Senza frontiere di Andrzej Stasiuk
Sto a sedere in camera mia e m'immagino l'Italia del sud. Guardo la pianura verde, i boschi ombrosi di faggi e di aghifoglie, l'erba ondeggiante e mi figuro l'Italia del sud, la Calabria, la Basilicata. Non ci sono mai stato. Fra due settimane prenderò un aereo a Varsavia e scenderò a Brindisi. Da Brindisi andrò in traghetto fino a Durres in Albania, per trascorrere una settimana nel settentrione di questo paese, vicino alla frontiera con il Kosovo. Ma al ritorno passerò anche una settimana in Calabria.
Ogni volta che mi è venuta voglia di andare in Italia ho sempre pensato alle parti più remote della Penisola. Mai a Roma, Venezia, Firenze o Milano. Persino Napoli era troppo vicina. Mi sono sempre immaginato il Meridione perché lì finisce il continente, lì ha fine l'Europa. Mi sono immaginato come l'acqua marina e l'arsura del sole mordono la terra e la sottraggono agli uomini. La Penisola appenninica sulle carte geografiche ha l'aspetto di un osso arcaico, il frammento dello scheletro di un antichissimo animale. E forse perciò questo Meridione l'ho immaginato sempre come qualcosa di straordinariamente antico, arcaico, straziato dallo scorrere del tempo. Pietre bianche, una luce impietosa e ombre nere come fuliggine - è così che lo vedo. E ancora lo sguardo immoto di donne vecchie sedute davanti alle loro case. Hanno l'aspetto di chi ha visto tutto il passato e conosce tutto il futuro. Gli uomini possono essere diversi uno dall'altro, ma le donne vecchie sono identiche ovunque. Qui in Polonia, in Slovacchia, in Ungheria, nei Balcani. Stanno a sedere con abiti e fazzoletti neri e vedovili e osservano il tempo da parte a parte. Lo stesso deve capitare nei dintorni di Savelli oppure di Longobucco. Ne sono certo, ma ci andrò per vederlo con i miei occhi. Ci vado per verificare se le donne calabresi ricordano le donne del paese in cui abito ora.
Ci andrò con un bagaglio leggero ed eviterò come la peste i luoghi di villeggiatura marina. Le spiagge d'estate ricordano le visioni medievali dell'inferno. Imparerò una cinquantina di parole in italiano e vedrò com'è che si viaggia in autostop da quelle parti. Mi porterò appresso un sacco a pelo e dormirò all'aperto, risparmiando sugli alberghi. Ovviamente avrò paura delle tarantole, ma ci penserà il vino a mitigare poco a poco la paura. Nei paesi e nei villaggi andrò alla ricerca dell'ombra. So che nella piazza del mercato di un paesetto sperduto si può trascorrere il giorno intero spostandosi insieme all'ombra e a volte ciò è più importante di tutti i musei di Roma e di Firenze. Dopo un'ora o due la gente si abitua alla presenza di un estraneo e allora si può entrare nella loro vita in maniera delicata, come se si fosse invisibili. Un po' ti vedono, ma allo stesso tempo tentano di vivere in maniera normale, perché l'orgoglio non consente loro di modificare alcunché alla vista di un vagabondo. Sì, stare seduti sulla piazza del mercato in un villaggio sconosciuto, in un paese straniero, è come leggere un bel libro. Qualcosa lo si capisce, il resto bisogna immaginarselo. La gente fa dei gesti così come a casa tua, ma il loro significato non è del tutto noto. Solo gli animali, i cani e i gatti, si comportano nella stessa maniera in cui si comportano altrove e sembrano reagire più all'odore del corpo e al calore della voce che all'aspetto e alle parole.
Questo è il mio piano ingenuo. Guardo la mappa d'Europa e vedo solo le sue frontiere, luoghi da cui si può solo tornare. Sì, dovrei pensare 'Parigi', ma penso 'Lisbona'. Dovrei pensare 'Venezia', ma penso 'il delta del Danubio'. Proprio là, una certa estate, ho sentito come il continente si immerge nel mare e si dà per vinto, là nella città di Sulin, l'ultimo borgo d'Europa, ho sentito una certa tristezza unita alla gioia, che ecco, sono arrivato fino alla fine, proprio al bordo di questa astrazione storico-geografico-ideologico, che qui è più che mai reale: barche arrugginite e imbarcazioni conficcate nel centro di dune sabbiose, un cimitero con incisi i nomi dei marinai di tutto il mondo di un secolo fa, un triste esercito e le grate nere dei radar che osservano chissà che invasione, cani randagi e acquitrini senza fine per decine di migliaia di ettari. Vi riuscite a immaginare, Signori, una città europea in cui si può arrivare solo per via d'acqua? Una città che si trova alla foce di uno dei più grandi dei nostri fiumi? Ottanta chilometri in barca, in traghetto, in aliscafo, perché non c'è altra maniera?
Non ho niente contro il centro, ma mi attirano di più le periferie. Già ora il centro del continente sta diventando sempre più uniforme. Le metropoli smettono di essere diverse una dall'altra. Fra poco le si potrà distinguere solo in base a decorose vestigia. Ammesso che queste vestigia si riusciranno ancora a scorgere sotto l' involucro scintillante della modernità. Identici i nomi delle catene di hotel, identici i bancomat, i tipi di birra, identici i parcometri, lo stesso ordine negli scaffali al supermercato o nel repertorio dei cinema.
Penso che già fra breve ci metteremo in viaggio verso le periferie, ai limiti del continente, nei paesi dove siedono le donne vecchie con i fazzoletti in testa. Ovviamente e per fortuna non tutti. Viaggeranno solo coloro cui il passato interessa non come anacronismo e superstizione, ma come il luogo della propria origine.
Ovvero, per parafrasare lo slogan marxista, il passato come presa di coscienza del presente.
traduzione di Laura Mincer
andrzey stasiuk - 09-11-2012
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sognando la Calabria è un libro bellissimo di Andrzej stasiuk dove si può trovare?. che significa fuori registro? |