breve di cronaca
Commissione Affari Costituzionali, no all'Italiano da parte della Lega
La Repubblica - 16-02-2002

>font size=+1>"Niente italiano, siamo leghisti"
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Il Carroccio tira in ballo il caso spagnolo, è solo una parodia di ferite ben più dolorose


Michele Serra

«La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica»
Nota bene: lo spirito di quel comma è già di suo vagamente «dialettale». Nel senso che, con l´ingresso in Europa, si propone di garantire anche sulla carta identità linguistica e culturale a un idioma locale che rischia, e rischierà sempre più, di spaesarsi nel durissimo confronto con l´inglese, che è l´esperanto fattuale di questo mondo. Ergo, voler ribadire che l´italiano è la nostra lingua equivale a proteggere una nobile lingua provinciale dall´idioma imperiale. A puntellarne la struttura contro le insidie esterne. A raccomandarla a se stessa, nel momento in cui va all´estero e rischia di confondersi.
E invece, guarda gli scherzi della vita, è dall´interno, dalle minuzie intestine che arriva il rigetto. Morsicato alle spalle proprio mentre va allo scontro in campo aperto con l´inglese, l´italiano si ritrova a essere messo sotto accusa, in patria, come se fosse un inglese in sedicesima, oppressore delle minoranze e piallatore delle differenze. La fronda leghista è pretestuosissima, ovvio, perché, come già detto, le lingue locali, di valle e di confine, hanno già ampia tutela, politica e legale. Ma tant´è: quando si tratta di sindacare sull´identità nazionale, la Lega non perde un colpo.
Solo che la sua animosità, se applicata alla realtà italiana, è condannata, ahinoi e ahilei, alla continua parodia di altre e ben più dolorose ferite, tipo quelle spagnole tirate in ballo dal leghista Fontanini per giustificare la sua opposizione all´italiano lingua degli italiani: «la costituzione spagnola prevede come ufficiali in ambito locale anche lingue diverse dal castigliano».
Già. Ma la serietà e la profondità del conflitto tra catalani e castigliani è qui da noi, fortunatamente, appena immaginabile - almeno da quegli odi, e da quelle bombe, la storia ci aveva fin qui preservato. A meno che non li si evochi, quel genere di conflitti, in forme, appunto, parodistiche, mimandoli, imitandoli, magari gonfiando a dismisura i problemi e le ambizioni di piccole enclave, di preziosi dettagli (i ladini, i walser) già per altro riconosciuti e rispettati, dopo il fascismo.
Ma per la Lega, si sa, ci sono poi le «lingue regionali», veri e propri insaccati culturali ottenuti accorpando alla carlona (lombardismo) qualunque frattaglia, ombre di campanile, gerghi desueti, infiniti dialetti e sub-dialetti di contrada. Per la Lega esistono il Popolo Padano, il Popolo Lombardo, il Popolo Veneto eccetera, e pazienza se una comune identità (italiana) già aveva consentito di bypassare con relativa scioltezza le differenze, per altro non così impressionanti, di elevare (sì, elevare) le rispettive mini-identità al rango di nazione, di paese, di popolo europeo. Bastava pensarci, in fondo: bastava scavarsi una rendita elettorale di nuovo tipo in mezzo alla baraonda dei partiti e dei partitini, cristallizzare in «identità repressa», nientepopodimenoché, il malumore generico, il mugugno da taverna, l´insoddisfazione fiscale. Bastava promuovere l´eterno strapaese italiano al rango nobile di «minoranza etnica»...
Geniale, in fondo. Pericoloso (adesso un po´ meno, da quando Berlusconi - ecco un merito del Cavaliere! - si è mangiato Bossi) ma efficace. Tanto efficace che nell´anno 2002 una commissione parlamentare è alle prese con il seguente problema: possiamo dire che l´italiano è la lingua degli italiani senza offendere nessuno?

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 michele kodric    - 17-02-2002
Penso che tutto dipenda dai punti di riferimento. Se il punto di riferimento è un punto di arrivo dobbiamo distinguere due mete: vogliamo un' Europa dei Popoli o un' Europa delle Nazioni?
Personalmente propendo per la prima soluzione, essendo cresciuto in una famiglia dove, al tempo del fascismo, c'è stato chi scriveva sui muri "morte al fascismo e libertà ai popoli!". Non si può certo affermare che nell'Europa attuale tutti i popoli siano liberi (come esempio basta quello Basco).
Il discorso della lingua non coinvolge semplici traduzioni da un idioma all'altro (è questo che sembra non si voglia capire!) ma è soprattutto un modo di sentire ed interpretare la cultura di un popolo: si può tradurre in inglese ogni vocabolo pensato nella propria lingua, ma già con le "frasi idiomatiche"ci si trova in difficoltà.
Nella lingua (minoritaria o no) parlata da un popolo sono presenti un'infinità di elementi che non si possono tradurre e che da un punto di vista umano sono una ricchezza da salvaguardare e in molti casi (ahimè!) da recuperare.
Come in Biologia le differenze genetiche e l'abbondanza delle speci sono considerate una ricchezza, anche le diverse lingue e tradizioni presenti sul territorio europeo lo sono!
Ed i paesi globalizzati ce le invidiano.