Sulla parità scolastica
Osvaldo Roman - 21-05-2004
Valutazione della Relazione Moratti
riguardante la Legge 62/2000


La Relazione presentata dal Ministro Letizia Brichetto sullo stato di attuazione, dopo un triennio dall’entrata in vigore, della legge 10 marzo 2000 n° 62 che detta norme per la parità scolastica e le disposizioni sul diritto allo studio, rappresenta più che la doverosa verifica dei risultati realizzati nel suddetto periodo, il tentativo di convalidare scelte recenti di carattere legislativo e amministrativo che violano e stravolgono la legge di parità medesima nei punti fondamentali intorno ai quali essa aveva realizzato, dopo uno stallo durato oltre mezzo secolo, un avanzato equilibrio fra le diverse posizioni politiche e culturali presenti nel paese. Si tratta di modifiche che come vedremo vanno oltre la legge di parità proprio su quei punti che ne compromettono il carattere costituzionale.
Certo non tutti furono d’accordo quel 2 marzo del 2000 quando la Camera espresse il suo voto finale sul provvedimento:
- i democratici di sinistra si dichiaravano nettamente favorevoli al testo, in quanto affrontava una questione rimasta irrisolta per ben cinquanta anni;
- i repubblicani ribadivano la loro posizione, basata su una condivisione dell’assegnazione di finanziamenti pubblici alle scuole private, ma soltanto dopo aver provveduto a un generale risanamento della scuola statale;
- Rifondazione comunista ribadiva la sua contrarietà.
Tra i voti contrari, quelli delle forze allora di opposizione: Alleanza Nazionale faceva notare che la legge non garantiva una libertà di scelta effettiva degli istituti educativi da parte delle famiglie e, per tale ragione, chiedeva l’approvazione della proposta di legge di modifica costituzionale, mentre il CDU sottolineava la necessità che il sistema scolastico fosse basato sulla competizione tra le scuole, per eludere il monopolio statale dell’istruzione. La Lega-Nord motivava il suo “no” definitivo con la convinzione che non si trattasse di una legge sulla parità scolastica, bensì sul diritto allo studio, criticando in particolare la modalità di erogazione delle borse di studio. Forza Italia dichiarava il suo voto contrario, asserendo che nella nuova normativa non era garantita una reale libertà degli individui di scegliere l’istituto educativo più adatto alla loro educazione.
Il dibattito si concluderà con le affermazioni del Presidente della Settima Commissione, Castagnetti, che esprimeva soddisfazione per l’approvazione di una legge che, dopo ben cinquanta anni, realizzava compiutamente l’attuazione degli articoli 33 e 34 della Costituzione, riducendo il ritardo, nello sviluppo del settore dell’istruzione, rispetto agli altri Paesi europei. Egli ricordava che la normativa contribuiva, in particolare, ad avvicinare la scuola privata e la scuola statale, in seguito alla loro entrata all’interno di un unico sistema nazionale di istruzione, accelerando il processo di rinnovamento della scuola italiana.

