Perché possiamo rifiutare i tutor
Enrico Grosso - 31-05-2004
Riprendendo l' interpretazione dell'art. 19 invio la riflessione di un noto costituzionalista sull'argomento, a mia volta di recente ricevuta.


Sulla non obbligatorietà dell’introduzione della figura tutoriale nella scuola primaria

1. Premessa.


L’introduzione nella scuola primaria della figura del c.d. “tutor” è prevista dall’art. 7, comma 5, del decreto legislativo n. 59/2004. Esso, dopo aver sottolineato che «l'organizzazione delle attività educative e didattiche rientra nell'autonomia e nella responsabilità delle istituzioni scolastiche», e dopo aver ribadito che il perseguimento delle finalità didattiche della scuola primaria (indicate nei loro principi all’art. 5 dello stesso decreto) «è affidato ai docenti responsabili delle attività educative e didattiche» stabilisce che «a tal fine» (cioè al perseguimento degli obbiettivi didattici di cui sopra) «
Dal comma 7 del medesimo articolo si deduce che l’individuazione dei singoli insegnanti cui affidare tale compito è affidata – come in generale l’attività di assegnazione dei docenti alle classi – al dirigente scolastico «sulla base di quanto stabilito dal piano dell'offerta formativa e di criteri generali definiti dal collegio dei docenti e dal consiglio di circolo o di istituto».
Orbene, al di là del contenuto specifico e del significato delle disposizioni sopra ricordate, che sono da più parti oggetto di vive perplessità, numerose ragioni di ordine strettamente giuridico-formale, consentono di concludere che, a proposito dell’attivazione del c.d. “tutor”, né l’individuazione di criteri generali da parte del collegio docenti (o consiglio di circolo o di istituto), né l’individuazione in concreto dei singoli insegnati da parte del dirigente scolastico costituiscono in realtà un’attività obbligatoria, o in qualche modo dovuta.

2. Le ragioni inerenti al rapporto tra fonte legislativa e fonte contrattuale.

La prima ragione che conduce a ritenere non giuridicamente vincolante la disposizione sopracitata è stata recentemente riconosciuta dallo stesso Ministro dell’Istruzione. Nel corso di un incontro avvenuto il 6 maggio 2004 con le Organizzazioni sindacali, il Ministro ha espressamente dichiarato che l’individuazione di specifici compiti didattici in capo a determinati insegnanti costituisce tipicamente materia contrattuale. Essa deve pertanto essere disciplinata attraverso la contrattazione collettiva di lavoro. Vi è insomma una riserva di competenza a favore del contratto, che impedisce – secondo un principio generale posto a tutela del lavoro e dotato di specifica copertura costituzionale ex art. 39 Cost. – alla legge (o a una fonte equiparata alla legge quale è il decreto legislativo) di disciplinare direttamente quell’aspetto, in assenza di accordo tra le parti. L’introduzione del tutor e l’attribuzione a tale nuova figura di specifici e differenziati compiti didattici inciderebbe direttamente sullo status individuale del singolo docente, che deve essere individuato esclusivamente dalla fonte contrattuale, sulla base dei principi generali stabiliti dall’art. 395 del Decreto Leglislativo n. 297/1994 (intitolato, appunto alla “funzione docente”). Il vigente contratto collettivo di lavoro contiene specifiche disposizioni in contrasto con l’art. 7, comma 5, del Decreto n. 59/2004. In particolare, ai sensi del contratto collettivo non è possibile affidare a un “docente prevalente” il primato nelle «funzioni di orientamento, di cura delle relazioni con le famiglie e del percorso formativo compiuto dall’allievo», in quanto tali funzioni, ai sensi dell’art. 27 del CCNL, rientrano fra gli «adempimenti individuali dovuti» paritariamente da ciascun docente (commi 2 e 3: «Tra gli adempimenti individuali dovuti rientrano le attività relative: … ai rapporti individuali con le famiglie», nonché «la compilazione degli atti relativi alla valutazione»). Inoltre non è possibile prevedere autoritativamente per legge che il docente tutor concorra “prioritariamente” al «coordinamento» e all’ «orientamento» delle attività educative e didattiche. Infatti l’art 27, comma 1 del CCNL stabilisce espressamente che «l’attività funzionale all’insegnamento …comprende tutte le attività, anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, aggiornamento e formazione». Pertanto, sulla base delle disposizioni vigenti, la funzione tutoriale attiene al profilo professionale di ogni singolo docente, e tale profilo non può essere modificato da una disposizione autoritativa, in contrasto con la normativa contrattuale. Già solo sulla base di questi esempi, si può concludere che i singoli collegi docenti possono legittimamente rifiutarsi di determinare i criteri generali prodromici alla nomina dei docenti tutor, e affidare i compiti ad esso attribuiti dal decreto a tutti gli insegnanti della classe, nella loro collegialità.

