Ove si parla dei fatti tremendi e irrisolvibili del mondo intero, delle miserie e delle morti, e già si prefigurano epocali scontri di civiltà con tutto ciò che uno scontro di civiltà potrà comportare per gli equilibri del pianeta Terra, per il controllo spietato delle fonti di energia, e con lo sterminio per fame e per malattie di tutte quelle moltitudini che nessuno rappresenta.
Torna giusto affidare una riflessione in proposito, che risollevi il dibattito ideologico e lo riconduca in spazi più salubri, al teologo Paul Tillich, dal suo volume “
Il coraggio di esistere “:
“ ( … ) Abbiamo visto morire milioni di individui in guerra, centinaia di migliaia nelle rivoluzioni, diecine di migliaia nelle persecuzioni e nelle sistematiche epurazioni delle minoranze.
Moltitudini numerose come nazioni vagano ancora sulla faccia della terra o periscono quando mura fittizie pongono fine al loro vagare.
Tutti quelli che vengono chiamati profughi o immigrati appartengono a questo vagare; in essi si incarna una parte di quei terribili avvenimenti in cui la morte ha riafferrato le redini che noi credevamo avesse abbandonato per sempre.
Questa gente porta nell’anima, e spesso nel corpo, le tracce della morte, e non le perderà mai del tutto.
Voi, che non avete mai preso parte a questa grande migrazione, dovete accogliere questi altri come simboli di una morte, che è una componente della vita.
Accoglieteli come quelli che hanno avuto il destino di ricordarci la presenza della Fine in ogni momento della vita e della storia.
Accoglieteli come simboli della finitezza e transitorietà di ogni interesse umano, di ogni vita umana, di ogni cosa creata. ( … ) “
“
Venezia, 11 settembre 1994
Caro Cavaliere,
siamo venuti a Venezia per la mostra del cinema. E’ un regalo che ci facciamo quasi tutti gli anni, perché Giulia è una cinofila appassionata e sta contagiando anche me. Abbiamo trovato stupendo Lamerica di Gianni Amelio, non soltanto per ciò che racconta circa le suggestioni esercitate sugli albanesi dalla presunta ricchezza italiana, ma anche per ciò che lascia intendere sul rapporto, nel mondo, fra i paesi del benessere e quelli della persistente fame.
Voglio dire che, mentre noi, nelle democrazie occidentali, diamo per scontata la necessità di realizzare politiche interne d’equilibrio fra maggioranze benestanti e minoranze povere, dimentichiamo che – se avessimo l’elementare accortezza d’impostare le nostre statistiche non sulle singole realtà di ciascun paese occidentale, ma sulla globalità del pianeta – dovremmo fare i conti con la situazione opposta, che vede largamente maggioritarie le popolazioni afflitte da mortale miseria.
Sono tematiche elementari che tendiamo a rimuovere, perché indicano la gravità di un problema ineludibile, la cui implacabile sintesi è questa: o cancelliamo il fenomeno della fame nel mondo eliminando gli affamati in soprannumero con una guerra che prevenga l’invasione dei poveri, oppure ci adattiamo a dividere il nostro benessere con tutti i popoli della terra.
Sono riflessioni che mi vengono suggerite anche dalla conferenza mondiale in corso al Cairo sul problema demografico: è diventata una tragica passerella di fanatismi. In rappresentanza del governo italiano, Lei ha mandato una delegazioncina guidata da due ex socialisti passati a Forza Italia ed entrati in parlamento grazie ai voti di un elettorato conservatore: il ministro Antonio Guidi e l’avvocatessa Tina Lagostena Bassi. La loro presenza al Cairo è passata del tutto inosservata.
Forse era ciò che Lei voleva, per evitare che il problema scandaloso dell’aborto si ripercuotesse con ulteriori motivi di lacerazione all’interno della Sua litigiosa maggioranza. In questo modo, però, ancora una volta è accaduto che di fatto la vostra penisola sia apparsa a un’assise mondiale come rappresentata dall’autorità vaticana. E l’impegno del Vaticano contro l’aborto – in tutte le sue possibili condizioni e forme – è tale, da far apparire quello il solo problema cui si trova di fronte l’umanità.
( … ) Lei si domanderà, e mi domanderà, perché dico a Lei queste cose. Mi ero sinceramente ripromesso di non scriverLe durante questo soggiorno a Venezia. Ma il film di Amelio, sovrapponendosi a due eventi di grande spessore come la conferenza del Cairo e la visita del Pontefice a Zagabria, mi costringe al paragone con le miserevolezze del dibattito ideologico italiano, caratterizzato nei giorni scorsi dal discorso di Irene Pivetti a Rimini.
Mentre, nel mondo, alla strage dei poveri s’intreccia uno scontro immane fra culture diverse, la presidente di uno dei rami del parlamento italiano, eletta con i voti della stessa maggioranza che esprime il Suo governo, ritiene e dichiara che in un paese democratico le leggi civili debbono essere cambiate e riscritte per essere adattate alla volontà di Dio.
E’ sgomentevole che di tale volontà si faccia sicura garante la giovane Irene, quando un vecchio Papa, d’imperiosa onestà, manifesta, con l’ostentazione sincera del suo dolore immenso, il dubbio che neppure il vicario di Dio abbia più titoli per capire ed esprimere la di Lui volontà.
( … ) Ebbene, signor presidente del Consiglio, Lei che è maestro nell’arte di prendere le distanze, lascia che Irene Pivetti si faccia propagandista di una repubblica teocratica e vandeana, senza dire una parola per far capire che Lei non è d’accordo? O viceversa è d’accordo, perché spera in tal modo che Rocco Bottiglione Le porti i voti dei popolari?
Salvo errore, sulle esternazioni della Pivetti ha taciuto anche il ministro Ferrara, che ha l’incarico di portavoce del governo. E’ vero che, da quando Ferrara è andato giù troppo truculento nell’attacco ai giudici milanesi, Lei ( in quel caso sì, prendendo le distanze )ha detto, con una battuta felicemente rubata a Enzo Biagi, che talvolta, piuttosto che un portavoce, sarebbe preferibile avere un portasilenzi. Ma l’esistenza di un portasilenzi sarebbe giustificata in un governo capace di utilizzare a proposito l’arte del tacere. Invece Lei tace quando la Pivetti fa la rappresentante del Padreterno, e in tutte le altre occasioni parla, parla, parla.
Anche nei discorsi ufficiali, quelli scritti, a volte Lei dà l’impressione, mi consenta il rilievo, di andare a ruota libera.
( … ) Con i sensi della mia costante ammirazione, Le invio i migliori saluti, estensibili alla Sua signora. Adam Smith “
( da “ Lettere di Adam Smith al Cavalier Berlusconi “ di Sergio Turone – Laterza – 1995 )