Sta inequivocabilmente scritto nel dibattito parlamentare della scorsa legislatura e in tutti gli atti della trascorsa storia parlamentare che la nostra Costituzione, art. 33 comma 3. non consente il finanziamento diretto delle scuole private ancorchè paritarie.
La stessa Relazione (pag. 9) non può ignorare questo incontestabile dato di fatto quando enumera, con qualche grossolana svista, le tipologie di intervento finanziario preesistenti nel settore delle scuole non statali prima dell’approvazione della legge 62/2000.
Esse, per la scuola dell’infanzia, non risalgono, come si afferma nella Relazione, al Testo unico approvato con il R.D. 5/2/28 n° 577, ma alla legge 1073/62 e alla legge 444/68 (poi confluite nel Testo Unico del 1994) che prevedono contributi per le scuole non statali dell’infanzia (allora materne) in misura dipendente dall’accoglimento gratuito di alunni di disagiate condizioni economiche o dalla somministrazione a loro della refezione gratuita.
Ulteriori interventi finanziari alla scuola dell’infanzia, non indicati nella relazione come preesistenti alla legge 62/2000 e riguardanti l’erogazione di sussidi per il sistema prescolastico integrato, (nella relazione sono riportati nella tabella a pag. 38 al capitolo 4151 dell’esercizio finanziario 2001) erano in realtà già stati approvati nella legge di bilancio per l’esercizio finanziario 2000 cioè prima dell’approvazione della legge di parità.
Per la scuola primaria gli unici finanziamenti preesistenti la legge di parità riguardavano le scuole parificate che stipulavano particolari convenzioni con le quali fra l’altro assumevano con l’Amministrazione scolastica, impegni in materia di accoglienza gratuita degli alunni, di organizzazione delle attività didattiche, di formazione delle classi ecc.
Per la scuola secondaria di primo e di secondo grado non erano mai stati previsti contributi di alcun tipo e solo per via amministrativa, prima nel 1998 e nel 1999 in relazione alla sperimentazione dell’autonomia scolastica, e poi con la legge di bilancio del 2000 furono istituiti i capitoli 3691 e 3692 per sostenere particolari progetti di innovazione.
In sostanza, se si tiene presente quanto dianzi descritto, la legge di parità, come conferma la stessa relazione a pag. 36, non ha previsto alcun finanziamento per le scuole paritarie.

Ciò perché il contributo di 280 miliardi di lire per la realizzazione del sistema prescolastico integrato e i 60 miliardi di lire per le scuole elementari parificate ( comma 13 , art. 1 della legge 62/2000) finanziano misure preesistenti alla legge di parità con caratteristiche di interventi per il diritto allo studio, interventi che vengono erogati ancora oggi a scuole cui non è richiesto il requisito della parità.

Di nuovo la legge di parità ha introdotto per tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie, al comma 9, l’erogazione di borse di studio di pari importo, per un ammontare di 300 miliardi di lire a decorrere dal 2001, a sostegno della spesa per l’istruzione, sostenuta e documentata.
Al comma 14 ha autorizzato a decorrere dal 2000 la spesa di 7 miliardi di lire per assicurare interventi di sostegno previsti dalla legge 104/92 per le istituzioni che accolgono alunni con handicap.
La Relazione del tutto impropriamente inserisce al capitolo 5, che descrive i finanziamenti conseguenti all’entrata in vigore della legge 62/2000, quelle misure che la maggioranza di centro destra ha realizzato in sede di leggi finanziarie o per via puramente amministrativa.
Tali finanziamenti si dovrebbero eventualmente inscrivere in un diverso capitolo che riguardi le modifiche implicite o esplicite alla legge 62/2000 sulle quali, come per gran parte della produzione legislativa di questa maggioranza, molto probabilmente sarà chiamata pronunciarsi la Corte Costituzionale.

Ma la relazione Moratti non si limita a trattare le violazioni della legge 62 perpetrate dal governo di centro destra in materia di finanziamenti , come il naturale portato della medesima. Infatti a pag. 51 si parla paradossalmente di coerente attuazione della legge 62 e a pag. 51 addirittura si evocano principi costituzionali riaffermati dalla 62 e secondo la Moratti realizzati solo parzialmente. La Relazione in più occasioni cita al riguardo l’articolo 30 della Costituzione e la presunta libertà di scelta, economicamente garantita, che lo stesso assicurerebbe alle famiglie in materia. La stessa relazione tenta di realizzare un totale stravolgimento di uno dei principi portanti più innovativi della legge di parità. Si tratta della definizione di “sistema nazionale di istruzione” che la legge attribuisce all’insieme delle scuole statali e paritarie e cioè a quelle istituzioni che, equiparate nell’ordinamento degli studi, ma distinte nella gestione, statale o privata, rilasciano titoli di studio aventi la stessa validità (equipollenti).
La relazione a più riprese, a pag. 6,27,29.30 e in maniera organica a pag. 48, introduce in sostituzione del “sistema nazionale di istruzione” definito dalla legge il concetto di “nuovo sistema pubblico dell’istruzione” composto di scuole statali e paritarie.
Vengono in tal modo riproposte quelle pretese respinte nelle votazioni che portarono all’approvazione della legge nella scorsa legislatura.

