breve di cronaca
Condanna dirigente scolastico: se venti mesi vi sembran pochi...
Scuolaoggi - 02-07-2004

A proposito della sentenza a carico del dirigente scolastico di Rho


Una sentenza "incredibile" è stata definita sul nostro giornale quella che ha condannato il dirigente scolastico del liceo Majorana di Rho a 20 mesi di reclusione per aver "tollerato"(?) o colpevolmente ignorato l'uso di spinelli all'interno dell'Istituto.

Premesso che le sentenze della Magistratura debbono essere rispettate, ma possono anche essere civilmente criticate soprattutto in vista dell'appello, proviamo a fare qualche ragionamento sullo svolgimento di una vicenda che ha lasciato senza parole la comunità scolastica milanese.

Se il dirigente scolastico avesse avuto diretta conoscenza di reati (spaccio e/o uso illegale di sostanze stupefacenti) commessi da alunni dell'istituto (individuati, però, non genericamente ma con nomi e cognomi) o da soggetti esterni, sempre -però - individuati nominativamente e non con la generica definizione di spacciatori, avrebbe avuto il preciso e inderogabile dovere di presentare formale denuncia alla magistratura. E, ragionando sempre per ipotesi, in questo preciso caso bene avrebbe fatto la magistratura a sanzionare anche pesantemente una tale condotta omissiva ed irresponsabile.

Se dal campo delle ipotesi ci spostiamo sul campo della realtà che molti di noi conoscono, sappiamo che il dirigente Dagnini è unanimemente riconosciuto come uno dei "presidi" più seri, responsabili ed attento ai fenomeni sociali che ruotano all'interno ed all'esterno delle istituzioni scolastiche. Tutto è possibile, ovviamente, ma -fino a prova contraria- non riusciamo ad immaginare un Bruno Dagnini sprovveduto incompetente e fiancheggiatore inconsapevole di spacciatori e drogati.

Riusciamo, invece, ad immaginare un dirigente che non vive sulla luna, che sa che il fenomeno delle tossicodipendenze è in costante agguato in tutte le istituzioni sociali aggregative di adolescenti (persino negli oratori!), in particolare in istituti superiori frequentati da circa 1000 alunni e che, conseguentemente, si sforza di adottare provvedimenti di tipo "educazionale" non poliziesco.

Sembra di capire che, nel caso specifico, sia stata adottata l'infausta tecnica del "non poteva non sapere". In virtù di un fallace presupposto di questo genere, tutti i dirigenti scolastici d'Italia potrebbero essere trascinati in giudizio tutti i giorni e per i più svariati motivi (dalla sicurezza degli edifici, al rispetto della privacy e via elencando).

Noi viviamo in un paese di grande civiltà giuridica dove vige il principio secondo il quale la responsabilità penale è personale e va provata e non presupposta a causa delle funzioni esercitate.

Un dirigente scolastico non può essere trattato come la cosiddetta giustizia sportiva tratta le squadre di calcio che spesso vengono sanzionate a titolo di responsabilità oggettiva per fatti compiuti dai propri tifosi.

"Nello Stato costituzionale l'ordinamento vive non solo di norme, ma anche di apparati finalizzati alla garanzia di diritti fondamentali. In tema di istruzione, poi, la salvaguardia di tale dimensione è imposta da valori costituzionali incomprimibili"

Questa limpida "massima" della Corte Costituzionale esprime, come meglio non si potrebbe dire, l'esigenza, per gli operatori della scuola, di partire certo da un approccio giuridico all'interpretazione delle norme ma non di restarne prigionieri, perché debbono essere contestualmente utilizzate altre chiavi di lettura di natura pedagogica e sociologica.

In particolare, il dirigente scolastico deve far riferimento, nella sua azione quotidiana, al contratto che ha con lo Stato e che gli impone di organizzare l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa.

Cosa deve concretamente fare un dirigente scolastico di fronte a generiche affermazioni del tipo "nella scuola o intorno alla scuola gira droga!"?

Esistono due scuole di pensiero:

- la prima, fortunatamente minoritaria, fa scattare automatici riflessi d'ordine e pensa ad un preside "agente di vigilanza" che, insieme ai suoi collaboratori, si "apposta" vicino ai bagni, nei corridoi, nei giardini, per "pescare" i colpevoli e consegnarli a chi di dovere. Il corollario ineliminabile di questo modo di ragionare è la ricerca di una costruzione tra la scuola e il territorio circostante di un adeguato fossato, con tanto di ponte levatoio, per evitare ogni forma di contaminazione di un mondo peccatore e corruttore della nostra adolescenza

- la seconda scuola ritiene, invece, che le armi di distruzione di massa della nostra gioventù non possono essere eliminate con una sorta di dottrina Bush domestica e in sedicesimo. Il Preside non dovrà trasformarsi in una sorta di Ispettore Clouzot, ma dovrà valorizzare le molteplici risorse esistenti sul territorio (enti locali, associazioni culturali e professionali, società sportive, gruppi di volontariato­) allo scopo di realizzare un progetto ricco ed articolato in modo che l'offerta formativa della scuola assuma un più ampio ruolo di promozione culturale e sociale. In altre parole, la scuola si dovrà presentare come una comunità "aperta" dentro e fuori, dovrà "contaminarsi" con la realtà territoriale circostante, comprese le contraddizioni esistenti. La scuola non potrà mai combattere col manganello, ma dovrà presentarsi con un approccio pedagogico e sociologico ai numerosi problemi di devianza sociale esistenti "dentro", "vicino" e "fuori" dal suo perimetro.

Se si fossero dovuti applicare criteri gravemente sanzionatori ai recenti fatti di Montecorvino Rovella, il Ministro dell'Interno, il questore di Salerno,­ sarebbero stati incriminati per omissione di atti d'ufficio, in quanto avrebbero tollerato comportamenti palesemente delittuosi, quali quello dell'interruzione continuata di un pubblico servizio con annessi e connessi. Al di là del fatto che magari le persone denunciate potranno dimostrare, almeno io questo spero, di aver agito in uno stato di "legittima difesa", perché il treno della loro vita non passa dai giusti binari da almeno 15 anni a questa parte, bene hanno fatto il Ministro Pisanu e i funzionari vari ad utilizzare il metodo della prevenzione, della concertazione per evitare rischi maggiori: hanno usato, in ultima istanza, un approccio diverso da quello del riflesso d'ordine manganellatore.

Nel caso di Rho non si può sbrigativamente "chiudere la pratica" senza interpellare gli organi collegiali (il collegio dei docenti, il consiglio di istituto, i consigli di classe) responsabili del progetto educativo della scuola e senza approfondire le modalità concrete attraverso le quali è stata affrontata la lotta, anche e soprattutto culturale, a tutte le forme di dipendenza di molti adolescenti.

Secondo una ricerca, riportata da "La Repubblica" e pubblicata sulla rivista scientifica Nature il sonno servirebbe a fare pulizia di tutte le conoscenze inutili acquisite durante il giorno, a riordinare gli stimoli che abbiamo ricevuto e a selezionare le esperienze vissute.

Nella vicenda del Liceo Majorana di Rho si ha la netta sensazione che molti attori, comprimari e protagonisti di primo e secondo piano abbiano dormito poco e male!

Federico Niccoli

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