3. Le ragioni inerenti al rapporto tra il decreto legislativo e la legge di delegazione.

Una seconda ragione da cui è possibile dedurre che l’introduzione del tutor non è affatto obbligatoria è desumibile dalla constatazione che la citata disposizione del decreto legislativo n. 59/2004 non è stata oggetto di delega da parte della legge n. 53/2003. L’art. 76 della Costituzione espressamente stabilisce che ogni singola disposizione di un decreto legislativo deve essere conforme ai “principi e criteri direttivi” (oltre che all’”oggetto”) stabiliti dalla legge con cui il Parlamento ha delegato al governo l’esercizio della funzione legislativa. Insomma, il governo può sostituirsi al Parlamento nell’esercizio della funzione legislativa soltanto qualora il Parlamento stesso abbia approvato una legge con cui stabilisce lo specifico oggetto su cui il governo può legiferare e gli specifici contenuti che tale atto del governo deve contenere. Ciò per evitare che il governo sia delegato in bianco a legiferare come vuole, violando così il principio costituzionale della separazione dei poteri. Ogni singola disposizione del decreto legislativo che non risulta conforme ai principi e ai criteri direttivi stabiliti dalla legge di delegazione è costituzionalmente illegittima. Ebbene, nella legge di delegazione (cfr. L. n. 53/2003) che ha autorizzato il governo ad emanare il decreto legislativo n. 59/2004 non vi è traccia alcuna della figura del tutor, che non viene né menzionata, né adombrata, neppure in via assolutamente generale. Il comma 5 dell’art. 7 del decreto è dunque incostituzionale, in quanto del tutto sganciato da una qualsiasi previsione contenuta nella legge di delegazione. La questione di costituzionalità è già stata prospettata di fronte al TAR del Lazio, cui spetta ora sollevarla di fronte alla Corte costituzionale. Ciò che importa sottolineare, in ogni caso, è che indipendentemente dalla pronuncia della Corte costituzionale, nessuno è obbligato ad obbedire a una legge costituzionalmente illegittima. Come più volte sottolineato dalla dottrina costituzionalistica (vedi per tutti G. Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, Bologna, 1988, 270 ss.), la Costituzione è norma giuridica fondamentale che si rivolge direttamente all’attività di tutti i soggetti, i giudici, come i privati, come le pubbliche amministrazioni. Le leggi incostituzionali, anche prima e indipendentemente dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale con cui la Corte le annulla definitivamente, risultano comunque prive di efficacia obbligatoria, nei confronti di tutti i soggetti cui esse si rivolgono (tranne la particolarissima posizione nella quale si trovano i giudici, che non possono disapplicarle ma devono – per espressa previsione costituzionale – rivolgersi alla Corte costituzionale). Il nostro ordinamento costituzionale non predica affatto, come taluno persiste a credere, la cieca obbedienza agli atti legislativi dell’autorità, e consente – nell’attesa della pronuncia della Corte – che i singoli soggetti ne anticipino la conclusione disapplicando essi stessi la legge incostituzionale. Nessuna sanzione potrà mai essere comminata e applicata a chi abbia deliberatamente disobbedito a una legge incostituzionale. Per la verità nessuna sanzione potrà essere comminata neppure a chi, prima della dichiarazione di incostituzionalità, abbia preferito obbedire alla legge incostituzionale. L’ordinamento lascia i singoli soggetti liberi, li mette in grado di scegliere consapevolmente e responsabilmente tra l’ottemperanza alla legge incostituzionale e la disobbedienza ad essa. Naturalmente questa seconda scelta espone al rischio, più o meno remoto secondo i casi, che la legge non sia poi effettivamente riconosciuta incostituzionale dalla Corte, e che quindi si vada incontro a successive conseguenze. La scelta è insomma rimessa all’autonomia decisionale dei singoli, i quali possono però valutare i casi in cui l’illegittimità costituzionale appaia tanto palese da restringere sensibilmente l’ipotesi che non sia riconosciuta come tale dalla Corte. Nel caso di specie, l’illegittimità costituzionale non si basa (o comunque non si basa principalmente) sulla violazione di principi generali come la libertà di insegnamento o l’autonomia scolastica, suscettibili di diverse interpretazioni e adattabili a diversi contenuti, ma molto più specificatamente e pragmaticamente sull’eccesso di delega, cioè sulla violazione della disposizione costituzionale che impone alle singole norme di un decreto legislativo di essere conformi ai principi e criteri direttivi stabiliti dal legislatore nella delega. La sua illegittimità costituzionale è dunque palese e riconoscibile per tabulas.
Per questo complesso di ragioni, il collegio docenti è libero di disapplicare l’art. 7, comma 5, del decreto n. 59/2004, non dando seguito all’indicazione di individuare i criteri generali sulla base dei quali il Dirigente scolastico dovrebbe nominare i singoli docenti tutor.

