breve di cronaca
Piero Gobetti, rimosso l'antifascismo
Il Manifesto - 22-05-2004


Storia in esilio Nel cimitero Père Lachaise, una targa commerativa, apposta furtivamente dal nostro governo, cancella ogni riferimento ai suoi ideali politici e alla causa della morte



ANNA MARIA MERLO


Il cimitero del Père Lachaise, il più noto di Parigi, celebra oggi i 200 anni di vita. Era il 21 maggio del 1804, quando il prefetto della Senna, Nicolas Frochot, decise di aprire un nuovo luogo di sepoltura nella capitale, su un terreno comprato dai gesuiti, dove aveva risieduto François d'Aix de la Chaize, confessore e consigliere di Luigi XIV. Di qui il nome, anche se un po' storpiato. In questo luogo di memoria, dove sono sepolte molte personalità, da Abelardo e Eloisa fino a Jim Morrison e Marie Trintignan, e di cui Victor Hugo scrisse nei Miserabili «essere sotterrato al Père Lachaise è come avere dei mobili di mogano. L'eleganza si riconosce da questo», l'attuale governo italiano è riuscito a rompere ogni regola della correttezza.

Al Père Lachiase è sepolto Piero Gobetti, morto a Parigi, a soli 25 anni, per sopraggiunte complicazioni cardiache, dopo essere stato aggredito e ferito in Italia da squadristi fascisti. Fino a poco tempo fa, c'era una piccola lapide messa provvisoriamente dalla famiglia, con il nome di Piero Gobetti e le date di nascita e morte. Chi passeggia oggi nel cimitero, non lontano dal Mur des Fédérés, dove furono fucilati dei comunardi nel 1871, può vedere una targa nuova, dedicata a Gobetti. La sorpresa è che in questa lapide ufficiale non c'è nessun riferimento all'impegno politico di Gobetti, alle ragioni della sua morte. In poche parole, la parola «antifascista» non compare. La famiglia, dopo aver scoperto per caso la cosa - quando il governo ha deciso di mettere la nuova targa, non l'ha informata - si è indignata. Infatti, il Centro Gobetti di Torino aveva inviato proposte di testi per la lapide, quando un avvocato italiano che vive a Parigi aveva promosso l'iniziativa, chiedendo al presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi di mettere una targa, dal momento che la famiglia aveva deciso di lasciare a Parigi il corpo di Piero Gobetti, a differenza di quello che hanno fatto i Rosselli. Ciampi, che si era scritto con lo storico Galante Garrone, aveva approvato l'iniziativa e passato la richiesta al governo Berlusconi. La proposta del Centro Gobetti era di mettere una frase di Norberto Bobbio - «Credeva in coloro che hanno sempre torto, che hanno torto perché hanno ragione, nei vinti anche se non saranno mai vincitori, negli eretici, che soccombono di fronte agli ottusi amministratori dell'ortodossia, nei ribelli, che perdono sempre le loro battaglie contro i potenti del giorno» - seguito da una frase dello stesso Gobetti - «mon langage n'était pas celui d'un escalve» - e si concludeva con: «In ricordo di Piero Gobetti (Torino 1901-Parigi 1926), oppositore del fascismo, morto in esilio». Firmato: il presidente della repubblica. Ma nella targa che il governo ha fatto mettere dai suoi rappresentanti a Parigi, senza avvertire nessuno, senza cerimonie, non si sa neppure precisamente quando, ogni riferimento all'antifascismo e alle circostanze della morte è scomparso.


  discussione chiusa  condividi pdf

 Libera    - 22-05-2004
La notizia è triste, ma non ci impedisce di credere nella forza del ricordo, nella doverosa, limpida memoria che è impossibile cancellare, nell'instancabile testimonianza che lotta da sempre contro i silenzi e le omertà. Come accadrà domani a Milano.

A MILANO UN FIORE PER FALCONE E BORSELLINO

Sono passati ormai dodici anni e domenica 23 maggio 2004 ricorre il triste anniversario della strage di Capaci dove la mafia uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro.
Nella stessa occasione ricorderemo le vittime delle stragi di via d'Amelio a Palermo e di via Palestro a Milano.
Quest'anno sentiamo il bisogno di ricordare in silenzio, nel fragore quotidiano dei mass media che ci parlano di violenza, guerra e sopraffazione.
Oggi il silenzio è il ricordo migliore che possiamo dedicare alle vittime di mafia: il silenzio che chiediamo non è un gesto di rinuncia ma, al contrario, un atto di doveroso rispetto.
Chiediamo a tutti di portare un fiore o un pensiero scritto da depositare nei pressi dell'albero.

