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22) Dal carteggio Adam Smith – Berlusconi
Aldo E. Quagliozzi - 08-09-2004



Ove si legge di una quasi profezia che Eugenio Scalfari scrisse nelle torride giornate del mese di luglio dell’anno del signore 1994, allorquando il popolo dei fax costrinse il nostro egoarca ad una ignominiosa ritirata su di un aberrante decreto-legge che salvava i corrotti del Bel Paese, nel travagliato periodo dell’inchiesta meritoria denominata Mani pulite.

“ ( … ) Silvio Berlusconi è quello che è e che più volte abbiamo descritto nei mesi scorsi.
La sua banda è fatta a sua immagine e somiglianza; basta vederli in faccia e ascoltarli per capirlo.
La loro bramosia di comando è quasi infantile.
La loro disconoscenza delle regole della democrazia liberale è totale.
Hanno creato un partito-azienda e con i metodi dell’azienda pretendono di governare lo Stato.
Sperare che cambino sol perché hanno registrato una pesante sconfitta è pura illusione.
Saranno invece più incattiviti e più arroganti di prima. ( … ) “.


“ Bellagio, 22 luglio 1994

Caro Cavaliere, per quanto critico possa essere il sostegno intellettuale e morale che io do al Suo governo, da modesto osservatore forestiero, La prego di credermi se scrivo che soffro con Lei per ognuna delle bufere che si abbattono – come nel caso della polemica suscitata dal decreto Biondi – sulla compagine ministeriale da Lei presieduta.
( … ) … una vicenda come quella, recentissima, del decreto con cui il ministro della Giustizia Biondi avrebbe voluto introdurre criteri di maggiore indulgenza, verso i politici rei di Tangentopoli, ha suscitato una zuffa dalla quale che è uscito peggio è stato Lei.
Infatti Lei, caro Cavaliere, all’inizio, e per molti giorni, ha detto e ripetuto che avrebbe sostenuto il decreto Biondi fino in fondo. C’era in tutta l’opinione pubblica il sospetto che – avendo Lei suo fratello Paolo fra gli indagati di Mani pulite, e per vicende relative proprio alla Fininvest – il Suo tifo a favore della linea morbida espressa dal ministro Biondi fosse interessato. Ma ciò non L’ha dissuasa dall’impegnarsi in difesa del decreto.
E quando, a nome del pool Mani pulite, Antonio Di Pietro – ovviamente in televisione – ha dichiarato che i magistrati milanesi si sarebbero dimessi dalle rispettive cariche se fosse diventato operativo quel decreto, in cui vedevano un bavaglio posto alle loro inchieste sulla corruzione, Lei ha continuato a difendere la proposta Biondi, accusando i magistrati di volersi atteggiare a star.
Ora, tutti ricordiamo bene quanto Lei aveva insistito, nei giorni in cui lavorava alla formazione del Suo ministero, per avere Antonio Di Pietro ministro. Era perché lo stimava, giudicandolo capace di esprimere anche nell’attività politica le doti di cui aveva dato prova quale magistrato, o perché sapeva, con quella mossa, di sottrarre alla magistratura un giudice capace, cocciuto, che stava pericolosamente avvicinandosi a scoprire verità per Lei scomode?
Sono tutte domande, signor presidente, che io Le rivolgo col rispettoso candore di uno che, dall’esterno delle faccende italiane, vorrebbe contribuire a dissipare le ombre che minacciano la svolta liberista da Lei promessa.
( … ) Molti in Italia, a cominciare dai magistrati, hanno interpretato il decreto Biondi come un tentativo d’interferenza dell’esecutivo nell’azione della magistratura.
< Quando il potere giudiziario è associato al potere esecutivo – scriveva Adam Smith – è assai facile che la giustizia venga spesso sacrificata a quella che volgarmente si chiama politica >.
