breve di cronaca
L'equazione impossibile
Repubblica - 27-08-2004
di Luciano Gallino
Segnalato da P.I.

Oltre 40 miliardi di euro. Questa è la prima cifra dell´equazione cui il paese si trova davanti. Vanno a comporla i 24 miliardi che il governo deve trovare per la manovra indicata nel Dpf 2005; i 12,5 miliardi di euro necessari per tagliare le tasse; i 7,5 miliardi della manovra correttiva già deliberata.
Una seconda cifra della stessa equazione sono i 6 milioni di lavoratori dipendenti in attesa di rinnovo del contratto, di cui 3,5 milioni soltanto nel pubblico impiego, un milione di metalmeccanici, e alcune decine di migliaia nel tormentatissimo settore del trasporto pubblico locale. Vi sono poi altre cifre a tutti note, dal calo delle esportazioni alla diminuzione degli investimenti nel Mezzogiorno, alla discesa delle imprese italiane nelle classifiche internazionali della competitività, del fatturato e del valore in Borsa.
Posta in tal modo prettamente economico l´equazione appare irrisolvibile.
Il solo rinnovo del contratto del pubblico impiego pare comporterebbe un onere per lo Stato di 8-10 miliardi di euro in due anni. Dove li prende lo Stato? Gli enti locali non saranno mai nelle condizioni di rinnovare i contratti dei trasporti, poiché i 40 miliardi di euro che il governo vuole rastrellare richiederanno ulteriori tagli dei trasferimenti ad essi. Le imprese che vedono le vendite stagnare tanto in Italia che all´estero, mentre gli incentivi statali agli investimenti e all´occupazione stanno sparendo, sosterranno di non avere margini per concedere alcun apprezzabile aumento ai dipendenti.
Per altro, a guardarla controluce, l´equazione in parola appare soltanto in modesta misura un´equazione economica. In gran parte è un´equazione politica, i cui termini coinvolgono tanto la maggioranza che l´opposizione. In essa occorrerebbe scegliere, in primo luogo, se tagliare le tasse oppure aumentare salari e stipendi. Il padre di famiglia pieno di buonsenso, cui spesso ci richiama Berlusconi, non avrebbe dubbi. Se il mio datore di lavoro mi garantisce, in base al rinnovo del contratto, che fra due mesi riceverò in busta paga 100 euro in più, comprerò subito la lavastoviglie che non ho, o cambierò l´auto, pagandola a rate di 100 euro al mese. Invece se il governo mi promette che tra un anno o due mi troverò forse in busta una somma addizionale non ben definita, perché derivante da calcoli complicati circa la riduzione delle tasse che spetterebbe alla mia famiglia, per ora non acquisto un bel nulla. Il buonsenso dice in sostanza che l´impulso ai consumi e all´occupazione proveniente da un aumento certo e immediato del reddito disponibile è assai più forte che non una riduzione prospettica delle imposte.
Il fatto è che la questione ha un risvolto politico per ambedue gli schieramenti. Il centrodestra vuole ridurre le tasse, né vuole certo rinunciarvi per trasformare le risorse in aumenti di stipendio, per evidenti motivi elettorali. Meglio la speranza di 15 milioni di elettori attratti dallo specchietto di meno tasse per tutti, che non la certezza di 3,5 milioni di statali insoddisfatti. Il centrosinistra ha preferito rimproverare al centrodestra di non aver finora mantenuto la promessa di ridurre le tasse, piuttosto che accusarlo di adottare uno strumento sbagliato per rilanciare la crescita dell´occupazione e del Pil. È comprensibile che anche da parte del centrosinistra vi siano al proposito speculari preoccupazioni elettorali. Ma qui ed ora l´equazione di cui sopra richiederebbe che l´opposizione chiedesse a gran voce al governo di lasciar da parte i tagli alle tasse per destinare attraverso diverse vie le relative risorse, ammesso che siano reperibili, per sostenere il rinnovo dei contratti di 6 milioni di persone.
Gli aspetti politici della stessa equazione naturalmente non finiscono qui.
Occorrerà pure discutere prima o poi, sul terreno delle concrete proposte politiche, della crescita delle disuguaglianze, che l´economia creativa del governo ha accentuato. O del fatto che in quindici anni il monte delle retribuzioni da lavoro dipendente hanno perso parecchi punti di Pil a favore di altri redditi. Se anche simili argomenti non saranno messi sul tavolo dal centrosinistra, manovre correttive, Dpef annuali, riforme del mercato del lavoro e delle pensioni continueranno a fungere da copertura contabile dall´apparenza forbitamente razionale a un disegno politico grezzamente conservatore.

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 Rolando Borzetti    - 27-08-2004
A proposito di numeri...

Uil: lo Stato dà sempre meno soldi per la scuola
di Carmen Morrone

26/08/2004

Negli ultimi 8 anni la spesa che lo Stato sostiene per ogni studente risulta contratta, in termini reali, di un milione di vecchie lire

E' quanto emerge da uno studio della Uil scuola, che rileva come, nonostante il numero degli studenti iscritti alle statali sia rimasto complessivamente stabile (7.774.751 nel '96, 7.669.505 nel 2004), la spesa media abbia subito una riduzione costante, passando dai sette milioni e mezzo per studente spesi 8 anni fa, ai quasi 6 e mezzo (circa 3.300 euro) dello scorso anno. Le cose non vanno diversamente se si prende in considerazione l'ammontare complessivo degli investimenti destinati all'istruzione in rapporto al Pil. Il decennio '90/2000 ha fatto registrare una diminuzione di oltre un punto percentuale (-1,3%). Il trend non ha cambiato rotta negli anni successivi: i dati forniti dall'Ocse, aggiornati al 2003, collocano l'Italia a meta' classifica fra gli altri Paesi europei con il 4,5% di investimenti rispetto al prodotto interno lordo. Il Parlamento di Strasburgo ha di recente confermato questa posizione in classifica, individuando la quota di investimenti per l'istruzione rispetto al Pil a circa il 4,9% (+0,5% rispetto al dato Ocse), livello comunque inferiore a quello degli anni '90(5,8%). "Se ogni anno di continua a spendere meno per ogni studente - rileva Massimo Di Menna, segretario nazionale Uil scuola - e' difficile dire che si migliora l'istruzione, in un Paese che ha bisogno di innovazione e ricerca per favorire lo sviluppo". Secondo la Uil, la sfida della modernizzazione non puo' prescindere da un piano di investimenti gia' nella prossima Finanziaria, oltre che dal coinvolgimento di personale e sindacati sui processi di riforma e dal rapido rinnovo del contratto.