L'appuntamento è, come ogni anno, presso l'Albero Falcone e Borsellino, in via Benedetto Marcello, a Milano a partire dalle ore 17.30.

Invitiamo cittadini, associazioni e rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell'ordine ad unirsi a noi nel silenzioso ricordo delle vittime di mafia.

Grazie dell'attenzione, vi aspettiamo.

Jole Garuti e Lorenzo Frigerio
Referenti per la regione Lombardia Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie


 Mau - Parma    - 23-05-2004
Di che cosa ci meravigliamo?
1) Il nostro presidente del consiglio ha sempre evitato accuratamente di partecipare alle celebrazioni del 25 aprile,
2) i confinati antifascisti non erano tali, ma turisti che frequentavano le più belle isole Mediterraneo, ecc. ecc.

Il vero pensiero delle persone, in questo caso dei nostri governanti, viene pienamente alla luce nei comportamenti apparentemente meno rilevanti.
Puoi tentare di fingere, di raccontarla, di darla a bere (il nostro presidente del consiglio è un maestro in questa arte), ma alla fine il tuo vero pensiero viene a galla, quando meno te l'aspetti.
Vigilate, gente, vigilate.

 Antonio Cupellini    - 23-05-2004
Resistere, resistere, resistere.

 Red    - 23-05-2004
In effetti, di cosa meravigliarsi?

Dall'Unità di oggi:

Pera commemora Falcone usando parole indegne contro i giudici

di Enrico Fierro

Il ministro della Giustizia attacca i giudici che scioperano e li vuole schedare («fuori i nomi»). Il vicepresidente del Consiglio invoca la «vendetta» per le inchieste di Genova sulle violenze dei poliziotti al G8 di Genova. Il Presidente del Senato fa di più: chiamato a ricordare la strage di Capaci dodici anni dopo, interpreta Giovanni Falcone ad uso e consumo della destra, brandisce il suo pensiero, i suoi scritti, le sue idee e le scaglia contro i magistrati italiani. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura sono in pericolo non solo e non tanto per gli attacchi esterni, ma per i comportamenti individuali e di gruppo «assunti dentro il corpo steso della magistratura».

Una torsione pesante del pensiero del magistrato ucciso dalla mafia ad opera della seconda carica dello Stato, che fa infuriare l’opposizione. Massimo Brutti (Ds) è fulminante: è una operazione «indegna» utile solo per rilanciare la propaganda antigiudici del Polo. Ed è bagarre. Con esponenti della maggioranza che rilanciano, l’opposizione che attacca, i magistrati e le associazioni antimafia semplicemente sconcertati. In mezzo il pensiero di Falcone sul ruolo della magistratura, strumentalizzato, usato e piegato alla contingenza dell’infinito scontro politico tra governo e giudici.

Dice Pera a Capaci avendo di fronte le due steli che ricorderanno la strage: «Falcone disse che il pubblico ministero deve essere autonomo e indipendente, e perciò deve avere un tipo di regolamentazione ordinamentale che sia differente rispetto a quella del giudice. Non necessariamente separata. Sono questioni che, a dodici anni di distanza, si pongono ancora a noi. Le idee di Falcone sull’argomento possono essere condivise o criticate, ma non dovrebbero essere ignorate». Una lettura parziale delle opinioni di Falcone, che serve a lanciare un messaggio chiaro alla vigilia dello sciopero nazionale dei magistrati: siamo noi i veri interpreti del pensiero di Falcone, voi, con i vostri comportamenti, siete la vera minaccia all’autonomia della magistratura.

Un’operazione seccamente respinta dalla Fondazione intitolata ad Antonino Caponnetto, fondatore e capo del primo pool antimafia palermitano. In una nota firmata da Elisabetta Caponnetto e Salvatore Calleri, si esprime «dissenso» nei confronti del Presidente del Senato e si invita a sostenere lo sciopero dei giudici, perché «a mettere a rischio l’autonomia del potere giudiziario è il potere esecutivo». Francesco Rutelli invita Pera a «non dimenticare di essere la seconda carica dello Stato e non un uomo di parte» e ad «affrontare temi come quello della giustizia con equilibrio, anziché continuare a dividere l’Italia». Pera, è l’opinione di Anna Finocchiaro, responsabile giustizia dei Ds, «aggiunge la sua voce ad attacchi scomposti ed inaccettabili contro la magistratura. Tutto ciò è particolarmente allarmante».