Le scuole paritarie non sono scuole pubbliche!
Sono scuole private con determinati requisiti e che svolgono un servizio pubblico.
Non è un questione lessicale è una questione di sostanza che non si può aggirare con un giro di parole.
La legge di parità riconosce, al comma 3, il carattere pubblico del servizio svolto dalle scuole paritarie contestualmente agli obblighi che tale status loro impone. Particolarmente rilevanti tra questi obblighi la loro apertura a tutti e il divieto di prevedere l’ obbligo di attività extracurriculari che presuppongono o esigono l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa.


E’ particolarmente significativo che di questo importante obbligo delle scuole paritarie nella Relazione Moratti non appaia la benchè minima traccia.
La verifica della sua realizzazione è puramente cancellata. Cosa significa tale silenzio? Che tutto procede nel migliore dei modi e che in Italia in tutte le scuole paritarie non si verificano casi di imposizione di insegnamenti curriculari che esigono l’adesione ad una determinata ideologia religiosa?
Il Ministro si è posto il problema? E’ stata individuta una tipologia di tali attività extracurriculari?
Se si perché non ne fa menzione nella relazione?

Fra le omissioni più rilevanti presenti nella Relazione figura la mancanza di qualsivoglia valutazione circa l’assolvimento da parte delle scuole non statali dell’infanzia ed elementari parificate degli obblighi che le leggi preesistenti alla parità hanno stabilito come condizione per l’erogazione dei contributi e dei contributi.
In sostanza perché il ministro non afferma nella sua relazione che tutte le scuole dell’infanzia e tutte le scuole elementari parificate che ricevono contributi sono in regola con gli obblighi di legge nell’assicurare la gratuità, o la refezione gratuita, agli alunni bisognosi che le frequentano? E soprattutto tali contributi tra scuole diverse sono commisurati al numero di tali erogazioni gratuite?
Si tratta di questioni di grande rilievo che già nel Testo Unico del 1994 erano poste per essere risolte. La legge di parità doveva rappresentare l’occasione per compiere tale importante verifica. A quanto risulta ciò non è avvenuto.
Anzi si può essere ormai certi che la mancata applicazione del trasferimento alle Regioni di tale competenza , come stabilito dalla lettera c) del terzo comma dell’articolo 128 del Decreto legislativo 112 /97, trovi proprio nella finora mancata realizzazione di tali controlli il suo maggiore motivo di esistenza.
Probabilmente per lo stesso motivo la Relazione riferisce erroneamente circa la collocazione in un unico capitolo di bilancio, il 1752, di tutti gli stanziamenti destinati alle scuole non statali. Non è così perché una parte dei medesimi, e non si capisce il motivo di tale doppia attribuzione, è assegnata ai singoli Uffici Scolastici Regionali.

La relazione del Ministro presenta come un naturale ovvio sviluppo della legge 62 due Provvedimenti del centro destra che invece vanno contro di essa.

Si tratta in primo luogodell’articolo 2, comma 7 della legge 289/2002 del 27/12/2002 (Finanziaria 2003) che ha avuto una discutibile applicazione con il D.I. 8177/28/8/2003.
Tale norma di legge introduce un contributo alle famiglie versato direttamente alle scuole paritarie per un ammontare di trenta milioni di Euro. L’articolo 2 parla di tutti gli studenti delle scuole paritarie ma il Decreto interministeriale citato interpreta tale disposizione prevedendo che ne possano beneficiare oltre alle scuole primarie non parificate anche le scuole secondarie di primo grado paritarie e le prime classi delle scuole secondarie di secondo grado paritarie.
La relazione non si esime dal sottolineare che tali scuole non erano previste come destinatarie di finanziamenti nella legge 62/2000. Si trattava evidentemente di una semplice dimenticanza!
La Finanziaria 2004 ha di recente portato tale finanziamento annuale a 50 milioni di euro.
Si ritiene evidentemente, da parte della destra, che la strada ormai sia stata aperta e che si potranno percorrere a piacimento le prossime tappe contestualmente alla destrutturazione della scuola statale. Evidentemente l’unico riferimento ad un artico della Costituzione presente nella legge di Parità quello che al comma 1 richiama il comma secondo dell’articolo 33 che nega ogni principio di sussidiarietà tra pubblico e privato, non interessa al Ministro Moratti.