4. Le ragioni inerenti al principio dell’autonomia scolastica.

La terza ragione che consente al collegio docenti di rifiutare l’adozione dei criteri sulla base dei quali il dirigente scolastico dovrebbe indicare i singoli “tutor” discende direttamente dal principio di autonomia scolastica sancito dagli artt. 3, 4, 5, 6 del DPR n. 275/99. Tali norme attribuiscono alle istituzioni scolastiche autonomia nella definizione dei tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività, nell’impiego dei docenti e nelle modalità organizzative della didattica. Tale principio non soltanto non è stato abrogato, ma è stato al contrario ribadito e rafforzato (almeno a parole) sia dalla legge delega del 2003, sia dal decreto legislativo del 2004. Esso ha inoltre una specifica copertura costituzionale, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Titolo Quinto della Costituzione, che protegge all’art. 117, comma III “l’autonomia delle istituzioni scolastiche” da qualsiasi “invasione” ad opera della potestà legislativa, tanto da parte dello Stato quanto da parte delle regioni. In conseguenza di tale particolare tutela costituzionale, è bene sottolineare, la legislazione vigente in materia di autonomia scolastica non può ritenersi abrogabile da singole disposizioni legislative successive lesive di quel principio. Sulla base di tale legislazione – direttamente attuativa del principio di autonomia scolastica costituzionalmente sancito – si deve concludere che continua ad essere di esclusiva prerogativa delle singole istituzioni scolastiche autonome (attraverso i propri organi collegiali, e in primo luogo attraverso le deliberazioni del collegio docenti) adottare le forme più efficaci di organizzazione didattica e professionale delle attività per assicurare lo svolgimento dei compiti e delle funzioni assegnati alla scuola. Sono ancora in vigore, perché dotati di specifica copertura costituzionale, gli artt. 3, 4, 5 e 6 del DPR n. 275/1999, in materia rispettivamente di POF, di autonomia didattica, di autonomia organizzativa, di autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo . Sono pertanto i collegi docenti ad avere l’esclusivo potere di determinare l’offerta formativa e le modalità organizzative più opportune per la sua realizzazione (attraverso la definizione dei tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività, l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari, l’impiego dei docenti, più in generale – come si esprime l’art. 8 del decreto legislativo n. 297/1994 – «l’adeguamento dell’organizzazione didattica alle effettive esigenze formative senza condizionamenti connessi a modelli predeterminati ed impartiti dall’esterno»). Insomma, come è stato rilevato da più parti, la definizione degli strumenti organizzativi strumentali a garantire il perseguimento degli obiettivi generali del processo formativo, così come anche le modalità di impiego dei docenti, costituiscono ancora oggi, nonostante la riforma, «un diritto soggettivo perfetto della istituzione scolastica»
In conclusione, sulla base dell’attuale normativa in vigore, complessivamente e sistematicamente considerata, il collegio docenti conserva la piena autonomia nel decidere se dare corso alle indicazioni contenute nell’art. 7, comma 5, del Decreto Legislativo n. 59/2004, ovvero decidere al contrario di mantenere l’attuale modalità organizzativa e didattica (coerente con il Piano dell’Offerta Formativa in vigore), fondata sulla contitolarità e sulla conduzione paritaria delle classi, attribuendo collegialmente e collettivamente a tutti gli insegnanti della classe la funzione tutoriale ipotizzata dal decreto sopracitato.