Ma la destra è convinta: quello era il pensiero di Giovanni Falcone. E quello andava riportato. Il Presidente del Senato lo ha fatto e ha fatto bene. Per tutti parla Sandro Bondi, che ci offre le sue granitiche certezze: «La sinistra è ancora contro Giovanni Falcone, dodici anni dopo la sua tragica morte. Solo così si spiega la scriteriata reazione di Rutelli e compagni al discorso del presidente del Senato Pera, ispirato dalle parole e dal pensiero di Falcone». Stop! E così anche il sacrificio del magistrato ucciso a Capaci e le sue idee vengono arruolate nella guerra santa del centrodestra contro i giudici italiani. Nel mentre, a Palermo, risuonano le scomode parole del procuratore Piero Grasso. Che parla di «cultura della legalità», e soprattutto delle indagini di Palermo, Trapani ed Agrigento, che dimostrano come «le istituzioni sono ancora esposte al pericolo delle infiltrazioni mafiose. La politica ha spesso mostrato incertezze, quando non ha mostrato il volto dell’omertà e delle frequentazioni indecenti». Quelle frequentazioni che riguardavano uomini ed esponenti politici del centrodestra, che a Trapani - ad esempio - avevano contrattato pacchetti di voti con i boss. E le inchieste fatte a Palermo su Totò Cuffaro e i vertici della Regione Sicilia, per quegli strani legami con pezzi da novanta e settori della imprenditoria mafiosa. Insomma, mafia e politica, ancora una volta. Proprio come ai tempi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Due magistrati che credevano fino in fondo al proprio lavoro e che hanno pagato con la vita le loro inchieste e la loro tensione alla legalità.


 Le girandole    - 23-05-2004
SOSTENIAMO LA MOBILITAZIONE DEI MAGISTRATI:

Martedì 25 maggio dalle 10 alle 13, andiamo numerosi al Palazzo di Giustizia di Milano.


Un obiettivo preciso: SABOTARE LA GIUSTIZIA

A chi giova una Giustizia asservita al potere politico?

Occorre chiederselo, alla vigilia di una riforma come quella dell'ordinamento giudiziario.
L'Associazione Nazionale Magistrati sta cercando di far sapere a tutti il danno che questa legge recherà alla Giustizia, e dunque ai diritti di tutti i cittadini.
In parole molto semplici, il risultato di questa legge sarà quello di burocratizzare la Magistratura e di asservirla al Governo, senza peraltro rendere più rapido ed efficiente il servizio Giustizia.
Si vuole in sostanza limitare l'esercizio del controllo di legalità, funzione essenziale in un sistema democratico.
E questo disegno si colloca in un quadro di riforma della Costituzione, che accentra i poteri e limita l'indipendenza degli Istituti di garanzia, compresa la Presidenza della Repubblica.
Non ci piace.
Proprio non ci piace un Governo che restringe le garanzie e prepara le condizioni per l'impunità dei potenti, come non ci sono piaciute in questi tre anni le leggi su misura e la criminalizzazione dei magistrati, utili solo a sabotare i processi di qualche imputato eccellente.
Per questo chiediamo anche a Te di informarti, di sostenere la mobilitazione della Magistratura, di contribuire a contrastare una riforma punitiva verso i magistrati e dannosa per i cittadini.

 devan    - 24-05-2004
L'articolo mi fa venire qualche domanda:
1. Come si chiama l'avvocato italiano a Parigi che ha promosso l'iniziativa?
2. L'articolo dice cosa avrebbe dovuto esserci scritto sulla targa; ma cosa c'è scritto sulla targa? (l'articolo non lo dice)
3. La targa è firmata dal governo, dal presidente della repubblica o da chi?
4. Possibile che non si sappia quando è stata messa la targa, ma si sappia che "il governo ha fatto mettere [la targa] dai suoi rappresentanti a Parigi"?
5. Possibile che il governo abbia suoi rapresentanti a Parigi (tipo: il nostro uomo all'Avana)?

Va benissimo indignarsi, ma siamo sicuri che non sia una bufala? (il modo in cui è scritto l'articolo lo lascia pensare)
Salute