Brava Giulia, il tuo computer ha centrato la frase più calzante. Sembra una riflessione scritta ieri da Norberto Bobbio. Lei che ne dice, presidente? Se alla fine, dopo un lungo braccio di ferro in difesa del decreto Biondi, ha preferito rimangiarselo, vuol dire che sotto sotto anche Lei temeva di aver violato l’elementare principio così mirabilmente enunciato in sintesi dal vecchio Adam oltre due secoli fa.
Nella Ricchezza delle Nazioni ci sono altri passi leggibili come giudizi di condanna dei criteri cui si era attenuto il Suo governo sostenendo il decreto Biondi.
< Dall’imparziale amministrazione della giustizia >, scriveva per esempio Adam Smith poco dopo la frase citata ( … ), < dipende la libertà di ogni individuo, il sentimento che egli ha della propria sicurezza. Per far sì che ogni individuo si senta perfettamente sicuro nel possesso di tutti i diritti che gli appartengono, non è soltanto necessario che il potere giudiziario sia separato da quello esecutivo, ma anche che sia reso il più possibile indipendente da quel potere >.
Non sembrano parole scritte adesso? E pensi che cinque giorni fa cadeva il duecentesimoquarto anniversario della morte di Smith, deceduto a Edinburgo il 17 luglio 1790.
( … ) Sul decreto Biondi, ho condiviso la severità di chi lo giudica un tentativo di aggressione contro la magistratura; ma ho sottolineato, proprio in questa lettera, la saggezza di cui Lei ha dato prova nel momento in cui – dopo averlo a lungo difeso con appassionata virulenza – ha fatto retromarcia e lo ha ritirato. E’ stata una sconfitta, dura e pesante, ma dalle sconfitte un politico sa trarre lezioni utili. O no?
In proposito, Eugenio Scalfari è pessimista. L’altroieri sul suo giornale ha scritto: < Silvio Berlusconi è quello che è e che più volte abbiamo descritto nei mesi scorsi. La sua banda è fatta a sua immagine e somiglianza; basta vederli in faccia e ascoltarli per capirlo. La loro bramosia di comando è quasi infantile. La loro disconoscenza delle regole della democrazia liberale è totale. Hanno creato un partito-azienda e con i metodi dell’azienda pretendono di governare lo Stato.
Sperare che cambino sol perché hanno registrato una pesante sconfitta è pura illusione. Saranno invece più incattiviti e più arroganti di prima >.
C’è di che spaventarsi, e francamente io spero che Lei smentisca Eugenio Scalfari, ma attraverso i comportamenti, non con dichiarazioni apocalittiche, né mediante le sorridenti rassicurazioni del < tutto va bene > in cui si è specializzato il sottosegretario alla Pettinatura Gianni Letta.
( … ) Una settimana fa, nel corso di una conferenza stampa, a una domanda certo pungente di Giovanna Pajetta del Manifesto, Lei strillando l’ha accusata di essere non una giornalista ma un’agit-prop. Riprendo la cronaca di Pierluigi Battista sulla Stampa: < L’anatema scagliato da Sivio Berlusconi piomba nella sala –stampa di Palazzo Chigi con la potenza di una formula misteriosa e arcana >.
Il cronista ha ragione: il termine agit-prop, abbreviazione sarcastica per agitatore-propagandista, fu inventato nel 1946-47 da Giovannino Guareschi, l’umorista geniale che disegnava i comunisti con tre narici. Ma allora certe forme di rabbia satirica – in una direzione o in quella opposta – avevano una carica vitale aderente alla realtà di contrapposizioni politiche drammaticamente semplificate.
Oggi l’articolazione del confronto politico è drammaticamente complessa. Usare adesso un’espressione come agit-prop, davvero misteriosa e arcana, equivale, presidente mio, a confessare d’essere fermi all’immaginario anticomunista degli anni Quaranta.
Mi dia retta, Cavaliere, non dica mai più agit-prop. La prossima volta che vorrà dare una lezione in pubblico a una giornalista, la chiami, che ne so, puttana. Farà più bella figura.
Accolga i miei migliori saluti. Adam Smith “

( da “ Lettere di Adam Smith al Cavalier Berlusconi “ di Sergio Turone – Laterza - !995 )




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