Interrogazione a risposta scritta al Presidente del Consiglio dei Ministri
PDCI - 10-09-2004

Per sapere, premesso che:



  • il 7 settembre scorso due ragazze italiane, Simona Torretta di Roma e Simona Pari di Rimini, entrambe 29enni, insieme a due iracheni (un ingegnere e una operatrice) sono state rapite a Baghdad;

  • le due giovani, come anche l'ingegnere iracheno, appartengono all'organizzazione umanitaria "Un Ponte per...", operativa nella capitale irachena dal 1991, dalla fine della prima guerra del golfo;

  • le due ragazze italiane erano in Iraq per lavorare al progetto "Farah", che, in arabo, significa "speranza", un progetto multimediale per l'educazione e il gemellaggio scolastico, realizzato in collaborazione con l'Unicef;

  • lo stesso giorno del rapimento, nel corso dell'audizione davanti al "Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e sicurezza", e poche ore prima della notizia del sequestro delle due volontarie italiane a Baghdad, il direttore del Sismi (il servizio segreto militare), Niccolò Pollari, ha sottolineato i rischi "alti" per possibili attentati contro il contingente militare italiano in Iraq, la rappresentanza diplomatica e più in generale contro cittadini italiani, in particolare di donne, per l' alto impatto emotivo che queste azioni avrebbero avuto;

  • fonti dei servizi segreti spiegano che il sequestro di Simona Pari e Simona Torretta e degli altri due operatori iracheni delle Ong italiane costituisce un "innalzamento del livello di scontro" da parte dei terroristi, che dopo il sequestro di Enzo Baldoni e dei due giornalisti francesi, ora - con il rapimento di due volontarie di associazioni umanitarie - ''intendono, tra l'altro, delegittimare il governo iracheno, mettendo nel mirino quelli che lo aiutano", anche tenuto conto del fatto che il rapimento è avvenuto proprio alla vigilia della visita in Italia del presidente iracheno, Ghazi Al Yawar, atteso venerdì 10 settembre a Roma;

  • sempre secondo fonti dei servizi segreti, l'innalzamento del livello di scontro "è tangibile anche nelle modalità del rapimento", compiuto da un commando che aveva preparato l'azione ''in ogni dettaglio" e che ha agito nel pieno centro di Baghdad, una zona teoricamente blindata;

  • le conseguenze della guerra all'Iraq sono ormai devastanti: aumenta ogni giorno il numero dei civili iracheni uccisi ed ogni giorno di più si alimenta l'orrore del terrorismo;

  • a parere degli interroganti, da parte del governo italiano un atto di responsabilità sarebbe quello di far rientrare i nostri militari che si trovano in Iraq: sarebbe l'unico gesto vero, possibile e coraggioso, per fermare l'orrore della guerra e del terrorismo;

se non ritenga opportuno attivarsi immediatamente sia presso le autorità locali e sia presso le autorità militari italiane impegnate in Iraq al fine di conoscere la reale dinamica del rapimento e nell'intento di accertare come sia stato possibile che i contingenti militari italiani, che dovevano essere presenti anche per proteggere i civili, come nel caso in questione, non siano assolutamente nella condizione di farlo lasciando così drammaticamente soli anche chi lavora sul versante umanitario;

se non ritenga necessario, utile ed indispensabile rilanciare una seria e opportuna politica diplomatica, capace di riprendere il dialogo con l'intero mondo musulmano;

come intenda intervenire rapidamente per liberare i nostro concittadini e per tutelare la sicurezza delle associazioni e i numerosi volontari italiani che da anni lavorano in Iraq per la pace e lo sviluppo.


Oliviero Diliberto
Giuseppe Cosimo Sgobio
Gabriella Pistone


Roma, 8 settembre 2004



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 Indymedia    - 10-09-2004
Inghiottite a Baghdad

La capitale irakena è terreno in cui si giocano molti conflitti: tra stati, tra servizi di intelligence, tra partiti e gruppi politici irakeni, tra capitani di ventura e multinazionali. Ed e' questa Bagdad che ha inghiottito Simona Pari, Simona Torretta, Ra'ad Ali' Abdul-Aziz e Mahnaz Bassam.
Le due cooperanti italiane lavorano nella ONG "Un ponte per..." e fanno parte di quel gruppo di Ong che, come Intersos in cui lavora uno degli operatori locali sequestrati, portano avanti progetti di monitoraggio e promozione dei diritti della popolazione irachena nonche' di ricostruzione, anche in tempo di guerra, molto spesso finanziati dalle istituzioni pubbliche e privati. Oltre a fare cooperazione, le operatrici hanno trovato il tempo di fare informazione indipendente, raccontando cio' che i giornalisti non sanno o non vogliono raccontare (e qualcuno adesso lo ammette).
Dalla notizia del rapimento appelli, iniziative e commenti vengono diffusi e organizzati dal mondo dell'associazionismo, del pacifismo, dalle comunita'
islamiche e dalle donne musulmane. Media e politici istituzionali, invece, approfittano del sequestro per continuare a giustificare l'intervento militare in Iraq: a sentire loro, chi oggi critica la guerra si schiera automaticamente con i sequestratori, anche tra coloro che fino a ieri sostenevano la priorita' del ritiro delle truppe.
Paradossalmente, oggi l'operato dei pacifisti in Iraq viene esaltato senza vergogna anche da chi, come il governo italiano, alle stesse ONG vuole tagliare i fondi.

Le mobilitazioni






 Un ponte per    - 10-09-2004
A tutto il movimento per la pace

Cari amici,
vogliamo ringraziarvi per le straordinarie manifestazioni di solidarietà a cui state dando vita in tutta Italia e in molte forme. Credete, sono molto importanti per noi per lavorare anche concretamente a mantenere aperta la speranza. Davvero siamo un unico grande movimento.

In queste ore, oltre alle Simone, Raad e Mahnaz, in Iraq rischia la vita un'intera popolazione. Continuano i bombardamenti alle città, stamattina un attacco dal cielo a Falluja ha causato altre otto vittime, tra cui quattro bambini e due donne. Non dimentichiamoci di loro. La guerra continua a fare vittime civili.
Vogliamo la salvezza di Simona, Simona, Raad e Mahnaz. Vogliamo la salvezza di tutti gli iracheni.

D'accordo con tutto il comitato Fermiamo la Guerra chiediamo che la fiaccolata di domani a Roma, e le iniziative per la liberazione degli operatori umanitari italiani e iracheni che si prendono in tutta Italia, chieda con forza anche la fine dei bombadamenti sulle città irachene, a cominciare da Falluja, dove il Centro per i diritti umani mentre cadevano le bombe ha trovato il tempo di esprimere solidarietà a noi e chiedere la liberazione degli ostaggi.

Femiamo la guerra. Libertà per gli operatori umanitari.


Vi preghiamo di far circolare questo messaggio.