Il secondo provvedimento riguarda finanziamenti alla scuole paritarie tratti per la prima volta dalla legge 440/97.
Se nella Direttiva 2001 si era verificata una utilizzazione della legge 440 per i finanziamenti alla formazione e all’aggiornamento del personale preposto alla direzione delle scuole paritarie, nella Direttiva 2002 e in quella 2003 a tale voce si affiancano, illegittimamente perché non previsti dalla legge di parità, i finanziamenti diretti alle scuole per progetti destinati al miglioramento dell’offerta formativa rispettivamente per 5.164.569 e per 4.157.510 euro

Molto interesse ha suscitato l’anticipazione di quella parte della relazione che a proposito degli esami terminali di scuola secondaria superiore, denuncia il fenomeno della lievitazione del numero degli iscritti all’ultimo anno.
Oggi dopo l’esplosione dello scandalo e dopo la retata dei commercianti di titoli si comprendono le ragioni di quella sorprendente loquacità della Moratti.
Le tabelle annesse alla relazione chiariscono che il fenomeno non riguarda gli istituti religiosi ma solo quelli laici e che fra le sue cause si deve annoverare il fenomeno degli “ottisti”.
Ci sembrano analisi molto superficiali e non all’altezza della gravità del fenomeno che quest’anno è ancora notevolmente cresciuto. I candidati esterni che erano l’1,7% (900) nel 2000/2001 diventano nel 2002/2003 quasi 9000(15,83%) e secondo le previsioni saranno quest’anno circa il 18% sul totale dei candidati. (Fonte Cgilscuola )


Il Ministro non analizza adeguatamente le cause strutturali che sono da ricondursi al mancato esercizio dei controlli da parte degli Uffici delle amministrazioni locali e soprattutto agli effetti perversi della sua riforma che in sede di legge finanziaria ha consentito alla scuole paritarie di accogliere candidati privatisti esterni e ha eliminato i componenti esterni delle commissioni riducendo i Presidenti ad un’inutile propaggine burocratico amministrativa.
Si evidenzia il fenomeno della lievitazione del numero dei frequentanti il 5 anno. Nulla si dice però sul numero dei privatisti che si sono presentati agli esami nelle paritarie!
La legge di Parità non prevedeva, infatti, che le scuole paritarie fossero sedi per esami ai privatisti.
Ciò è stato attribuito succesivamente in via amministrativa con la C.M.28 febbraio 2002, n.23 conseguente all’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2001 n. 448(legge finanziaria 2002) all’articolo 22, comma 7. Con la legge n° 425 del Ministro Berlinguer la metà della commissione e il presidente erano esterni ed era previsto l’ abbinamento di una classe statale e di una classe privata. I privatisti esterni dovevano svolgere l’esame preliminare presso la scuola statale. Si trattava, come dimostrano i risultati, sicuramente di un sistema molto più serio e rigoroso di quello oggi vigente.

Nella parte finale la Relazione prevede che la soppressione delle vecchie regolamentazioni del settore riguardanti le parificate, le pareggiate e le legalmente riconosciute venga realizza mediante un Regolamento di delegificazione. La scelta tecnica può sembrare corretta ma non altrettanto uno dei principali obiettivi che vi si vogliono perseguire.
Infatti una volta soppresse le scuole elementari parificate non si può riproporre, l’istituto della convenzione vigente con la preesistente parificazione, per estenderlo a tutte le scuole primarie paritarie. Sarebbe questo si un modo per introdurre surrettiziamente una forma diffusa di finanziamento diretto di tali scuole. Soprattutto se nulla si dice sull’esito dei controlli che avrebbero dovuto accertare il rispetto delle precedenti convenzioni.



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