5. Un’ultima considerazione di diritto transitorio. È in ogni caso vietato introdurre il tutor nelle classi già formate.

Si fa infine presente che la stessa lettura sistematica del decreto legislativo in oggetto consente comunque di concludere che l’attivazione del tutor è in ogni caso preclusa per tutte le classi che risultino oggi già formate.
L'articolo 19 del Decreto (norme finali e abrogazioni) prevede al comma 4 la abrogazione dall'anno successivo all'entrata in vigore degli articoli 130 e 162 del T.U. (D.Lvo 297/94) fondativi del Tempo Pieno rispettivamente nella scuola elementare e scuola media. Il comma 3 dello stesso articolo stabilisce tuttavia che «le seguenti disposizioni del T.U. continuano ad applicarsi limitatamente alle sezioni di scuola materna e alle classi di scuola elementare e di scuola media ancora funzionati secondo il precedente ordinamento, ed agli alunni ad essi iscritti, e sono abrogate a decorrere dall'anno scolastico successivo al completo esaurimento delle predette sezioni e classi». Segue l'elenco degli articoli del TU che saranno abrogati con questo procedimento “differito”, tra i quali spicca l’art. 128, relativo alla scuola elementare (leggasi oggi “scuola primaria”). Esso stabilisce, ai commi 3 e 4, che «Il direttore didattico (leggasi “dirigente scolastico”), sulla base di quanto stabilito dalla programmazione dell'azione educativa, dispone l'assegnazione dei docenti alle classi di ciascuno dei moduli organizzativi di cui all'articolo 121 e l'assegnazione degli ambiti disciplinari ai docenti, avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica, nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze professionali, assicurando, ove possibile, un'opportuna rotazione nel tempo. Nell'ambito dello stesso modulo organizzativo, i docenti operano collegialmente e sono contitolari della classe o delle classi a cui il modulo si riferisce.». Si tratta di una formulazione estremamente chiara, che esclude, anzi vieta ai dirigenti scolastici l’attivazione del docente tutor. Tale disposizione è tuttora in vigore per tutte le classi che, alla data di entrata in vigore del decreto n. 59/2004, non abbiano ancora terminato il loro ciclo. Pertanto, nel caso delle classi già in essere (cioè, attualmente, tutte le classi meno le prime che saranno formate per l’anno scolastico 2004-2005) l’attivazione del tutor non è neppure – come abbiamo spiegato in precedenza – una facoltà del collegio docenti, che può legittimamente rifiutarla. Essa è al contrario resa impossibile dalla esplicita conservazione, da parte del decreto 59, della citata disposizione del Decreto legislativo n. 297/1994. Anche questa ultima considerazione, naturalmente, può legittimamente spingere il collegio docenti a rifiutare in blocco l’attivazione del tutor (anche per le classi prime del prossimo anno scolastico) per ragioni evidenti di razionalità didattica e organizzativa.


Roma, 29 maggio 2004


Enrico Grosso (Ordinario di Diritto costituzionale, Facoltà di Giurisprudenza, Università del Piemonte Orientale)

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