Domenica, 1 agosto 2004
Anche oggi un viaggio in treno: uno dei tanti, quest’anno. Sono una viaggiatrice molto paziente. Mi basta avere un libro nel quale immergermi e non mi preoccupo dei ritardi o del caldo o di qualsiasi altro contrattempo.
Mi piace viaggiare in treno, e mi piacciono le stazioni che tutte, anche quelle più piccole, diventano porta spalancata sul mondo.
La coincidenza, la quasi coincidenza della data, mi ha colpito però solo al rientro a casa. E’ il primo di agosto, ancora per poco, mentre scrivo.
Le immagini e i suoni di quel due di agosto di ventiquattro anni fa sono, nella memoria, in bianco e nero. Le riprese di quel piccolo cratere, scoperto dopo una giornata durante la quale si era parlato solo di fuga di gas dalle cucine della tavola calda, e la voce del presidente del consiglio di allora: Francesco Cossiga. E piazza Maggiore qualche dopo e i fischi, i primi, che il cronista non riusciva a non registrare, alle maschere del potere sul palco.
Come se già si sapesse – ma non poteva non essere così, l’esperienza lo aveva insegnato – che anche quella strage immensa si sarebbe incistata, assieme alle altre, nel buio della non coscienza dalla quale, come le altre, era scaturita.
Ho portato mia figlia, ho portato classi di alunni alla stazione di Bologna, con quell’impegno di memoria, duro e insieme pieno di sgomento, che non riesce ad interrompersi, che sento rinascere più forte oggi, in questi giorni, anch’essi come incistati in tempi in cui coloro che quelle stragi avevano concepito sembrano raccoglierne i frutti.
Non c’è settore della vita democratica di questo Paese che non si stia piegando ai progetti della P2.
“Non è nelle piazze che si fa politica, ma qui nel Parlamento” veniva detto tre anni fa, dalla maggioranza.
Ed ora, nemmeno più nel Parlamento, completamente svuotato, di fatto, prima ancora che ulteriori “riforme” lo svuotino anche nella sua forma istituzionale.
Mentre noi combattiamo la nostra resistenza quotidiana, nella quale – farà parte del disegno? mi chiedo – sembrano consumarsi tutte le nostre forze, e mai come ora rischiamo di diventare ciechi e sordi e senza memoria.
“Il nostro è un paese senza memoria e verità, ed io per questo cerco di non dimenticare”. Queste parole di Leonardo Sciascia aprono molte delle pagine che ricordano la strage di Bologna.
Memoria e verità: mai come oggi così legate e così necessarie.