partecipando a tante microaste. Oppure si può usufruire di programmi che permettono di condividere – addirittura gratis – files musicali. Per i mobili, infine, esiste sempre Aiazzone.

Certo, a ben pensarci, musiche, mobili e voli a Londra, negli intervalli di tempo libero, non bastano. Non intendiamo approfondire il capitolo dell’alimentazione, anche perché pane e salame in Internet a prezzi magici non lo abbiamo ancora trovato. Ma se per esempio uno si ammalasse e avesse bisogno di andare in clinica o di consumare medicine costosissime? Come potrebbe fare con mille Euro il mese? E se oltre i mobili volesse comprare anche la casa? E se magari gli capitasse d’invecchiare e di non riuscire nemmeno a digitare sul Pc, onde usare Naxos per comprare musica?

I futurologhi non hanno ancora pensato a queste piccole eventualità. Sono argomenti che, con tutta probabilità, infastidiscono. Sanno d’antico, di vetusto, di sorpassato. Roba da “stato sociale”, appunto. La “moderna” sinistra, dicono costoro, ha bisogno di ben altro, del “welfare fai da te”. Prodi pensaci tu.

 Pierangelo    - 05-10-2004
Sempre Bruno Ugolini integra il suo articolo precedente. Da l'Unità online del 4.10.2004

Un Merlo indignato
di Bruno Ugolini

Un lettore, tal Tommaso Merlo, un po’ vigliacco perché usa un falso indirizzo E-Mail, ci ha spedito parole di vibrante indignazione. Tutto perché avevamo ironizzato sulle nuove idee di welfare propagandate dal centrodestra e basate sul ricorso a tre pilastri: Ikea, Naxos e Ryan Air.

Scrive il Merlo: “Sono sicuro che come giornalista di successo, lei è cliente di Ikea, Naxos e Ryan Air e magari ha pure la casetta al mare. Tutto questo grazie a quel capitalismo che avete indicato come diavolo per decenni. Sono sicuro che se confrontasse il suo tenore di vita con quello di un uomo degli anni ‘50 si scoprirebbe un alto borghese. Ma chissenefrega. Lei deve appunto guadagnarsi la ricca pagnotta e allora strumentalizza ciò che forse qualcuno dei suoi lettori potrebbe pensare. Scrive perché il suo giornale venga venduto al mercato dei post comunisti. Quelli perdenti, rimasti poveri, non come lei e gli altri giornalisti del suo giornale. Cosi finite per farvi paladini di una realtà sociale marginale, senza fungere da stimolo alla creazione di idee e progresso.”.

Debbo confessare all’ignoto interlocutore che il pane, anzi la pagnotta, come ama dire, me la sono guadagnata lavorando tutta la vita come giornalista specializzato in metalmeccanici e sindacati vari, con compensi mensili pari, all'epoca e per molti anni, proprio alle paghe metallurgiche. Ora scrivo per mio esclusivo piacere su siti "on line" come questo, non articoli bensì corsivi, fatti per sorridere o sogghignare. Quando ci riesco.

In ogni modo mi ha scoperto: conosco Ikea, Nakos e Ryan. Li frequento. L'idea che possano rappresentare i pilastri di un nuovo welfare, davvero mi sembra ridicola. Certo anche io, come scrive il Merlo, sono "per lo Stato Sociale e contro il modello americano": sono "per uno Stato Sociale moderno, aperto al futuro, creatore di opportunità e di idee, flessibile e giusto. Insomma per uno Stato Sociale tutto da costruire e sviluppare”. Il contrario, però, me lo lasci dire, di quello che sta facendo questo governo.

Ed è anche vero che tutto è cambiato attorno a noi. Ma assicuro ancora il Merlo che esistono ancora e in grande quantità realtà non tanto”marginali”. Parlo di metalmeccanici, braccianti, edili, operai tessili ed operai chimici, persone addette alle pulizie e badanti. A lui sembrerà una bestemmia ma è così. E in più esistono tanti ragazzi che vagano da un lavoretto all'altro, spesso da un call center all'altro, senza alcuna tutela. Magari sanno tutto di Ikea e Nakos ma fanno fatica a mettere insieme i soldi necessari per usufruirne.