La mia riflessione solidale
Rosa Maria Lombardo da Meridiano Scuola - 06-09-2004
Gli sguardi si incrociano lungo un corridoio stretto e illuminato da una lampadina artificiale appesa ad un filo che riflette ombre sui muri adorni di fogli bianchi tra cui danzano timbri , sigle e firme frettolose. Un uomo e una donna si guardano, non stanno per dichiararsi smisurato amore, aspettano che il medico li chiami per sottoporli a visita , lui stropiccia nervosamente un certificato medico fra le mani, lei ostenta, visibilmente soddisfatta, un ginocchio gonfio di ponfi che non si capisce se abbia fatto a pugni con un'ape o con la scarpa di un alunno di quelli tosti.

Entrambi sembrano trionfare su tutti, con lo sguardo fisso su di un orizzonte che si preannuncia roseo perché ancora vacanziero.

Una collega, al telefono, amica anche, mi racconta che al C.S.A. è stato necessario far arrivare i Carabinieri a causa di tafferugli che si erano verificati all'esterno per il malcontento di chi stava fuori ad aspettare da ore per potere discutere del proprio punteggio ed avviare un ricorso.

I° collegio, primi contatti, e sguardi che gli occhi si incontrano vacui e liquidi come quelli di un merluzzo pescato da qualche ora...non va bene.

Ripenso, in automatico, ai bambini, agli alunni, a coloro a cui è primariamente destinato il nostro lavoro e rivolta la nostra professione di insegnanti. Ci penso con insistenza così come insistentemente mi tornano i discorsi fra colleghi e le facce disastrate di chi si è visto sfumare sotto gli occhi la possibilità di lavorare e per conseguenza, quella di migliorare la posizione in graduatoria per il prossimo anno.

Da una parte quindi le esigenze di chi lavora, vuole e deve lavorare; dall' altra le esigenze degli alunni, bambini o ragazzi, impegnati nella grande impresa del crescere.

Non so quanto sia utile ai nostri ragazzi, ai nostri bambini, l'arrivo di docenti stremati da queste giornate di attesa, di discussioni, di attriti che per alcuni si è tradotto in ansia, altri in depressione, ognuno a suo modo ha vissuto e attraversato questo momento, chi a spese della mucosa gastrica, chi del cuore ballerino, chi di un'apnea che palesa la rigidità di uno stato di attesa. Di cosa? Del riconoscimento di un diritto, quello al lavoro, ovvero alla realizzazione professionale, che, di questi tempi, fa tutt'uno con la realizzazione umana tanto siamo abituati a leggerci in termini di guadagno e produttività.
Cosa dire allora ai tanti colleghi che non possono leggersi perché la loro situazione è estremamente precaria? Mai come in questi tempi il termine ha avuto corrispondenza più veritiera nella realtà.

E' triste, ma fa parte del gioco, di questo gioco a cui sembriamo tutti abituati se non fosse che ogni tanto un'esplosione di collera ci riporta a riflettere su tempi e modi, caotici e frenetici, di un sistema che si sta boicottando da solo.
Da qualche parte si deve ricominciare a ricostruire per un quotidiano più umano, che sia quello degli insegnanti senza ruolo e senza stipendio, che sia quello degli alunni nelle classi vuote , in cui il lavoro è interrotto dai bisbiglii sull'ultimo decreto, sull'ultima trovata per accumulare punti o sulla scuola, scovata sul cocuzzolo di montagna scampato all'ultimo terremoto - quanti punti fa? tanti, tanti. Forse dovrebbero cominciare a girare graduatorie di vita.

Una mia amica ha fatto due anni fuori città, sede di montagna e quando l' aveva scelta non sapeva neppure che le sarebbe tornato utile. Tre ore al giorno di viaggio fra andata a ritorno, a casa due ragazzine affidate alla scuola, alla nonna, alla loro stessa precoce intelligenza che ha consentito di capire che mamma lavora. Quanti punti?

1-2-3...respiro profondo...1-2-3...respiro profondo....forse è il caso di rimettere a fuoco, di reindirizzare l'attenzione verso alternative, verso altro, di costruirsi percorsi paralleli da spendere professionalmente, forse è il caso di rivedere gli investimenti emotivi sul professionale, forse è il caso di fare un attimo di silenzio.Il rincorrersi caotico di notizie esarceba le emozioni come questa società dei mass media è abituata a fare. Tutti contro tutti, esasperati e resi cinici da uno stato di continua incertezza che mette in discussione e stravolge quei minimi storici che si pensava di avere fissato nelle pagine del tempo. Neppure la memoria sfugge alla logica della precarietà.

Non è solo una questione di notizie, di quante se ne fanno girare, ma di come vengono date, di come vengono urlate, scritte, impaginate, per colpire, come se urlandole avessero il potere di essere più efficaci ed invece ottengono solo l'effetto di desensibilizzare l'udito, di farci urlare sempre più forte affinchè tutti sentano, tutti alla stessa maniera, tutti con lo stesso livello di rabbia e di rancore, di insoddisfazione, in un livellamento emotivo e cognitivo che rappresenta un novo strumento di controllo.

1-2-3...respiro profondo.1-2-3...respiro profondo...un attimo di silenzio, per favore!




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